In Egitto ci si prepara alle elezioni parlamentari. Mentre scriviamo non siamo però in grado di sapere se si terranno nella data prevista (il 21 marzo). Le votazioni rischiano infatti di slittare, dopo che la Corte costituzionale ha bocciato la legge elettorale e in particolare il regolamento sui confini delle circoscrizioni elettorali. Sia come sia, una cinquantina di copti, tra cui Suzanne Samir e Nader al-Sirafî, hanno ufficializzato la loro richiesta di entrare nel partito salafita al Nour (La luce). La notizia non è passata sotto silenzio soprattutto perché, durante il governo precedente (quello presieduto dal presidente destituito Mohamed Morsi), i salafiti hanno avuto modo di esprimere le loro «divergenze», non solo verso i copti, bensì riguardo ad alcune questioni sia istituzionali che religiose. Le prime «divergenze» (per usare un eufemismo) si sono manifestate nel vilipendio alla bandiera e all’inno nazionale, all’inizio dell’Assemblea costituente chiamata a elaborare la Costituzione del 2012.
Spinto dalla brama smisurata d’imporre uno stampo islamico alle istituzioni, un deputato salafita ha pensato bene di fare il muezzin, invitando alla preghiera gli onorevoli presenti durante una sessione del Parlamento. Si è meritato una severa censura da parte del Presidente del Parlamento (che però dal deputato in questione è ritenuta un punto d’onore). Lo stesso partito al Nour si è sempre dichiarato favorevole alla possibilità per i poliziotti di portare la barba (alla moda appunto dei salafiti), anche se è una violazione diretta delle norme in vigore nelle forze di sicurezza egiziane.
Balza all’occhio la loro ostilità verso i copti. Ad esempio, alcuni deputati salafiti non hanno aderito all’iniziativa del presidente dell’ultimo Parlamento, Sa’d al-Katatnî, di osservare un minuto di silenzio come segno di lutto in seguito alla morte di papa Shenouda III.
Durante il governo dei Fratelli Musulmani sono apparse alcune fatwa a dir poco «irricevibili», come quella che invitava a non formulare gli auguri ai copti in occasione delle loro feste. Inoltre, i salafiti hanno espresso il loro desiderio di annullare alcune celebrazioni ritenute «di sapore faraonico», come quella di Shamm el-Nessîm (Pasquetta).
Ultimo tra i tanti episodi, in un talk-show, uno degli ospiti, Mahmoud Badr, dinamico spirito rivoluzionario dell’era post-Mubarak, ha rivolto una domanda ad un salafita circa l’attribuzione o meno del titolo di «martire» ai 21 cristiani copti decapitati recentemente in Libia. A questa domanda, il salafita ha evitato di rispondere, appellandosi al parere dei teologi di al-Azhar, mentre tutto il Paese condanna lo Stato islamico per il crimine commesso e si dice solidale con i parenti delle vittime.
È questo il clima nel quale la suddetta cinquantina di copti ha espresso il desiderio di partecipare alle elezioni parlamentari candidandosi nelle liste del partito salafita.
Molti di questi copti, avendo problemi con la loro Chiesa (specie per questioni matrimoniali, come il gruppo dei cosiddetti «Copti del 1938»), vorrebbero entrare in parlamento pensando poi di fare pressione sulla Chiesa copta affinché accetti il divorzio dal primo matrimonio e tolleri il secondo matrimonio «riparatore» (come avveniva appunto fino al 1938). Il partito salafita, da parte sua, per ottemperare alle disposizioni previste dalla Costituzione in vigore (quella approvata dopo la caduta di Morsi) deve inserire nelle sue liste, per ragioni di pari opportunità, sia copti sia donne.
Non c’è da stupirsi di questa strana alleanza tra salafiti ed alcuni copti. Anche tra le fila di al Nour, Macchiavelli ha un suo posto… In assoluta armonia con un detto islamico famoso: «La necessità giustifica il ricorso alle cose proibite».