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Gaza ancora bombardata, la voce del parroco

Terrasanta.net
19 marzo 2025
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Gaza ancora bombardata, la voce del parroco
Altre distruzioni dopo la ripresa dei bombardamenti israeliani sulla Striscia di Gaza. (foto Abed Rahim Khatib/Flash90)

Nella città di Gaza di nuovo sotto le bombe, la comunità cristiana vive tra ansia e preghiera lo choc di una ripresa così violenta della guerra. Padre Romanelli, parroco della comunità cattolica che ospita centinaia di sfollati, fa un appello per una pace vera


La pioggia di bombe che è ricominciata a cadere su Gaza nella notte tra il 17 e il 18 marzo ha messo fine a due mesi di cessate il fuoco in cui la tregua iniziata il 19 gennaio aveva sostanzialmente retto. Sei aree della Striscia sono state colpite, compreso il centro della città di Gaza, dove si trova l’unica chiesa cattolica del territorio, la parrocchia della Sacra Famiglia.

Il parroco, padre Gabriel Romanelli, religioso argentino della congregazione del Verbo incarnato, ci racconta al telefono come la comunità ha vissuto con sgomento la ripresa della guerra.

Uno scatto d’archivio di padre Gabriel Romanelli (foto Mazur/cbcew.org.uk)

«La situazione nella Striscia di Gaza è molto grave – spiega –. Ci siamo risvegliati al suono dei bombardamenti e alcune bombe sono cadute vicino a noi, a poche centinaia di metri, nei quartieri tra la chiesa cattolica e la chiesa ortodossa». La chiesa di San Porfirio, più a sud, e quella della Sacra Famiglia, più a nord, distano in linea d’aria circa due chilometri. Sono le uniche chiese cristiane della Striscia.

Sotto i bombardamenti del 18 marzo sono rimaste uccise oltre 400 persone e i feriti sono stati più di 500. Altri 24 civili sono stati uccisi il 19 marzo, secondo quanto riferisce Al Jazeera, mentre continuano i bombardamenti. Nei due mesi della fragile tregua c’erano stati comunque scontri e i morti erano stati 170.

«Qui non abbiamo avuto vittime o feriti – prosegue padre Romanelli –, non sono arrivate schegge, però il pericolo continua. Sono giunti ordini di evacuazione di diversi quartieri nel nord e nell’est della Striscia. Al momento non hanno interessato la nostra area».

Il Consiglio ecumenico delle Chiese e la Caritas internazionale hanno fortemente condannato la nuova escalation della violenza, chiedendo a tutte le parti in conflitto, in particolare a Israele, di rispettare i diritti delle persone più vulnerabili.

Il parroco è testimone di come le persone della comunità vivano con grande ansia questa ripresa della guerra. Le lezioni scolastiche organizzate dalla parrocchia sono state interrotte per il pericolo che rappresenta muoversi per le strade. «Continuiamo ad assistere i nostri rifugiati, che sono circa cinquecento – aggiunge –. Ci sono tra loro tante persone anziane e ammalati, oltre ai bambini disabili curati dalle suore di Madre Teresa». La maggior parte dei rifugiati ospitati negli spazi della parrocchia appartengono alla comunità cristiana, cattolici e ortodossi.

Con l’appoggio politico di Washington, dunque, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha deciso di riprendere gli attacchi dell’aviazione. I segni di quando la tregua fosse fragile erano però numerosi. Gli israeliani non si erano ritirati dal corridoio Filadelfia, lungo il confine tra la Striscia e l’Egitto. Hamas aveva bloccato il rilascio degli ostaggi. Così Netanyahu ha dichiarato che i negoziati «riprenderanno d’ora in avanti sotto gli attacchi».

Da due settimane i rifornimenti di cibo, medicine, carburante ed elettricità erano stati bloccati da Israele, per fare pressione su Hamas. Il 2 marzo, a poche ore dall’inizio del mese di Ramadan, sono stati chiusi i valichi di accesso alla Striscia. Il blocco delle forniture elettriche ha ridotto l’attività dell’impianto di desalinizzazione che fornisce acqua a centinaia di migliaia di persone e trovare acqua potabile è sempre più difficile. Mentre la maggioranza musulmana dei gazesi vive il tempo più spirituale dell’anno, il titolo del sito di informazione israeliano +972, «Digiunare mentre si muore di fame» dà il senso della vita in queste settimane nella Striscia.

Dopo il rilascio di 33 ostaggi israeliani, avvenuto a tappe in queste settimane di tregua, avvenuta in cambio della liberazione di duemila detenuti palestinesi, restano ancora 59 ostaggi nelle mani di Hamas e dei gruppi jihadisti. Metà di loro – secondo le autorità israeliane – potrebbero non essere più in vita. In Israele i familiari degli ostaggi ancora leggono la ripresa della guerra come una scelta politica di abbandono di queste persone e questi cadaveri al loro destino. Intanto la compagine governativa di Netanyahu si sta ricompattando, con l’annuncio del rientro dell’estrema destra di Itamar Ben-Gvir nell’esecutivo.

Fedeli laici e religiosi uniti, i cristiani di Gaza si affidano ogni giorno alla preghiera. Padre Romanelli invita a pregare molto per la pace: «Che il Signore ci conceda un passo nuovo, non soltanto il cessate il fuoco, ma la fine di questa guerra e l’inizio di un periodo di pace per tutta la Terra Santa, sia in Palestina che in Israele. Noi continuiamo a pregare tanto, con i laici, le suore di Madre Teresa, i religiosi e le religiose del Verbo Incarnato». Le giornate sono scandite da questi momenti: l’ora santa, il rosario, le lodi, la messa, la preghiera della sera con i giovani. «Con loro cerchiamo di portare avanti il più possibile le attività, anche se per l’emergenza di questi giorni sono sospese. Speriamo in un accordo duraturo – conclude –, per il bene di Gaza e di tutta la popolazione». (f.p.)

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