Un paio di occhi nuovi: può essere questo il frutto del pellegrinaggio in Terra Santa. Frutto tanto inatteso quanto più si è convinti, in fondo, di non averne bisogno, perché si conosce già tutto. «La scorsa estate ho fatto un pellegrinaggio speciale, con famiglie e bambini, che per me ha segnato un vero cambiamento – racconta fra Francesco Ielpo, Commissario di Terra Santa per la Lombardia –: partivo con la presunzione di sapere cosa far vedere: i bambini, invece, mi hanno costretto a vedere una Terra Santa che non conoscevo…».
Il pellegrinaggio di cui racconta fra Francesco si è svolto in luglio, ma solo ora (dopo una certa insistenza) ha accettato di raccontare queste esperienza personale. «Alcune famiglie della diocesi di Milano mi hanno chiesto di accompagnarle in Terra Santa – racconta il commissario –. Ho accettato, proponendo però un ciclo di incontri di preparazione. Un cammino insieme per spiegare dove saremmo andati, che è servito anche a far emergere le paure legate alla sicurezza, ai costi, alla fatica. E, contemporaneamente, a far crescere la fiducia tra noi, unico vero antidoto alla paura».
Il programma prevedeva dieci giorni di viaggio dal Neghev alla Galilea, a Gerusalemme. Trentuno i partecipanti, tra cui 12 bambini e 2 sacerdoti. Il titolo scelto come filo conduttore: «Maestro dove abiti?», la domanda che i discepoli di Giovanni Battista pongono a Gesù quando lo incontrano per la prima volta. Un interrogativo proposto ai bambini nella forma di una grande caccia al tesoro: «Avevo chiesto ai più piccoli di portare un quaderno – spiega fra Francesco – su cui segnare, ogni sera, dove quel giorno avessero scoperto Gesù, perché in Terra Santa non è possibile non trovarlo».
Ne è uscito un pellegrinaggio fuori dall’ordinario: sia perché luoghi, parole e catechesi dovevano tenere conto anche dei più piccoli. Sia perché proprio loro sono stati per tutti la grande sorpresa. «Racconto tre episodi che mi hanno colpito: il primo è avvenuto nel deserto del Neghev. Stavamo camminando in un canyon, caldo tremendo e sole a picco. Li ho portati lì perché ad un certo punto s’incontra, dal niente, una cascata. E volevo farli ragionare su come nel deserto ci sia una vita che non ti aspetti. Bene: quando un bambino, Luca, ha visto la cascata ha urlato un Wow! che è rimbombato in tutto il canyon. E io ho capito che, in fondo, desidero poter vivere ogni istante della mia vita stupendomi della realtà come Luca. Il secondo fatto è capitato quella stessa sera. La giornata era stata faticosa, avevamo camminato, sudato, ci eravamo stancati, qualcuno aveva protestato per la fatica. Paola, sette anni, mi ha mostrato il suo quaderno. Aveva scritto così: “Sono contenta oggi di aver sudato, perché le gocce del mio sudore sono cadute sulla terra di Gesù”. Cosa aveva visto quella bambina che noi adulti non avevamo visto? Aveva visto che c’era un positivo anche in quella circostanza; il sudore, in fondo, poteva essere una cosa bella, grandiosa, perché eravamo lì per Gesù. Infine il terzo episodio: l’ultimo giorno abbiamo fatto una specie di assemblea in cui chi voleva, adulti e bambini, poteva dire la frase e il luogo che gli erano rimasti più impressi. Prende la parola Monica, che fa la quinta elementare: “Tra tutti i luoghi quello che mi è piaciuto di più è Nazaret, la casa di Maria, perché tutte le volte che ci andavo, non so perché, ma ero felice”. Mi ha colpito perché è un concetto semplicissimo; ma proprio per questo verissimo e autentico. E poi ha aggiunto: “Tra tutte le frasi mi ha colpito quello che dicono gli angeli alle donne che vanno al Sepolcro: non è qui! Ma vi rendete conto – dice rivolgendosi a noi adulti –: padre Francesco in questi giorni non ha fatto che dirci: Gesù è qui … Gesù è là … Gesù qui ha fatto questo … Qui è successo questo … Però colui che è dappertutto nel Sepolcro non c’è! Mi ha colpito questa cosa!». Insomma, una bambina di quinta elementare aveva capito che Gesù è risorto, il cuore del messaggio cristiano! Sono grato al Signore per questo pellegrinaggio perché è stata un’occasione innanzitutto per me, di vedere un’altra Terra Santa e di vederla con questi occhi puri e semplici di questi bambini».
Eco di Terrasanta 1/2016
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