
Gli organismi umanitari del sistema delle Nazioni Unite che assistono la popolazione di Gaza lanciano nuovi pressanti appelli perché non vengano meno, se non altro, gli aiuti più basilari. E si torni alla tregua.
Il suo post di ieri, 27 marzo 2025, su X non lascia dubbi fin dall’incipit: «Gaza, l’umanità alla sua ora più buia». Philippe Lazzarini, sottosegretario generale delle Nazioni Unite e commissario generale dell’agenzia Onu per l’assistenza ai rifugiati palestinesi (Unrwa) non usa mezzi termini per denunciare la situazione nella quale versa la Striscia dopo la rottura della tregua e la ripresa dei raid israeliani. «Nessun aiuto umanitario è entrato a Gaza nelle scorse tre settimane. Questo è il periodo più lungo in cui Gaza è rimasta senza aiuti umanitari dall’inizio della guerra. Durante il cessate il fuoco arrivavano 500-600 camion al giorno. Ora nulla». Il governo israeliano, sia detto per inciso, giustifica il blocco con la volontà di esercitare la massima pressione sulla dirigenza di Hamas e di interrompere le forniture alimentari ai suoi ranghi, che si impadroniscono, in larga misura, degli aiuti internazionali destinati alla popolazione non combattente.
Un quadro devastante
Le conseguenze di quello che si vive a Gaza in queste ore sono devastanti: «I genitori non riescono a trovare cibo per i figli. I malati sono senza medicine. I prezzi stanno andando alle stelle. La fame aumenta, mentre incombe il rischio di epidemie. Nel frattempo, continuano i bombardamenti delle forze israeliane».
Il bilancio degli ultimi giorni, precisa Lazzarini, è tragico: «La scorsa settimana, in un solo giorno, sono state uccise 500 persone, tra cui donne e bambini. È stato il momento più sanguinoso in oltre un anno e mezzo di guerra. Altri otto membri dello staff dell’Unrwa sono stati uccisi solo la scorsa settimana. Le persone continuano a fuggire per cercare sicurezza. In oltre 140mila sono state costrette a fuggire a causa degli ordini di evacuazione delle autorità israeliane».
Riaprire i valichi
L’appello del commissario generale dell’Unrwa è chiaro: l’assedio deve essere revocato e i valichi devono essere riaperti per un flusso standard di aiuti umanitari e forniture commerciali; tutti gli ostaggi ancora in mano di Hamas devono essere rilasciati; i bombardamenti devono cessare e la tregua deve essere riconfermata.
Dall’inizio del cessate il fuoco nella Striscia di Gaza il 19 gennaio, l’Unrwa si era adoperata in ogni modo per fornire assistenza umanitaria alle persone bisognose. «Le squadre dell’Agenzia, la spina dorsale dell’operazione umanitaria a Gaza – spiega un comunicato stampa dell’organizzazione Onu – hanno continuato a lavorare 24 ore su 24 per consegnare aiuti e fornire servizi a una popolazione sopraffatta da 15 mesi di bombardamenti costanti, sfollamenti forzati e mancanza di forniture essenziali».
Le cifre danno la dimensione dello sforzo sostenuto: «L’Unrwa ha fornito assistenza alimentare a 2 milioni di persone, ovvero oltre il 90 per cento della popolazione, contribuendo a migliorare leggermente la sicurezza alimentare. Nel settore sanitario, l’agenzia ha ripristinato l’accesso ai servizi per quasi 180mila persone a Khan Yunis, Rafah e nella città di Gaza attraverso la riapertura dei centri sanitari. Inoltre, il nostro team ha raggiunto più di mezzo milione di persone con coperte, materassi, tappetini, vestiti, attrezzature da cucina e teloni per proteggersi dalla pioggia. Per offrire un riparo alle persone, l’Unrwa ha fornito tende a circa 64mila persone».
Di nuovo costretti a fuggire
Il 18 marzo scorso, con la ripresa dei bombardamenti, le autorità israeliane hanno emesso nuovi ordini di evacuazione per diverse aree della Striscia di Gaza. L’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari (Ocha) ha dato notizia che 19 quartieri sono stati direttamente colpiti, tra cui 13 nel nord di Gaza e sei nella parte orientale di Khan Yunis, con una stima oltre 76mila nuovi sfollati.
Già il 2 marzo, il governo israeliano aveva annunciato il blocco degli aiuti umanitari nella Striscia di Gaza, compreso il carburante. «Da allora – precisa l’Unrwa – nessuna fornitura umanitaria o commerciale è entrata a Gaza. Si tratta del periodo più lungo rispetto all’inizio della guerra, quando le autorità israeliane posero un assedio che durò dal 7 al 21 ottobre 2023. Le forniture critiche, tra cui cibo e attrezzature mediche, si stanno esaurendo e sono urgentemente necessarie per rispondere alla già disastrosa situazione umanitaria».
Il Pam ha scorte per due settimane
Anche il Programma alimentare mondiale (Pam, o anche Wfp da World Food Programme) – agenzia con sede centrale a Roma, creata nel 1961 all’interno del sistema Onu per il contrasto alla fame nel mondo – è impegnato a distribuire cibo ai gazesi (collaborando con l’Unrwa). Attraverso i suoi canali confluiscono nella Striscia anche gli aiuti deliberati dal governo italiano, che nel febbraio scorso ha tra l’altro consegnato all’organismo umanitario una flotta di 15 camion da utilizzare per il trasporto delle derrate. Con forniture costanti di sacchi di farina, il Pam consente l’operatività di 25 panifici in varie aree della Striscia (al momento quelli attivi sono 19).
Nella giornata di ieri, lo stesso Pam ha dato l’allarme con un proprio comunicato, nel quale spiega che un sacco di farina di grano da 25 chili dentro la Striscia può costare ormai fino a 50 dollari. L’aumento è del 400 per cento rispetto ai prezzi dei giorni di tregua precedenti il 18 marzo. I prezzi del gas da cucina sono aumentati del 300 per cento rispetto a febbraio.
Aiuti pronti per la consegna
Le cose non potranno che peggiorare perché da tre settimane l’afflusso di aiuti alimentari si è interrotto per volontà israeliana. Così nei magazzini del Pam restano all’incirca 5.700 tonnellate di scorte. Si esauriranno in una quindicina di giorni, se non verranno reintegrate. Resteranno così all’asciutto le 37 cucine collettive che grazie alle forniture del Pam preparano mezzo milione di pasti caldi al giorno. Come salvagente estremo non rimarranno che le provviste di biscotti ad alto contenuto energetico, sufficienti per poco più di 400mila bocche.
In questo frangente è necessario sin d’ora ridimensionare le razioni distribuite dal Pam a circa mezzo milione di persone. Ogni famiglia riceverà di meno e dovrà farsi bastare quanto riceve per una settimana.
Il Pam e i suoi partner hanno già pronte oltre 85mila tonnellate di prodotti alimentari riservati alla popolazione della Striscia di Gaza. Attendono solo di poter varcare i valichi di frontiera se e quando verranno riaperti. Il Pam dice di aver bisogno di 30mila tonnellate di cibo al mese per soddisfare le esigenze di base di circa un milione e 100mila persone. (g.c./g.s.)