I sogni, a volte, gettano luce sulla realtà, aiutano a interpretarla, schiudono prospettive. Tanto più se riguardano persone e realtà amate. Tomáš Halík in questo libro sogna la Chiesa. Sacerdote, teologo e filosofo nato a Praga nel 1948, padre Halík è noto anche al di fuori della Repubblica Ceca. Autore di numerose opere di spiritualità e tematiche religiose, ha tenuto conferenze e corsi universitari in varie parti del mondo. Impegnato sul versante dei diritti umani e del dialogo tra religioni, è stato tra i consiglieri del presidente Václav Havel (1936-2011). Le lettere menzionate nel sottotitolo di questo volume – ultimato nel dicembre 2023 e pubblicato in Italia dalla casa editrice dell’Università cattolica del Sacro Cuore – sono indirizzate a un immaginario papa Raffaele del futuro prossimo. L’artificio letterario consente all’autore di proporci, in dodici missive, le sue riflessioni sulla Chiesa di oggi e di domani.
«Il papa del mio sogno – spiega Halík – è un papa con una missione speciale: non è semplicemente il capo della Chiesa cattolica, ma una guida spirituale, un mistagogo, un pastore e un servitore di tutte le persone spiritualmente aperte, assetate e in ricerca, sia all’interno delle comunità religiose sia al di là dei loro confini visibili (…) Lo vedo come “servo dei servi di Dio”, realmente di tutti, anche di coloro che non sono membri della Chiesa cattolica; lo intendo come guida e fratello anche di coloro per i quali Dio rimane anonimo e nascosto e che lo servono cercando la verità e facendo il bene secondo la propria coscienza». Perché «la religione non sta scomparendo ma non sta nemmeno tornando alle sue forme precedenti. È ancora qui ma sta cambiando».
Secondo l’autore, «i mezzi tradizionali di espressione religiosa – parole, riti, istituzioni – sono uno spazio troppo ristretto per il dinamismo della vita spirituale del nostro tempo. L’offerta delle istituzioni religiose troppo stereotipata, poco comprensibile e non abbastanza convincente non tiene conto delle reali aspirazioni spirituali, dei desideri, delle domande e dei bisogni delle persone del nostro tempo». Così, soprattutto in Occidente, molte persone «cercano sinceramente un rapporto con il “trascendente” della vita, ma non trovano nelle forme di religione che hanno incontrato una strada percorribile per raggiungerlo. È in aumento il numero di coloro che si definiscono “spirituali”, non religiosi».
Halík osserva le cose da una prospettiva essenzialmente occidentale, ma non è detto che certe caratteristiche sociologiche siano del tutto estranee ad altri contesti. Nella quinta lettera a papa Raffaele, parlando della «dimenticata forza della religione», il teologo osserva: «La società secolare ha a lungo sottovalutato la forza della religione perché aveva davanti agli occhi il declino dell’influenza politica e culturale delle istituzioni religiose tradizionali. Ma ciò che non ha visto, e quindi ha sottovalutato, è stata la dimensione più profonda e nascosta della religione. Ha sottovalutato soprattutto la potenza psicologica e morale dei simboli, delle immagini, delle parole e dei gesti religiosi. Questa forza non dipende dal numero dei credenti, né dalla vitalità, dall’influenza e dal ruolo sociale delle istituzioni religiose. Proviene da fonti molto più profonde». (p. 69) «Caro papa Raffaele, temo che non solo il mondo laico, ma anche molte comunità religiose sottovalutino la dimensione profonda della religione. A volte non si rendono sufficientemente conto non solo della loro forza e delle loro possibilità, ma neanche della responsabilità che ne deriva. Forse ciò è anche legato al fatto che non sono immuni dalla tentazione dell’autoreferenzialità, dalla preoccupazione di preservare in via preferenziale le proprie strutture istituzionali e dottrinali». (p. 71)
Uno degli errori che il teologo ravvisa nella Chiesa oggi, anche alla luce delle sue personali esperienze pastorali, è il trascurare la spiritualità, preoccupandosi di più di richiamare all’ortodossia e all’ortoprassi. Dal canto suo, Halík non considera la spiritualità come una sovrastruttura della fede, ma piuttosto come il suo cuore. (cfr. p. 76)
Tra i molti stimoli offerti dal libro, vorremmo menzionarne solo pochi altri, presenti nella sesta lettera, intitolata La cattolicità come responsabilità universale.
Lo sguardo di questo intellettuale cattolico a taluni potrà sembrare ardito, se non temerario. Di certo non è mai pessimista: «Non vedere, non voler vedere, negare o minimizzare tutto ciò che è peccaminoso e oscuro nella Chiesa, e in noi, sarebbe un peccato contro la verità e l’umiltà. Tuttavia nonostante le criticità, non dobbiamo perdere la sensibilità e il rispetto per le manifestazioni anche minime del bene che già oggi cresce, si sviluppa e matura. Ignorare e sminuire il bene sarebbe un peccato contro la speranza e anche contro l’amore, che ci fa vedere cose davanti alle quali le persone ciniche e scettiche sono cieche e sorde». (85)
Cattolicità, per Halík è un altro modo per dire «lievito nella pasta», se vogliamo usare un’espressione evangelica. In questa accezione «i cristiani devono prendersi cura non solo dell’unità della Chiesa, ma anche dell’umanità» (cfr. p. 85) E ancora: «Una caratteristica essenziale della cattolicità è l’apertura ecumenica. La cattolicità apre porte e costruisce ponti. Se la Chiesa deve essere presente per gli altri e servire tutti, allora può svolgere questo compito solo insieme agli altri, essere una comunità ecumenica». (p. 87)
Il teologo ceco si dice convinto che non esistano «persone completamente prive di qualsiasi rapporto con il trascendente». «Una simile relazione – osserva – può non essere sviluppata, non toccata da alcun tipo di religiosità tradizionale, di educazione e di cultura religiosa in senso stretto, e può assumere molte forme al di là di ciò che viene comunemente considerato religioso. Allo stesso modo, trovo difficile immaginare un cristiano nella nostra civiltà occidentale non toccato dalla cultura secolare e dalle sue obiezioni alla religiosità tradizionale (…) Un numero crescente di persone nella nostra parte del mondo è simul fidelis ed infidelis, credente e non credente allo stesso tempo, il muro tra fede e incredulità è caduto». (p. 93)
Halík osa: «Caro papa Raffaele, sono convinto che questo sia il compito delle Chiese di oggi e di domani. Non cerchiamo di incasellare i “non irregimentati” in confini mentali e istituzionali di ieri. Offriamo loro un cristianesimo tanto dinamico, tanto “cattolico” da trascendere i suoi precedenti confini, facendolo non solo con coraggio, ma anche con responsabilità. Non sotto la pressione dello spirito del tempo, ma come risposta ai segni dei tempi». (94)
Tomáš Halík
Il sogno di un nuovo mattino
Lettere al papa
Vita e Pensiero, 2024
pp. 168 – 16,00 euro