L’autore di questo volume biografico è un palestinese cristiano ortodosso con cittadinanza israeliana nato a Nazaret nel 1955 e andato a vivere, con la moglie, nel villaggio di Neve Shalom Wahat al-Salam, l’Oasi di pace fondata nel 1972 dal domenicano Bruno Hussar (e altri) come esperienza unica – ostinata e costruttiva – di convivenza, fianco a fianco, di poche decine di famiglie israeliane (arabe ed ebree).
Il villaggio adagiato sulle colline tra Gerusalemme e Tel Aviv, non lontano dalla trappa di Latrun, è una delle schegge di speranza conficcate nell’oggi di una Terra Santa scossa dalla guerra e avvelenata da nuovi e mortiferi fremiti di odio, paura e inimicizia. Schegge piccole, minoritarie, imperfette. Ma se c’è una parte con la quale val la pena schierarsi, quella parte sono proprio questi laboratori di condivisione disarmata di una terra e di un destino comuni.
Il racconto dell’esperienza di Rizek – passato anche per Stati Uniti e Gran Bretagna prima di rientrare in Israele – è anche un racconto corale, come osserva Arturo Marzano nella Nota introduttiva, perché le vicende del protagonista e della sua famiglia si intrecciano con gli eventi salienti della storia contemporanea israelo-palestinese.
Del villaggio che ha eletto come casa Rayek scrive: «Qui l’intenzione è di valorizzare e rafforzare (non mettere da parte) queste identità, rispettando tutti senza escludere nessuno (abbiamo sempre avuto un certo numero di residenti che non sono né ebrei né palestinesi). (…) Tutte le altre comunità che ho studiato erano state fondate per far avanzare un insieme di convinzioni e uno stile di vita ben preciso (…) Il fondatore di Neve Shalom, padre Bruno Hussar, non obbligava i membri a seguire uno specifico stile di vita o particolari credenze. (…) Era sufficiente accettare gli altri come uguali».
Oggi la scuola elementare di Neve Shalom Wahat al-Salam fornisce istruzione primaria anche a molti (circa 200) piccoli allievi dei villaggi circostanti. Racconta l’autore: «Purtroppo la maggior parte dei bambini, in questa terra, frequenta scuole divise per ebrei e arabi, con il risultato che continueranno a relazionarsi sempre tra di loro come sconosciuti o addirittura nemici. Anche gli stereotipi saranno rinforzati finché il conflitto rimarrà irrisolto. Una scuola come la nostra rompe gli stereotipi, e aiuta i bambini a crescere come adulti tolleranti e di mente aperta. Il loro carattere è formato dall’esposizione diretta ad altri di diversa provenienza, con lingue, religioni e culture diverse. Se tutti i bambini del nostro paese avessero questa possibilità, sarebbe più semplice risolvere i conflitti (…) Come possiamo pretendere un qualsiasi cambiamento costruttivo, se insistiamo nel trasmettere ai nostri figli narrazioni ed esperienze che fomentalo la divisione e il disaccordo?».
Le prospettive dell’autore collimano con quelle del popolo palestinese. Il libro – redatto nella prima metà del decennio scorso e solo ora tradotto in italiano – offre stimoli interessanti per interpretare anche le cronache della Terra Santa in quest’ultimo tragico anno.
«La chiave principale necessaria per cambiare la situazione dal conflitto all’esistenza condivisa e comune è l’umanizzazione», scrive in una pagina del libro Rizek, vale a dire la rinuncia a falsare la realtà riducendola all’alternativa tra «noi» e «loro», umani e mostri, buoni e cattivi. (g.s.)
Rayek R. Rizek
Il giaguaro e il formichiere
Per una scelta di pace
Antonio Mandese editore, 2024
pp. 264 – 20,00 euro