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Polizia contro polizia

di Elisa Ferrero
31 agosto 2015
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Negli ultimi anni abbiamo assistito a ogni sorta di rivolta in Egitto, ma vedere dei poliziotti – che di solito fanno la parte dei «cattivi» nella narrazione rivoluzionaria – irrompere nell’edificio della direzione della Sicurezza di al-Sharqiyya e soffocare in mezzo ai loro stessi lacrimogeni è stata una scena a dir poco insolita. Che cosa ha causato questo rocambolesco rovesciamento delle parti?


Negli ultimi anni abbiamo assistito a ogni sorta di rivolta in Egitto, ma vedere dei poliziotti – che di solito fanno la parte dei «cattivi» nella narrazione rivoluzionaria – irrompere nell’edificio della direzione della Sicurezza di al-Sharqiyya e soffocare in mezzo ai loro stessi lacrimogeni è stata una scena a dir poco insolita. Che cosa ha causato questo rocambolesco rovesciamento delle parti?

Tutto è iniziato sabato 22 agosto, quando centinaia di cosiddetti umana’ al-shurta, poliziotti di rango inferiore, hanno proclamato uno sciopero, dando contemporaneamente inizio a un sit-in di fronte alla direzione della Sicurezza del governatorato di al-Sharqiyya, a Zagazig, nel Delta del Nilo. «Vogliamo giustizia sociale», ha dichiarato il portavoce dei dimostranti al quotidiano al-Ahram, spiegando che la decisione di scioperare era maturata dopo che tutti i tentativi di farsi ascoltare dal ministero dell’Interno attraverso canali istituzionali erano falliti. Dopo la rivoluzione del 2011, infatti, persino i poliziotti di basso rango si sono organizzati in sindacati indipendenti e, se i canali istituzionali non portano a nulla, ora si passa alla protesta.

Le rivendicazioni degli umana’ al-shurta sono di stampo sociale ed economico. Chiedono, innanzitutto, che siano loro pagate le gratifiche di giugno e luglio, oltre a quella speciale promessa loro in occasione dell’apertura della seconda corsia del canale di Suez. Chiedono, inoltre, il raddoppio dell’indennità di rischio, considerando che le forze di polizia sono, assieme ai militari, gli obiettivi preferiti dei gruppi jihadisti, con oltre 700 assassinati dal giugno 2013. Infine, chiedono un aumento delle pensioni, il diritto ad accedere agli ospedali riservati ai poliziotti di alto rango e la riapertura della possibilità di promozione al rango superiore.

Gli umana’ al-shurta, circa 300 mila nel Paese, non si diplomano all’Accademia di polizia come i poliziotti di alto rango, bensì in un istituto speciale. Sono destinati alle mansioni più umili, come lavorare nelle stazioni di polizia, dirigere il traffico, assistere e informare gli ufficiali di rango superiore (lavoro che richiede ore e ore in piedi sotto il sole cocente, a osservare strade e quartieri). E sono anche molto odiati dalla popolazione, perché sono loro, spesso, che maltrattano, torturano e taglieggiano i cittadini. Nell’assassinio del giovane Khaled Said ad Alessandria, per esempio, sono implicati proprio degli umana’ al-shurta.

Non stupisce, quindi, che la protesta di questi poliziotti non abbia suscitato molta solidarietà fra la gente, al massimo una blanda curiosità per come questa storia possa andare a finire. E quando il portavoce del ministero dell’Interno ha accusato gli umana’ al-shurta di far parte della Fratellanza Musulmana, i poliziotti di basso rango si sono infuriati. Domenica 23 agosto, chiedendo a gran voce le dimissioni del ministro dell’Interno Magdy Abdel Ghaffar, e di poter trattare direttamente con la Presidenza, hanno assediato sei stazioni di polizia, imprigionando all’interno i loro colleghi. Poi, hanno fatto irruzione nella Direzione della Sicurezza di al-Sharqiyya, minacciando di non muoversi di lì finché le loro richieste non fossero state accolte. Al ministero dell’Interno hanno cominciato a sudare freddo. Persa la pazienza, hanno inviato le famigerate Forze di Sicurezza Centrale (quelle normalmente usate per reprimere brutalmente le proteste di piazza) a sgomberare il sit-in. È stato così che, fra il divertito e lo sgomento, il Paese ha potuto assistere al lancio di lacrimogeni della polizia sulla polizia, seguito da uno scambio di spari di avvertimento fra le due fazioni, con conseguente ferimento di almeno dodici persone. Una scena preoccupante per il governo, impegnato in una “lotta al terrorismo” che richiede, al contrario, un’immagine di forte unità fra le varie istituzioni dello Stato.

Alla fine, il ministero ha ceduto e ha promesso di rispondere ad alcune delle richieste degli umana’ al-shurta entro il 2 settembre, dichiarando inoltre che né la legge antiproteste, né la nuova legge antiterrorismo sarebbero state applicate al caso dei poliziotti di basso rango. Il sit-in degli umana’ al-shurta, ha stabilito il ministero, non è stata una vera «manifestazione», ma solo un nonviolento “raduno di protesta”.

Cosa succederà ora? Si saprà il 5 settembre, quando l’assemblea generale degli umana’ al-shurta si riunirà per discutere la risposta che il ministero dell’Interno ha dato alle loro rivendicazioni. Se questa risposta non sarà ritenuta soddisfacente, i poliziotti di basso rango sono pronti a nuove iniziative.

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