Decine di feriti - anche tra i ranghi della polizia israeliana - e una giornata di forte tensione, in una città presidiata dalle unità antisommossa. È il bilancio del Giorno di Gerusalemme, celebrato ieri dagli israeliani, come accade ogni anno dal 1968, per celebrare la «riunificazione» della città, avvenuta nella guerra dei Sei giorni.
Decine di feriti – anche tra i ranghi della polizia israeliana – e una giornata di forte tensione, in una città presidiata dalle unità antisommossa (dispiegate in maniera massiccia nei pressi del Sion cristiano). È il bilancio del Giorno di Gerusalemme, che dal 1968, ogni anno, celebra la «riunificazione» della città, in seguito alla guerra dei Sei giorni.
Lanci di sassi, bottiglie e tafferugli nei pressi della Porta di Damasco, hanno segnato il 17 maggio una giornata iniziata fin dalle prime ore del mattino dall’arrivo di migliaia di ebrei (moltissimi dagli insediamenti), che hanno invaso le strade della città vecchia raggiungendo il Muro occidentale da ogni porta della città. Dove gli ebrei, spesso avvolti da bandiere e muniti di armi da guerra (come usano portare spesso i coloni), hanno rischiato di entrare in contatto con i palestinesi, si è sfiorata la guerriglia.
Al grido di «Viva Israele» la fiumana di ebrei ha raggiunto la spianata antistante il Muro occidentale, dove si è svolto il momento clou, con la partecipazione dei leader della destra religiosa Naftali Bennett e Uri Ariel.
La manifestazione, che si è tenuta nonostante alcune organizzazioni pacifiste avessero fatto una petizione all’Alta corte israeliana affinché impedisse il passaggio nel quartiere arabo, è vissuta dalla componente palestinese come una intollerabile provocazione. Fin dal mattino gruppi di coloni hanno passeggiato, scortati dalla polizia, anche sulla Spianata delle moschee, suscitando le proteste dei musulmani. Alla fine della giornata la polizia ha arrestato sei palestinesi con l’accusa di lesioni a pubblico ufficiale, per aver lanciato pietre contro i cordoni schierati per l’ordine pubblico.
Secondo le organizzazioni pacifiste, la Marcia di Gerusalemme non fa che alzare il livello dello scontro tra palestinesi ed ebrei. Questi ultimi considerano Gerusalemme capitale unica e indivisibile dello Stato d’Israele; i palestinesi viceversa rivendicano la parte Est come sede della propria organizzazione statale. In questo contesto (che si radicalizza sempre più) il Giorno di Gerusalemme è un’occasione quanto mai ghiotta per fomentare gli odi e i fondamentalismi sia da una parte che dall’altra. La marcia è stata accompagnata da insulti verso gli arabi e atti vandalici contro proprietà palestinesi nella città vecchia. Viceversa gruppi di giovani palestinesi hanno provocato con insistenza i coloni al grido di «Allah è grande!».