Verso ’Eretz Jisra’el, la Terra di Israele, non si emigra ma si «sale»; si fa ‘alijah, termine che deriva dalla radice verbale ‘alah, «salire», la stessa con cui si designano nella Bibbia gli «olocausti», cioè i sacrifici di comunione interamente offerti a Dio il cui fumo sale verso il cielo. Per questo coloro che compiono la ‘alijah verso la Terra dei padri vengono chiamati tradizionalmente ‘olim, coloro che «salgono» verso ’Eretz Jisra’el di cui Gerusalemme, situata sul Monte Tzion, costituisce simbolicamente il centro. Tornare in questo luogo per risiedervi costituisce per l’ebreo religioso la possibilità di vivere pienamente i precetti della Torah, l’insegnamento divino rivelato al Sinai, molti dei quali sono legati all’essere residenti in questo luogo, come ad esempio il riposo della Terra durante l’anno sabbatico; ma anche per l’ebreo laico non praticante decidere di fare ‘alijah costituisce comunque tornare al cuore della tradizione nell’orizzonte degli ideali sionisti riformulati anche politicamente a partire dalla Haskalah, l’emancipazione ebraica iniziata in Europa attorno al 1750.
Ad un recente convegno degli ebrei in Italia si è cercato di analizzare il fenomeno che, dal 2011, ha assunto caratteristiche diverse rispetto ai decenni precedenti (i dati sono stati pubblicati sul Bollettino della Comunità di Milano, Luglio-Agosto 2014). Innanzitutto il numero degli ‘olim è in costante crescita: 475 dal gennaio 2011 al marzo 2014, ai quali si vanno ad aggiungere circa altri 500 arrivati in Israele con permessi di studio o turistici che non hanno ancora formalizzato la ‘alijah in quanto stanno ancora maturando l’intenzione di compierla, inoltre è in atto una modalità di trasferimento che coinvolge sempre più interi gruppi famigliari che si uniscono per partire assieme ad altre famiglie.
Le motivazioni che spingono a tale scelta sono molteplici: dall’ideale sionista – religiosamente o laicamente inteso – alla ricerca di una realizzazione professionale, dal desiderio di studiare in Università di eccellenza al voler garantire un futuro più roseo ai propri figli lontano dai rigurgiti antisemiti dell’Occidente. Anche le località prescelte per la residenza sono variate: non più prevalentemente Gerusalemme e Tel Aviv e in qualche caso Haifa, ma anche Rahanana, Natanya, Modiin, Ashdod, Ashquelon, Be’er Sheva, quindi tutto il territorio nazionale da nord a sud. In relazione a questo l’Irgun Olei Italia, l’Associazione che cura l’immigrazione ebraica dall’Italia, ha allargato la sua rete di rapporti con le istituzioni ebraiche italiane per favorire l’integrazione degli ‘olim con informazioni ed interventi di ogni tipo, compreso la ricerca del lavoro e l’inserimento in Ulpan per imparare l’ebraico moderno e in Scuole per i ragazzi e i giovani. Le principali Comunità italiane di provenienza sono Roma (77 per cento) e Milano (14 per cento), il rimanente (9) da altre città. La maggior parte arriva con l’intera famiglia e, sempre più frequentemente, si prepara alla partenza iniziando a studiare la lingua già in Italia e aderendo al programma Shatiach Adom, cioè concentrando la partenza in uno stesso giorno e beneficiando della possibilità di sbrigare tutte le pratiche burocratiche (residenza, iscrizione alla Cassa Mutua, apertura del conto bancario, abbonamento al cellulare e non solo) nello stesso luogo e in poche ore. Queste le agevolazioni collegate alla Legge del Ritorno per garantire sempre meglio la possibilità di vivere da ebrei nella propria Terra.