Fratelli Musulmani: verso la scissione?
Che cosa sta succedendo nella Fratellanza Musulmana? L’anno che sta per finire ha visto emergere in pubblico un conflitto interno potenzialmente dilaniante. Oggi la Fratellanza – dichiarata ormai formazione terroristica – è tornata a operare in semi-clandestinità. I leader di medio e alto livello sono stati arrestati oppure sono scappati all’estero. A loro si contrappongono i giovani, apparentemente più pragmatici e propensi alla violenza...
Che cosa sta succedendo nella Fratellanza Musulmana? L’anno che sta per finire ha visto emergere in pubblico un conflitto interno potenzialmente dilaniante. Dopo la catastrofe del 2013, con la rimozione di Mohammed Morsi dalla presidenza della repubblica egiziana e il massacro dei suoi sostenitori in piazza Rabaa al-Adawiya, la Fratellanza – dichiarata ormai formazione terroristica – è tornata a operare in semi-clandestinità per cercare di sfuggire alla dura repressione scatenata dallo Stato. I leader di medio e alto livello sono stati arrestati oppure sono scappati all’estero. A Londra è stato stabilito il quartier generale della vecchia leadership, le cui figure di riferimento principali sono Mahmoud Ezzat, facente funzioni della guida suprema Mohammed Badie, tuttora in carcere, e il segretario generale Mahmoud Hussein. In Egitto, invece, è stato costituito un Comitato di gestione della crisi, nel quale sono confluiti i rappresentanti della generazione più giovane del gruppo.
Questo nuovo fronte di giovani leader si è presto mostrato insofferente verso i vecchi dirigenti, accusati, per la loro chiusura e rigidità, di aver gestito male il governo nel 2012-2013 e ancor peggio la crisi successiva alla destituzione di Morsi, e di non aver mai accennato, oltretutto, ad alcuna autocritica. Lo stesso gruppo ha anche abbracciato, sempre più apertamente, un approccio «rivoluzionario» e violento nel confronto con lo Stato egiziano, fino a sottoscrivere pubblicamente l’appello lanciato il 27 maggio 2015 da 150 studiosi musulmani di venti paesi diversi (Nida’ al-Kinana), nel quale si affermava che opporsi al regime egiziano con qualsiasi mezzo era un dovere islamico e che politici, giudici, poliziotti, soldati, mufti, giornalisti e qualsiasi altro sostenitore del regime erano da punire. La vecchia leadership della Fratellanza, a quel tempo, aveva reagito con fermezza, ribadendo che la linea ufficiale del gruppo era quella di attenersi alla non violenza e che l’ufficio del Cairo non era autorizzato a parlare a nome della Fratellanza.
Dopo un momento di forte tensione fra le due fazioni, l’emergenza sembrava rientrata, ma gli eventi di quest’ultima settimana hanno dimostrato che, in realtà, il conflitto è continuato sotterraneo. Il 14 dicembre, Mahmoud Ezzat ha deciso di licenziare Mohammed Montasser, eletto in gennaio come portavoce del gruppo del Cairo. La decisione, sostenuta dall’ufficio di Londra, è stata presa perché Montasser avrebbe disubbidito agli ordini, esprimendo opinioni proprie, non approvate dalla Fratellanza. Al posto suo, Ezzat ha nominato Talaat Fahmy, attualmente non residente in Egitto. Il «decreto» di Ezzat, però, è stato rifiutato in toto da sedici uffici amministrativi della Fratellanza in Egitto, i quali, attraverso una dichiarazione su Facebook, lo hanno definito un’interferenza nei propri affari interni. L’ufficio di Alessandria, per rappresaglia, ha sospeso l’appartenenza di Talaat Fahmy al gruppo e l’ha sottoposto a indagine, mentre Mohammed Montasser, da parte sua, ha ripetuto su Facebook il suo appello ai giovani per distruggere i militari con qualunque mezzo.
Il conflitto si è poi spostato in tivù. Mohammed Montasser è apparso su al-Jazeera e Talaat Fahmy sul canale al-Hewar, entrambi nel ruolo di «portavoce ufficiale» del gruppo del Cairo. Infine, come parte della guerra mediatica in corso fra le due fazioni, è stato lanciato un nuovo sito Internet, in opposizione a Ikhwan Online (in passato unica pagina internet ufficiale della Fratellanza), sul quale il segretario generale Mahmoud Hussein ha difeso ancora una volta la decisione di rimuovere Montasser dal suo incarico. Per tutta risposta, su Ikhwan Online è comparso un comunicato di sostegno all’ufficio del Cairo, in cui si rendeva noto l’avvio di un’indagine su Hussein e sull’ufficio di Londra. Pare, inoltre, che l’ufficio del Cairo abbia anche eletto un nuovo segretario generale, senza rivelarne l’identità per proteggerne l’incolumità. E mentre Hussein, su al-Jazeera, ha affermato che l’Ufficio della Guida – l’organo esecutivo della Fratellanza – rimarrà lo stesso, il gruppo del Cairo sembra intenzionato a esautorarlo, eleggendone un altro per proprio conto.
Non c’è dubbio che la crisi della Fratellanza sia profonda, la peggiore della sua storia, secondo lo studioso Kamal Habib dalle pagine di al-Masry al-Youm; forse anche peggiore della crisi del 1949, dopo l’assassinio del suo fondatore Hassan al-Banna. Una giovane leadership emergente, che ha scelto lo scontro violento con il regime, sta fronteggiando una vecchia leadership rigida e inefficace che, tuttavia, insiste sul confronto non violento, almeno ufficialmente. Il conflitto ha forti tratti intergenerazionali e riguarda tanto il metodo (violenzanon violenza) quanto l’organizzazione interna (accentratrice o trasversale) della Società. Il rischio di scissione non è mai stato così grande.