![Una clinica di Emergency nella Striscia di Gaza](https://www.terrasanta.net/wp-content/uploads/2025/02/EMERGENCY_Gaza_nuova-clinica3.jpeg)
Tra le molte iniziative internazionali che hanno preso forma dall'ottobre 2023 per il soccorso umanitario alla popolazione di Gaza c'è anche l'esperienza del personale sanitario di Emergency. L'ong fondata a Milano nel 1994 ha inagurato il 25 gennaio scorso una piccola struttura.
Il 25 gennaio scorso l’ong Emergency ha aperto ufficialmente una nuova clinica di salute primaria nella Striscia di Gaza. Si trova nell’area di al Qarara, una località nel sud, a ovest della città di Khan Yunis e all’interno della cosiddetta “area umanitaria”. Nell’area, fino alla tregua iniziata ufficialmente il 19 gennaio, si è concentrato il maggior numero di sfollati di tutta la Striscia: circa 2 milioni di persone, prive di tutto.
Abbiamo chiesto ad Alessandro Manno – rappresentante Paese di Emergency per i Territori occupati, attualmente in Italia – di spiegarci lo scenario in cui l’organizzazione si è trovata finora a operare, gli obiettivi del nuovo progetto, le prospettive.
Un iter difficile e lento
«Siamo entrati a Gaza a metà agosto 2024 – racconta Manno al telefono – già con l’idea di costruire una clinica per garantire assistenza di base alla popolazione perché c’era un enorme problema infrastrutturale. I bisogni sanitari erano di proporzioni vastissime e gli ospedali ancora operativi non riuscivano a gestirli, sia per mancanza di staff e farmaci, sia perché sovraffollati. Sapevamo che avremmo dovuto affrontare molteplici sfide per reperire a prezzi accessibili i materiali e quanto necessario. Le nostre preoccupazioni si sono poi rivelate fondate».
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Cure a un paziente ortopedico. (foto EMERGENCY)
A tali difficoltà si sono aggiunti ostacoli burocratici. Il principale è stata la lentezza nel ricevere la dichiarazione di deconfliction, ovvero il riconoscimento da parte dell’esercito israeliano (Idf), che l’area nella quale Emergency intendeva costruire sarebbe rimasta al di fuori di attività militari. «Il cantiere – continua Manno – ha finalmente aperto a inizio dicembre, due mesi dopo l’avvio della richiesta di deconfliction, avvenuta a settembre. Di solito, nella nostra esperienza in Paesi in guerra, per questo tipo di procedura è questione di 72 ore».
Le principali patologie
Nell’attesa della dichiarazione ufficiale di deconfliction, da novembre a oggi l’organizzazione aveva già iniziato a lavorare in un ambulatorio medico di base allestito sempre nell’area umanitaria, nella località di al Mawasi da un’organizzazione non governativa locale denominata Associazione cultura e libero pensiero (Culture & Free Thought Association – Cfta).
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Medicazione di un paziente nella clinica allestita non lontano da Khan Yunis. (foto EMERGENCY)
«In soli tre mesi abbiamo effettuato circa 7.300 visite», puntualizza il nostro interlocutore. Alla popolazione è stata fornita medicina di base – quindi primo soccorso e stabilizzazione delle emergenze prima del trasferimento in ospedale – ma anche cure infermieristiche post operatorie e attività ambulatoriale sulla salute riproduttiva per donne in gravidanza e neonati. «Abbiamo trattato patologie gastroenteriche, dermatiti, infezioni delle vie respiratorie connesse alle condizioni di vita delle persone, oltre a malattie croniche, tra cui l’ipertensione, acuite dal fatto che negli ultimi due anni i pazienti non avevano mai visto un medico…», conclude. Poi tiene ad aggiungere: «Ricordo che la nostra prima paziente è stata una donna in gravidanza. A tutti, nel quadro della situazione disastrosa che avevamo di fronte, quello è parso un piccolo segno di speranza e affermazione della vita, nonostante tutto».
Il problema dell’ingresso degli aiuti
Tutte le attività condotte finora sono state svolte “sotto l’ombrello” dell’Organizzazione mondiale della sanità – Oms anche per ovviare al problema dei farmaci e dispositivi medici già acquistati e spediti che, a oggi, non sono ancora stati autorizzati dalle autorità israeliane a entrare nella Striscia di Gaza. A Gaza l’Oms sta lavorando in coordinamento con varie organizzazioni che svolgono attività di tipo sanitario. Garantisce loro anche un quadro legale in cui inserirsi. «Per ora, il materiale di cui disponiamo è unicamente quello fornito dall’Oms», dice Manno. «Si tratta naturalmente di materiale limitato, sia in termini di quantità sia di ampiezza nella scelta. Ora, con la tregua, è aumentato l’ingresso degli aiuti e anche la disponibilità di beni di prima necessità. Speriamo che il cessate il fuoco possa accelerare tutto il processo d’ingresso di medicinali e strumentazione medica».
La nuova clinica
La nuova struttura è stata realizzata da una ditta locale con materiale reperito interamente sul posto. Lo staff di Emergency ha coordinato i lavori appoggiandosi a una base logistica posta ad Amman, in Giordania. Dopo la chiusura del valico di Rafah – ci spiega il rappresentante Paese – molte organizzazioni umanitarie che lavorano a Gaza hanno infatti spostato le loro basi di supporto nella capitale giordana.
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Gli ultimi lavori di allestimento della clinica. (foto EMERGENCY)
La clinica, aggiunge, è «sicuramente più semplice delle strutture che siamo abituati a costruire, con pareti in lamiera che prevedono un isolamento termico, pannelli solari, un pozzo, superfici lavabili per la zona operatoria, zanzariere». Lo spazio è diviso tra una sala d’attesa esterna, un pronto soccorso e una sala per le medicazioni, cinque ambulatori di cui uno ginecologico. Vi sono poi una stanza per le vaccinazioni, il dispensario e alcuni ambienti dedicati all’amministrazione. Al momento, nella struttura sono impegnati cinque espatriati tra medici, infermieri, un coordinatore e quasi venti persone locali (tra le quali guardie e addetti alle pulizie).
«Rispetto agli ospedali realizzati dalla nostra organizzazione in altri Paesi di guerra – commenta ancora Manno – questo è senza dubbio un edificio decisamente più essenziale, ma nonostante ciò i costi sono stati lo stesso assai alti, a causa del recupero dei materiali estremamente complesso. E immagino che ora, con la ripresa dell’edilizia, i costi nella Striscia lieviteranno ancora di più…».
Uno scenario in evoluzione
Al termine della telefonata, chiediamo a Manno uno sguardo sui prossimi mesi. «È evidente che è tutto da capire, in base a come saranno gli spostamenti della popolazione da sud a nord», risponde. «In questi giorni alcuni campi di sfollati si stanno svuotando, altri no. Una parte delle persone sta tornando alle proprie case – o meglio a ciò che ne rimane (si calcola che il 69 per cento del totale degli edifici nella Striscia sia stato distrutto, il 92 per cento sono abitazioni) – un’altra parte no. Anche perché nel frattempo nell’area umanitaria, quindi a sud, alcuni servizi sono stati ripristinati. Inoltre i costi per spostarsi spesso sono molto alti: parliamo di 600 dollari per un passaggio su un carretto per andare dal sud a alla città di Gaza. In sintesi, il domani è tutto da capire».
Un cammino iniziato trent’anni fa
Emergency è un’organizzazione internazionale nata per portare cure gratuite alle vittime civili delle guerre e della povertà. È stata fondata a Milano nel 1994 su iniziativa di Gino Strada, chirurgo di guerra. Il primo progetto – realizzato in Ruanda – ha riguardato la ristrutturazione e riapertura del reparto di chirurgia dell’ospedale di Kigali e la riattivazione del reparto di ostetricia e ginecologia.
Dal 1994 a oggi, l’associazione ha lavorato in venti Paesi, tra i quali: Iraq, Afghanistan, Cambogia, Serbia, Eritrea, Sierra Leone, Sudan, Uganda, Sri Lanka, Ucraina, Italia. Ha costruito ospedali, centri chirurgici e di riabilitazione, centri pediatrici, posti di primo soccorso, ambulatori mobili e poliambulatori, un centro di maternità e un centro cardiochirurgico.
Sin dai primi anni, l’associazione ha anche portato avanti la campagna che ha condotto l’Italia a mettere al bando le mine antiuomo. Nel 2002 si è fatta inoltre promotrice della campagna Fuori l’Italia dalla guerra, contro la partecipazione del nostro Paese alla guerra in Iraq, e della raccolta di firme per la legge di iniziativa popolare Norme per l’attuazione del principio del ripudio della guerra sancito dall’articolo 11 della Costituzione e dallo statuto dell’Onu, depositata alla Camera dei deputati nel giugno 2003.
Nel 2008 ha elaborato insieme ad alcuni Paesi africani il Manifesto per una medicina basata sui diritti umani per rivendicare una sanità basata su equità, qualità e responsabilità sociale. I princìpi lì esposti sono stati poi sviluppati fino alla definizione nel 2010 della Rete sanitaria d’eccellenza in Africa (African network of medical excellence – Anme), che collega undici Paesi per la costruzione di centri medici di eccellenza con l’obiettivo di rafforzare i sistemi sanitari nel continente africano.