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Conflitto in Yemen, le nuove cifre del dolore

Laura Silvia Battaglia
28 dicembre 2015
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Conflitto in Yemen, le nuove cifre del dolore
La seduta che il Consiglio di Sicurezza Onu ha dedicato allo Yemen il 22 e 23 dicembre 2015. (UN Photo/Loey Felipe)

I numeri del conflitto sono impressionanti ma, nonostante gli sforzi per mettere le parti in lotta attorno a un tavolo, la guerra civile in Yemen non si fermerà. Nella riunione del 22-23 dicembre scorso del Consiglio di sicurezza dell’Onu, l’assistente del Segretario Generale per gli affari umanitari Kyung-wha Kang ha fornito i dati sulle condizioni di vita degli yemeniti dopo mesi di guerra.


I numeri del conflitto sono impressionanti ma, nonostante gli sforzi per mettere le parti in lotta attorno a un tavolo, la guerra civile in Yemen non si fermerà.

Nella riunione del 22-23 dicembre scorso del Consiglio di sicurezza dell’Onu, l’assistente del Segretario Generale per gli affari umanitari Kyung-wha Kang ha fornito in dettaglio le statistiche sulle condizioni di vita spaventose affrontate dagli yemeniti, considerato che 7 milioni e 600 mila persone richiedono aiuti alimentari di emergenza e che almeno 2 milioni di yemeniti sono malnutriti, tra cui 320 mila bambini affetti da malnutrizione grave, un fenomeno in crescita percentuale doppia dal marzo scorso.

Almeno 1 milione e 800 mila bambini hanno dovuto abbandonare gli studi, aggiungendosi al milione e 600 mila che erano già fuori dalla scuola prima dell’inizio della crisi. Oltre 170 scuole sono state distrutte e 600 danneggiate. Almeno 58 sono state occupate da gruppi armati, quasi tutte nel governatorato di Taiz; altre 238 stanno ospitando gli sfollati.

Circa 14 milioni di persone non hanno un adeguato accesso all’assistenza sanitaria, mentre gli attacchi aerei implacabili, i bombardamenti di terra e la violenza dei gruppi armati continuano a costringere le famiglie a fuggire dalle loro case, con oltre 2 milioni e mezzo di sfollati totali, un numero cresciuto di otto volte dall’inizio del conflitto.

A fronte di tutto questo, i colloqui a Ginevra, nonostante i presupposti positivi, per adesso non sono arrivati a buon fine: ci sarà un secondo tentativo a gennaio, rispetto al quale, l’inviato speciale delle Nazioni Unite per lo Yemen, Ismail Ould Cheikh Ahmed, si dice fiducioso. Ma il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha chiarito che sarebbe necessario agire subito per porre fine ai combattimenti in Yemen oppure toccherà affrontare la balcanizzazione irreversibile del Paese, che consentirà un rifugio sicuro per i terroristi e che potenzialmente minerà nel profondo la stabilità regionale, secondo l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani Zeid Ra’ad Al Hussein.

Al Hussein ha invitato ad «agire in modo decisivo non solo per spezzare l’incantesimo di miseria in cui vivono oggi milioni di persone vulnerabili in Yemen. Non favorire il processo di pace spingerebbe il Paese verso un processo irreversibile di balcanizzazione, le cui conseguenze sarebbero senza controllo. Le potenziali ramificazioni di uno stato fallito in Yemen sarebbero quasi inevitabilmente la creazione di rifugi sicuri per gruppi radicali come l’Isis. Questo gruppo, a sua volta, potrebbe espandere il conflitto oltre i confini dello Yemen, sconvolgendo la stabilità regionale».

Nel frattempo, lo scontro tra le artiglierie dei ribelli Houti del Nord e le forze lealiste del presidente esiliato Abd Rabbih Mansur Hadi, sostenute dal Consiglio di Cooperazione del Golfo a guida saudita con bombardamenti aerei, ha portato a un drammatico aumento delle vittime civili, con oltre 600 bambini uccisi e più di 900 feriti gravemente in una settimana.

Oltre 2.700 civili sono stati uccisi e più di 5.300 sono stati feriti dall’inizio di un conflitto che non è ancora finito e non accenna a concludersi a breve.

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