Scrivo dopo aver appreso l’amara notizia della morte di una mia concittadina e quasi-coetanea Nadia Hilou (5 luglio 1953 – 27 febbraio 2015). Una notizia che mi ha colpito profondamente. Ho subito ripescato i messaggi che ci siamo scambiati, ma non prima di raccogliermi per qualche istante in preghiera per la sua anima, e perché continui a intercedere per tutte quante le speranze che abbiamo condiviso.
Entrata in politica scossa dall’assassinio del primo ministro Yitzhak Rabin, per aiutare a salvare il suo progetto di pace, Nadia è poi stata la prima, e finora l’unica, donna cattolica eletta (nel 2006) al parlamento israeliano, la Knesset. Araba palestinese, residente a Giaffa, cristiana cattolica credente e praticante, cittadina di Israele, assistente sociale per professione, era una donna bella, dentro e fuori. Si impegnava con pacata passione per l’eguaglianza delle donne, per eguali diritti per i cittadini arabi palestinesi di Israele, per la libertà della Chiesa, per una società giusta e solidale. Ci univa la speranza per una Chiesa cattolica in Israele, che sia non solo libera da coazioni esterne, ma anche, e più ancora, che si senta libera di prendere parte pienamente alla vita pubblica; una Chiesa che faccia sentire la sua voce, non solo a tutela dei propri interessi istituzionali, ma, a nome di Gesù di Nazaret, su ogni questione, nella sua dimensione morale e spirituale. Pensavamo alla Chiesa come avanguardia nella promozione della donna, anche in ambienti che faticano ancora ad accogliere tale messaggio; che ispiri i cittadini di fede cristiana a farsi presenti e rendere testimonianza al Vangelo anche in seno alle istituzioni.
Nadia era parlamentare attiva e da tutti apprezzata, scelta dai colleghi, tra l’altro, a presiedere la commissione per i diritti dei bambini. Militante pacifica e sempre raggiante. La visitai nella sede del parlamento l’8 luglio 2008. I miei appunti indicano che le parlai di certe difficoltà sorte nel rapporto della Chiesa con lo Stato, chiedendo il suo intervento per risolverli. Il 28 dello stesso mese mi riferiva di tutti i proficui incontri che in seguito aveva avuto, con ministri e dirigenti dei dicasteri. La ringraziai anche per incarico del Custode di Terra Santa. Era per noi un’esperienza del tutto nuova e rassicurante, il poter contare su di un membro cattolico, praticante ed impegnato, nel parlamento israeliano. Da parlamentare Nadia aveva accesso anche alla radio e alla televisione per spiegare al pubblico l’importanza che, nell’interesse generale, il governo dovrebbe dare al rapporto con la Chiesa.
Nel 2009 non era più in parlamento, ma anche allora mi scriveva dei progetti che aveva per realizzare le idee che ci accomunavano (ma di cui dal 2011, ricevuto un incarico diverso, io non mi potevo più occupare). Nadia rappresentava la normalità alla quale tanto aspiravamo, di uno Stato che tenesse fede alla visione della sua Dichiarazione di Indipendenza, che prevedeva una società di eguali nella loro diversità, etnica, di genere, religiosa e culturale; una società nella quale la Chiesa stessa – la comunità dei credenti in Gesù Cristo: arabi, ebrei e provenienti da altre nazioni, guidata dai suoi pastori – si potesse sentire pienamente a casa. Nadia è partita per la Casa del Padre, proprio mentre la cittadinanza si accinge a votare il 17 marzo. Mentre scrivo non è possibile prevedere il risultato di questa tornata elettorale, ma solo sperare perché il nuovo parlamento sia conforme a quello in cui Nadia Hilou si sarebbe sentita accolta e ben voluta; e ancor più, che il futuro dimostri che Nadia Hilou non è stata un cometa ma una pioniera (come nel titolo della sua biografia). Riposa in pace, Nadia, e prega per la tua terra.