Primo giorno di scuola in Israele, serrata di protesta delle scuole cristiane
Si è aperto questa mattina l’anno scolastico 2015-2016 per oltre 2 milioni di studenti israeliani e più di 166 mila insegnanti. Solo per i 33 mila allievi delle scuole cristiane le porte sono rimaste chiuse. I motivi della serrata sono illustrati in un comunicato diffuso ieri dall’Ufficio di coordinamento delle scuole cristiane.
(g.s.) – Si è aperto questa mattina, primo settembre, l’anno scolastico 2015-2016 per oltre 2 milioni di studenti israeliani e più di 166 mila insegnanti. Numerose minacce di sciopero a livello locale o nazionale pendevano su questa giornata, ma sono quasi tutte rientrate in extremis.
Solo per i 33 mila allievi delle scuole cristiane quest’oggi le porte sono rimaste chiuse. I motivi della serrata sono illustrati in un comunicato diffuso ieri dall’Ufficio di coordinamento delle scuole cristiane in Israele e affisso anche alle porte delle scuole.
Questa estrema forma di protesta sottolinea il disagio che alligna da tempo tra i responsabili degli istituti cristiani, scontenti per le decisioni del ministero dell’Istruzione israeliano riguardo alle loro istituzioni. Un disagio che neppure un anno e mezzo di confronto con parlamentari e dirigenti del ministero e un’inedita manifestazione pubblica di protesta il 24 maggio scorso davanti la sede del ministero sono riusciti a dissolvere.
Un ultimo ciclo di colloqui si era aperto sotto buoni auspici il 24 agosto scorso a Gerusalemme. Lo aveva propiziato il presidente di Israele Reuven Rivlin, che aveva messo attorno a un tavolo nella sua residenza ufficiale una delegazione cristiana, presieduta dal vescovo Giacinto Boulos Marcuzzo, e i vertici del ministero dell’Istruzione, incluso il ministro Neftali Bennet. Alla fine, però, il divario tra le posizioni contrastanti non era stato colmato.
Le scuole cristiane appartengono a congregazioni religiose o ad altre realtà ecclesiali, come le diocesi locali delle varie confessioni, e da secoli offrono una salda istruzione soprattutto, ma non solo, ai cittadini arabi, di fede cristiana e musulmana. Il governo di Israele le considera istituzioni «non ufficiali ma riconosciute» e per decenni ha concorso al loro sostentamento con fondi pubblici.
Da cinque anni a questa parte, però, gli stanziamenti vanno riducendosi: ormai si sono più che dimezzati e coprono solo il 29 per cento del bilancio di un ciclo di istruzione primario. Inoltre al personale docente delle primarie – denuncia il comunicato del 31 agosto – non viene permesso di partecipare alle sessioni di aggiornamento professionale offerte agli insegnanti delle scuole pubbliche e quindi via via perdono terreno rispetto ai loro colleghi.
Ultimamente il ministero ha anche fissato un tetto massimo per le rette che le scuole cristiane possono chiedere alle famiglie. Tutte decisioni che messe una in fila all’altra vengono lette come «un attacco alle nostre scuole».
Il ministero ha proposto ai cristiani un cambio di inquadramento: i loro istituti da «non ufficiali» diventino «ufficiali». La proposta è stata rigettata, così come quella di passare tra le «scuole speciali», categoria che avrebbe costretto ad incrementare le rette. Una prospettiva che i responsabili degli istituti rigettano in toto per non tagliare fuori potenziali utenti. La loro richiesta è che il ministero assicuri un ammontare di stanziamenti analogo a quelli elargiti agli altri istituti della loro stessa categoria.