Etgar Keret è già noto agli appassionati di narrativa israeliana contemporanea. Con i suoi racconti onirici e surreali è uno dei più originali esponenti delle nuove generazioni di scrittori. In questo suo Sette anni di felicità sceglie il genere letterario autobiografico per illustrare con brevi lampi, densi di ironia, qualcosa dell’Israele dei nostri giorni. Come sempre accade quando si parla di cose umane, gli elementi comuni – comici o tragici – con le esperienze quotidiane di ciascuno di noi sono molteplici.
(g.s.) – «In Medio Oriente la popolazione sente la propria mortalità più che in altri luoghi del pianeta, il che spinge la maggior parte della gente a sviluppare tendenze aggressive verso gli sconosciuti che cercano di farle perdere il poco tempo che le resta sulla Terra».
Lo sostiene Etgar Keret. Nato a Tel Aviv nel 1967, è già un nome noto agli appassionati di narrativa israeliana contemporanea. Con le sue arguzie, i suoi racconti onirici e surreali si è da tempo imposto anche al pubblico internazionale, come uno dei più originali esponenti delle nuove generazioni di scrittori.
In questo suo Sette anni di felicità sceglie il genere letterario autobiografico per illustrare con brevi lampi, densi di ironia, qualcosa dell’Israele dei nostri giorni. Il co-protagonista del libro è il piccolo Lev. Sono suoi, anzitutto, i sette anni che danno il titolo al libro ed è dai momenti che precedono la sua nascita che queste pagine hanno inizio. Anche stavolta Keret ci offre una raccolta di racconti brevi nei quali Lev si affaccia con la sua sagacia e la curiosità per il mondo tipica dei cuccioli d’uomo, anche se accompagnata da uno sguardo quasi disincantato.
La lettura di queste pagine è lieve e piacevolissima, adatta anche alle letture estive, che non accantonano un certo impegno, neppure in riva al mare, ai margini dei sentieri alpini o nelle sale d’attesa degli aeroporti. Anche quando l’Autore sfiora temi densi come la morte di un proprio caro, la malattia, il terrorismo, si tiene bene alla larga dalla retorica e da una visione cupa del presente.
Profondamente ebraica, e israeliana, è la realtà che Keret descrive ma, come sempre accade quando si parla di cose umane, gli aspetti – comici o tragici – che ritornano anche nelle esperienze quotidiane di ciascuno di noi sono molteplici. Così l’empatia tra scrittore e lettore è quasi inesorabile.
Etgar Keret
Sette anni di felicità
Feltrinelli, Milano 2015
pp. 176 – 14,00 euro