I vescovi europei in Terra Santa ricevuti dai presidenti palestinese e israeliano
Ultimo giorno, quest’oggi a Gerusalemme, dell’assemblea plenaria del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa (Ccee), apertasi l’11 settembre in Galilea. La mattina è iniziata con la concelebrazione della Messa nella basilica del Santo Sepolcro ed è proseguita con una visita al presidente di Israele Reuven Rivlin. Ieri l'incontro con il palestinese Mahmoud Abbas.
(g.s.) – Ultimo giorno, quest’oggi a Gerusalemme, dell’assemblea plenaria del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa (Ccee) apertasi l’11 settembre in Galilea.
La mattina è iniziata con la concelebrazione della Messa nella basilica del Santo Sepolcro ed è proseguita con un incontro con il presidente di Israele Reuven Rivlin.
Rivolgendo il saluto della delegazione degli ecclesiastici europei a Rivlin, il cardinale Péter Cardinal Erdő, arcivescovo di Esztergom-Budapest e presidente del Ccee, ha detto: «In questa terra siamo nel luogo in cui Gesù, il nostro Maestro e Signore, ha vissuto. Qui incontriamo anche il popolo che a lui è legato, e al quale anche noi siamo legati, con legami indissolubili, dall’inizio e per sempre».
«Nei giorni scorsi – ha proseguito il cardinale – ci è stato dato di esprimere la nostra vicinanza ai cristiani della Terra Santa e di ammirare il dinamismo e la moderna vitalità dello Stato di Israele e del suo popolo; abbiamo anche potuto riflettere sulle nostre esperienze di dialogo interreligioso».
Erdő ha annotato: «Una mutua conoscenza e una reciproca comprensione sono quanto mai importanti per relazioni costruttive e pacifiche fra i popoli di diverse culture e religioni. Per questo, crediamo sia importante nei nostri Paesi che i cristiani e la società in generale diano forma a una visione realistica ed empatica della storia del popolo ebraico e di Israele. Allo stesso tempo siamo impegnati in un dialogo sincero con la storia e le domande fondamentali dell’esistenza umana. Gli ideali che fanno tradizionalmente parte del patrimonio culturale giudeo-cristiano restano ancora rilevanti e preziosi per l’umanità dei giorni nostri».
«Signor Presidente – ha concluso il presule -, la ringraziamo per la sua visita al Santo Padre e la sua apertura alla soluzione di varie questioni pratiche. Abbiamo compreso le preoccupazioni dei nostri fratelli cristiani che vivono in Terra Santa e speriamo che possiate trovare soluzioni appropriata a tali questioni, specialmente sul versante dell’educazione».
Per nulla formale la risposta di Reuven Rivlin, che ha ricordato come in queste settimane si succedano giorni di grande festa per musulmani ed ebrei (Eid El-Adha, Rosh Hashanah, Yom Kippur): «Ieri – ha detto il presidente – abbiamo celebrato Rosh Hashanah, l’inizio di un nuovo anno (il 5776 ebraico – ndr), che speriamo sia un anno di tolleranza e comprensione. Tuttavia la sera di Rosh Hashanah, Alexander Levlovitz, un abitante di Gerusalemme, padre di famiglia, è stato ucciso da terroristi che hanno lanciato pietre contro la sua auto, mandandolo fuori strada. Questo attacco sanguinario ci mostra ancora una volta che il terrore è terrore – che usi pietre, fucili o altre armi – e che dobbiamo agire fermamente contro ogni terrorismo».
Parlando del dovere di difendere la libertà religiosa, il presidente ha osservato: «Il popolo ebraico sa cosa significhi dover nascondere ciò in cui credi per timore della tua vita. Anche oggi, in troppi luoghi, gli ebrei non indossano lo zucchetto nelle strade. L’antisemitismo e l’antisionismo, insieme ad altre forme di odio e di razzismo devono essere condannati da noi tutti. È quanto ha detto Papa Francesco durante il nostro incontro e io ho apprezzato molto le sue parole. Negli ultimi anni le comunità cristiane del Medio Oriente hanno pagato un prezzo alto per la loro fede. Israele, in quanto stato ebraico e democratico, è orgoglioso del fatto che i cristiani in Israele godano libertà di culto, libertà di religione, e non debbano temere per le loro vite. Quando ci sono vandalismi contro i luoghi santi, ci opponiamo uniti e restiamo al fianco delle comunità cristiane per condannare questi terribili atti. Un attacco a qualunque luogo di culto è un attacco a noi tutti. Non ci basta che Israele sia un rifugio sicuro per la comunità cristiana. Vogliamo anche che essa sia fiorente e che giochi un ruolo nell’esperienza di Israele e sia parte della società israeliana».
Nel concludere, Rivlin ha ricordato che in ottobre ricorreranno i 50 anni della dichiarazione conciliare Nostra Aetate: «Un testo importante – ha detto – non solo perché ha preso una posizione chiara contro l’antisemitismo e aperto la strada a un reale e sincero dialogo tra le comunità cattolica ed ebraica, ma per via del suo quinto punto, ove si afferma che il genere umano è creato a immagine di Dio, a prescindere dalla religione o dalla razza. Un messaggio che tutti noi dobbiamo sempre tenere a mente».
Il giorno prima a Ramallah una delegazione di vescovi del Ccee aveva incontrato anche il presidente palestinese Mahmoud Abbas. Nel suo saluto il cardinale Erdő aveva spiegato che nel corso dell’assemblea del Ccee «abbiamo parlato di diversi tipi di crisi, ma soprattutto abbiamo parlato della fede che ci dà speranza e ci indica la strada giusta per la convivenza nella società umana». «L’inizio e il centro della nostra fede – ha confessato Erdő – è la Persona di Gesù Cristo. Per questo abbiamo visitato alcuni luoghi sacri che sono collegati con la sua vita. Abbiamo incontrato alcune comunità cristiane ed il popolo di questa terra. Incontrando queste persone e famiglie con tanti bambini abbiamo espresso la nostra vicinanza, la nostra simpatia e il nostro, che è anche il loro, desiderio di giustizia e di pace. (…) Auguriamo di cuore all’intero popolo della Palestina di potere sviluppare le proprie forze creative in viva collaborazione con i popoli d’Europa. Preghiamo per la pace in Palestina e in tutto il Medio Oriente. Da questa pace dipende in misura notevole anche il futuro dei popoli e della cultura d’Europa».
Rispondendo, il presidente Abbas ha ricordato con piacere il suo rapporto personale con Papa Francesco e ha parlato del rispetto per i luoghi santi e la libertà religiosa di tutti, esprimendo tra l’altro la sua preoccupazione per tutti gli estremismi, da qualunque parte essi provengano.
Sempre il 15, nel pomeriggio, i vescovi si erano recati a Betlemme per visitare in gruppo alcune opere caritative nel campo dell’istruzione, della salute e della cultura gestite dalla Chiesa locale e da numerose congregazioni religiose e organismi ecclesiali. I vescovi hanno così voluto ringraziare le comunità religiose riunite poi nella Basilica di Santa Caterina per la celebrazione della Messa serale presieduta dal patriarca latino di Gerusalemme, mons. Fouad Twal. La serata si è conclusa con un incontro con personalità religiose di altre confessioni cristiane.