Dal 21 maggio scorso il Museo di Israele, a Gerusalemme, espone due volumi miniati del Quindicesimo secolo, che il pubblico potrà apprezzare fino al prossimo 20 settembre. È un piccolo evento che riunisce, dopo secoli, due parti di una stessa opera: una copia del Mishne Torah di Mosè Maimonide realizzata nel Nord Italia intorno al 1457. L'iniziativa è resa possibile dalla collaborazione tra il Museo e la Biblioteca Vaticana.
(g.s.) – Dal 21 maggio scorso il Museo di Israele, a Gerusalemme, espone due volumi miniati del Quindicesimo secolo, che il pubblico potrà apprezzare fino al prossimo 20 settembre. Si tratta di un piccolo evento che riunisce, dopo secoli, due parti di una stessa opera: una copia del Mishne Torah, il codice di diritto talmudico elaborato dal filosofo, medico e giurista Mosè Maimonide (detto anche Rambam), personalità che giganteggia nella storia del giudaismo e del pensiero ebraico (al punto da essere menzionato come il «secondo Mosè»).
Nato a Cordova nel 1135 e morto al Cairo nel 1204, Maimonide è noto agli arabi come Abu Imran Musa bin Maimun bin Abd Allah. Tra quei popoli egli visse e studiò sin da giovane, dopo essere stato costretto a lasciare la natia Spagna con tutta la famiglia. Si stabilì prima a Fez, in Marocco, poi in Terra Santa e infine in Egitto, dove concluse il suo percorso terreno. Il contributo di Maimonide è essenziale anche nella storia della filosofia europea perché egli studiò e trasmise il pensiero aristotelico.
I due tomi del Mishneh Torah ora in mostra al Museo di Israele componevano un’unica opera realizzata nel Nord Italia intorno al 1457. Dell’autore del codice miniato si sa poco più di un vago nome – Nehemia – né si conoscono le ragioni che portarono alla separazione dei due volumi. Dopo varie peripezie e passaggi di mano nel corso dei secoli, oggi i due libri hanno diversi proprietari: uno fa parte del patrimonio della Biblioteca Vaticana, l’altro fu acquisito congiuntamente, nel 2013, dal Metropolitan Museum di New York e dal Museo di Israele. Per la prima volta si ritrovano uno accanto all’altro, per alcuni mesi, grazie a un esempio di collaborazione tra le istituzioni culturali vaticane e israeliane.
Il prestito da parte del Vaticano è, in qualche misura, un gesto di omaggio ai 50 anni di attività del Museo di Israele, che ricorrono proprio quest’anno.
Alla semplice cerimonia di inaugurazione della mostra, il 21 maggio, hanno preso parte anche autorità religiose, come il rabbino capo sefardita di Israele, Yitzhak Yosef, il nunzio apostolico mons. Giuseppe Lazzarotto, il patriarca greco-ortodosso di Gerusalemme, Teofilo III, e mons. Giacinto Boulos Marcuzzo, vicario per Israele del patriarca latino. Presente anche una piccola delegazione di frati della Custodia di Terra Santa, tra i quali il decano dello Studium Biblicum Franciscanum, fra Massimo Pazzini.