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Masafer Yatta resiste (anche) al cinema

Anna Jannello
28 gennaio 2025
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Masafer Yatta resiste (anche) al cinema

Circola in questi giorni nei cinema italiani il docu-film No other land, dedicato all'annosa vicenda dei villaggi palestinesi nell'area di Masafer Yatta (dintorni di Hebron). Efficace opera prima di quattro giovani attivisti israeliani e palestinesi. Da vedere.


È quanto mai di attualità – dopo l’avvio dell’operazione Muro di ferro da parte dell’esercito israeliano per sgomberare il campo profughi di Jenin, in Cisgiordania – il docu-film No other land sulle devastazioni e i soprusi subiti negli ultimi trent’anni dalla comunità palestinese di Masafer Yatta, una ventina di piccoli villaggi nella zona collinare a sud di Hebron in Cisgiordania.

Premiato come miglior documentario al Festival di Berlino e agli European Film Awards – oltre che essere tra i candidati all’Oscar 2025 –, No other land sta riscuotendo molto interesse, anche da parte dei giovanissimi, per l’immediatezza del racconto, senza filtri e voci fuori campo. Le riprese sono in diretta grazie alla piccola videocamera di Basel Adra, giovane attivista palestinese che, correndo per schivare i proiettili, riprende l’azione delle ruspe, i volti dei militari, la disperazione delle donne, testimoniando la sistematica distruzione di case, ovili, campi coltivati.

«Ho cominciato a filmare quando è cominciata la nostra fine», dice Basel all’inizio del film, mentre le immagini mostrano un lugubre corteo di automezzi, ruspe, potenti 4×4 avanzare lungo il crinale che domina una frazione di Masafer Yatta. Le famiglie hanno a malapena il tempo di recuperare i materassi e qualche suppellettile prima che i bulldozer radano al suolo tutto in pochi minuti, andando poi via in fila indiana. Era l’estate 2019 e le riprese continuano fino a inizio ottobre 2023, interrompendosi pochi giorni prima del brutale attacco sferrato da Hamas ai kibbutz lungo il confine con la striscia di Gaza.

→ Leggi anche: Masafer Yatta, comunità sotto tiro

«Adesso è molto peggio, dal 7 ottobre 2023 tutto è diventato più pericoloso: fattorie e avamposti dei coloni si moltiplicano e ogni loro azione mira a impedirci di vivere. Decine di famiglie palestinesi sono state costrette ad andarsene», ha dichiarato Basel Adra in un’intervista. Gli israeliani bruciano le automobili, distruggono le strade, tolgono l’acqua chiudendo i pozzi con colate di cemento, estirpano gli ulivi approfittando del fatto che l’opinione pubblica è concentrata sulla totale distruzione in atto a Gaza (nei Territori occupati di Cisgiordania nel 2024 ci sono stati 1.432 attacchi dei coloni secondo l’Ufficio dell’Onu per il coordinamento delle questioni umanitarie – Ocha).

Nel costante lavoro di documentare e conservare la memoria della sua comunità, Basel non è solo: al suo fianco c’è Yuval Abraham, giornalista israeliano, suo coetaneo, nato a Gerusalemme. La loro condizione di vita è profondamente diversa pur abitando a soli trenta minuti di distanza in auto: Yuval non vive sotto una legge militare, la sera può tornare tranquillamente a casa, è libero di muoversi dove vuole mentre Basel, come milioni di palestinesi, è bloccato nella Cisgiordania occupata.

Il giovane reporter ha studiato l’arabo e, dopo il servizio militare, ha rifiutato di lavorare per i servizi segreti: «Imparare l’arabo ha realmente cambiato le mie opinioni politiche», confessa all’amico palestinese. Il lavoro in comune, il desiderio di far conoscere la lotta degli abitanti di Masafer Yatta anche in Israele sono il collante della loro amicizia. Basel impugna la videocamera come unica arma di difesa, Yuval condivide sui social i filmati e scrive articoli per testimoniare i crimini e le violenze israeliani. A completare il collettivo che ha scritto, diretto, prodotto No other land (distribuito in Italia da Wanted Cinema) sono Hamdan Ballal, fotografo palestinese originario della Cisgiordania e Rachel Szor, israeliana, direttrice della fotografia che vive a Gerusalemme. Tutti e quattro all’esordio cinematografico, con il loro lavoro hanno voluto sottolineare il valore della resistenza a Masafer Yatta per affermare l’identità palestinese.

«La lotta più dura è rimanere nella propria terra» dice un contadino e i video dei primi anni 2000, inseriti all’inizio del film, testimoniano la resilienza degli abitanti dei villaggi. «Il primo ricordo da bambino è l’arresto di mio padre, una notte, quando avevo cinque anni», racconta Basel mentre scorrono i filmati delle manifestazioni a cui partecipa con la madre, un secondo arresto del padre, la protesta del nonno contro i soldati, bellissima immagine di un anziano beduino che difende la sua terra.

All’inizio degli anni Ottanta, il governo israeliano destina la zona di Masafer Yatta ad area di addestramento militare sostenendo che gli abitanti dei villaggi, in maggioranza pastori e agricoltori, non vi hanno residenza permanente. Nel 2000 una parte delle famiglie ricorre in tribunale, ma i giudici non tengono conto dei documenti storici che dimostrano insediamenti palestinesi nei villaggi già prima del 1967 e la battaglia legale dura più di due decenni. Il 4 maggio 2022, la Corte suprema di Israele rende esecutiva la sentenza definitiva di sgombero di circa 1300 palestinesi da Masafer Yatta. Questo giustifica ulteriori violenze da parte dell’esercito che demolisce l’unica scuola – costruita dagli abitanti lavorando di notte gli uomini, di giorno le donne – costringendo gli scolari a scappare dalle finestre per mettersi in salvo. L’edificio era stato visitato da Tony Blair nel 2009 quando era inviato del Quartetto (Onu, Unione Europea, Usa e Russia) per la pace in Medio Oriente. Lo si vede nel filmato d’epoca. «Si è fermato sette minuti nel villaggio», ironizza Basel.


No other land
Un film di: Yuval Abraham, Basel Adra, Hamdan Ballal, Rachel Szor
genere: documentario
durata: 96 minuti
produzione: Norvegia / Palestina, 2024

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