Attilio Brilli, considerato un’autorità nel campo degli studi della letteratura da viaggio, consegna ai lettori un libro dedicato ai pellegrinaggi verso Gerusalemme, La Mecca e Roma in epoca medievale o di poco successiva. Il libro è una piacevole lettura in ogni sua parte. Tre saggi, uno per ogni città, dischiudono al lettore l’animo, le consuetudini e i crucci dei pellegrini antichi, sospinti da sensibilità non sempre estranee a quella dei nostri contemporanei.
In epoca di turismo di massa, non pochi mettono piede per la prima volta a Gerusalemme sbarcando, per un giorno, da una nave in crociera lungo le coste del Mediterraneo; nel Trecento le masse non viaggiavano e i prezzi non erano tutto sommato modici, ma gli armatori della Serenissima Repubblica di Venezia già assicuravano ai pellegrini un servizio di linea per la Terra Santa.
Ai nostri giorni le improvvise impennate dei conflitti mediorientali dirottano altrove i gruppi di pellegrini; durante il periodo bizantino e i secoli che precedettero le crociate ad avventurarsi verso la Terra Santa era tutto sommato una schiera di eletti – per lo più ecclesiastici, notabili, matrone romane, badesse – in grado di assentarsi per lunghi periodi dalle ordinarie occupazioni e di far fronte agli ingenti costi del viaggio. Ma le minacce all’incolumità dei pellegrini non erano affatto minori: «le locande erano considerate luoghi di violenza e di perdizione» e i pellegrini che non erano in grado di pagare le spese del trasporto talvolta subivano la minaccia d’essere tenuti in schiavitù dagli armatori.
Notizie e racconti che rinveniamo nelle pagine di Gerusalemme, La Mecca, Roma. Storie di pellegrini e pellegrinaggi, un libro di Attilio Brilli, considerato un’autorità nel campo degli studi della letteratura da viaggio. Il testo, dotto e godibilissimo, ci introduce all’humus del Medio Evo cristiano che considerava Gerusalemme – geograficamente e teologicamente – come l’ombelico del mondo e la roccia del Calvario come il cardine sul quale si innesta l’intero dramma della stirpe umana.
«Nel mondo antico – annota Brilli – il pellegrinaggio acquisiva la fisionomia del viaggio verso località, templi, santuari nei quali si credeva di avvertire la manifestazione di una forza primigenia, di un’energia sacra, oracolare, terapeutica. Ciascun santuario delle religioni politeiste conserva infatti in sé una dimensione cosmica. Il pellegrinaggio cristiano in Terrasanta è viceversa matrice unica di tutti i pellegrinaggi, il viandante si dirige versi i posti dove avvennero gli episodi cruciali dell’Antico e del Nuovo Testamento e, in particolare, verso quelli che accolsero e testimoniarono il passaggio terreno di Gesù Cristo: verso le memorie viventi, le impronte miracolose, i connotati del disegno provvidenziale volto alla redenzione dell’umanità. Da questo insieme di narrazioni si sviluppa una geografia focalizzata sulla centralità dei luoghi santi, come è proprio di una religione che, per sua natura, è aliena dalla disseminazione pagana dei santuari» (p. 7).
Per nulla prolisso, il libro risulta di piacevole lettura in ogni sua parte. Tre saggi, che si richiamano l’un l’altro, dischiudono al lettore l’animo, le consuetudini e i crucci dei pellegrini antichi, sospinti da sensibilità non del tutto estranee a quella dei nostri contemporanei.
Attilio Brilli
Gerusalemme, La Mecca, Roma
Storie di pellegrinaggi e di pellegrini
il Mulino, Bologna 2014
pp. 280 – 16,00 euro