Nella nuova escalation di violenza di questi giorni in Terra Santa ci sono costanti e novità. Tra le novità, non certo positive, la mutata potenza di fuoco di Hamas, che da Gaza è ora in grado di colpire con missili a media e lunga gittata non solo Gerusalemme e Tel Aviv, ma anche i sobborghi di Haifa, ben più a nord.
Ieri pomeriggio, poco dopo le 17.00, Gerusalemme ha vissuto attimi di paura. Almeno quattro razzi M-75 hanno raggiunto la parte ovest della città. Al suono dell’allarme aereo, chi ha potuto è sceso nei rifugi o ha cercato riparo. Momenti di tensione, fino a quando il sistema anti-missile Iron Dome (Cupola di ferro), ha intercettato e distrutto gli ordigni volanti. Se avessero raggiunto il suolo, gli M-75 sarebbero probabilmente arrivati nella zona della Knesset, il parlamento israeliano.
In questa nuova escalation di violenza in Terra Santa ci sono costanti e novità. Come è tragica consuetudine, a pagare in massima parte il prezzo dell’odio è la popolazione civile, che patisce i raid aerei di Israele sulla Striscia. Tra le novità, non certo positive, la mutata potenza di fuoco di Hamas, che da Gaza è ora in grado di colpire con missili a media e lunga gittata non solo Gerusalemme e Tel Aviv, ma anche i sobborghi di Haifa, ben più a nord. E anche di attentare a obiettivi assai più «sensibili», come la centrale nucleare di Dimona. Tra l’arsenale di Hamas, secondo gli esperti militari, ci sarebbero anche i micidiali M 302 Khaibar di produzione cinese (ma assemblati in Siria), forniti ai terroristi, per loro stessa ammissione, dall’Iran. Le conseguenze di un attacco riuscito alla centrale di Dimona sono facilmente intuibili.
Secondo il sito di analisi strategiche Debkafile, la dotazione di Hamas ha visto un’evoluzione non da poco nel giro dell’ultimo anno e mezzo. Gli M-302 Khaibar, utilizzati anche da Hezbollah durante l’offensiva dell’estate 2006, sono in grado di trasportare 175 chili di esplosivo e possono coprire anche 150 chilometri di gittata. Il grosso sarebbe arrivato a Gaza probabilmente via Sudan prima ed Egitto poi nel marzo scorso, tramite la nave cargo Klos-C. Il carico di M-302 finito ad Hamas (attraverso i tunnel che collegano Egitto e Striscia di Gaza) ha subito poi una rapida metamorfosi nelle officine allestite con il concorso degli ingegneri di Hezbollah, che avrebbero apportato ai missili (secondo fonti dell’intelligence israeliana) una modifica sostanziale ai sistemi propulsivi. Il nuovo razzo, ribattezzato R-160 in onore di Abdel Aziz Rantisi, leader di Hamas ucciso nel 2004 da un raid aereo israeliano, sarebbe in grado di superare appunto la barriera dei 150 chilometri.
L’arsenale su cui conta oggi Hamas è impressionante: circa 10 mila tra razzi e missili, oltre a batterie di mortai molto temute perché, a differenza di razzi e missili, i loro proiettili non possono essere intercettati in volo.
L’evoluzione tecnologica dei missili e dei razzi di Hamas ha colto di sorpresa, per loro diretta ammissione, anche i vertici militari israeliani, che fino a marzo ritenevano essere piuttosto basso l’indice di pericolosità dei nuovi armamenti. Da un paio di mesi risultava però chiaro che lo scenario stava mutando e che Hamas avrebbe prima o poi pensato di utilizzare questa nuova potenza di fuoco (magari di concerto con gli Hezbollah libanesi, come puntualmente si sta verificando in queste ore, con la caduta di alcuni razzi su Haifa anche dal confine nord).
La visita del Papa a fine maggio, l’incontro di preghiera in Vaticano, con gli occhi del mondo puntati sulla Città Santa, avevano forse indotto i vertici politici e militari d’Israele a non calcare la mano. Fino all’evento scatenante dei tre ragazzi ebrei rapiti e uccisi barbaramente vicino ad Hebron, la scintilla propizia per poter nuovamente intraprendere l’ennesima lotta senza quartiere contro i signori della guerra (e del terrore) che da Gaza sfidano Israele.