Come ogni anno, subito dopo Pasqua, con tutti i frati della Giudea ci siamo recati ad Emmaus per rivivere sul luogo dell’evento l’incontro dei pellegrini sconsolati con il Risorto. Il conosciutissimo brano lucano dei discepoli di Emmaus (Lc 24,13-35) suscita sempre tante emozioni e anche se ben noto non stanca mai di essere ascoltato e mi sorprende ogni volta scoprirvi tra i versetti cose nuove e affascinanti. Questa volta ho provato a leggerlo con gli occhi di un futuro sacerdote che cerca nelle parole del Signore le indicazioni per il ministero che gli sarà affidato. Se guardiamo il brano da un punto di vista esterno, evitando quello che sarebbe naturale, cioè l’immedesimarsi in uno dei personaggi, in uno dei discepoli in cammino, e proviamo a dare uno sguardo d’insieme, come dall’alto, a tutto lo svolgimento della storia, ecco allora che possiamo intuire nella trama del racconto la struttura di una santa Messa. Un’interpretazione insolita, lo ammetto; ma mi piace anche pensare alla possibilità che l’evangelista abbia voluto nascondere tra le righe della sua narrazione quello che i fedeli già celebravano nelle prime comunità.
Noi tutti mentre andiamo a celebrare una Messa siamo pieni di pensieri, spesso densi di preoccupazioni, che ci appesantiscono il cuore e rendono i nostri volti tristi, come quelli dei discepoli che lasciano Gerusalemme dopo aver assistito alla crocifissione. Parlano tra loro e mentre discutono Gesù in persona si accosta e cammina con loro; all’inizio della Messa anche noi parliamo con il Signore mentre si trova in mezzo a noi e gli chiediamo scusa per tutto quello che non abbiamo fatto, oppure abbiamo fatto male, cosa non abbiamo capito… gli chiediamo di perdonarci per esser stati e continuamente essere «stolti e tardi di cuore nel credere», è il momento dell’inizio della celebrazione e dell’atto penitenziale. Poi lasciamo che parli Lui, ci mettiamo in ascolto della sua Parola e sia nelle letture proclamate, sia nell’omelia del sacerdote, intraprendiamo quel bellissimo percorso che è la spiegazione e la comprensione della Scrittura, siamo invitati a riconoscere il Cristo in ogni profezia, in ogni brano dell’Antico Testamento perché «i nostri cuori inizino a bruciare nel petto» e i nostri occhi pian piano si aprano a riconoscerlo nella nostra vita. Qualcosa inizia a fiorire in noi, speranza, pace e familiarità alloggiano nei nostri cuori e come i discepoli di Emmaus ci sentiamo liberi di esprimere le nostre richieste, lo invitiamo a restare con noi; è il momento delle intercessioni nelle quali il popolo di Dio esprime con la fiducia dei figli e degli amici le proprie necessità. Finalmente il momento più intenso ed importante, nei segni eucaristici del pane e del vino, dopo la benedizione e la preghiera del sacerdote, che rappresenta Cristo stesso, con le stesse parole pronunciate dal Signore durante l’ultima cena a Gerusalemme, Gesù si fa presente realmente, vivo e risorto nell’Eucaristia. E «i loro occhi si aprirono e lo riconobbero nello spezzare il pane». I due discepoli di Emmaus dopo aver riconosciuto il Signore ed essere divenuti testimoni della Risurrezione non possono rimanere fermi e nemmeno tacere, sentono il bisogno di tornare sulla strada che li ha visti tristi e a Gerusalemme, dove tutto era morte e disperazione, per annunciare la vita! Così noi al termine di ogni Eucaristia siamo invitati a partire per annunciare e testimoniare.
Il mese di giugno è tradizionalmente dedicato ai grandi misteri cristologici, al Sacro Cuore di Gesù, al suo Corpo e Sangue e per noi frati a Gerusalemme è anche il tempo delle ordinazioni diaconali e sacerdotali. Quale grande occasione allora ci è data di entrare sempre più nel vivo della nostra fede, che ha bisogno ogni giorno di essere rinnovata, nel riscoprire e riconoscere la presenza del Signore in ogni momento della nostra vita; mentre vaghiamo col volto triste, mentre ci arde il cuore nell’ascoltare la sua Parola, mentre lo riconosciamo magari ancora un poco dubbiosi nello spezzare il pane insieme ai fratelli, quando lo incontriamo, pur non sapendo che è Lui, nella persona dei suoi ministri. Che questo tempo di grazia sia per tutti noi l’opportunità di sentirci sempre più uniti attorno alla mensa del Signore come membra vere del suo corpo, e scusate l’egoismo, anche l’occasione per pregare per tutti i sacerdoti della sua Chiesa, perché possano essere pastori degni e veri dispensatori delle sue grazie e del perdono che salva.