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Abu Mohammed al-Golani alla testa dei ribelli siriani

Giuseppe Caffulli
6 dicembre 2024
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Abu Mohammed al-Golani alla testa dei ribelli siriani
Abu Mohammed al-Golani, in un fermo immagine di un'intervista rilasciata all'emittente statunitense Pbs nel febbraio 2021.

Fino a pochi giorni fa era «l’uomo forte di Idlib». Ora sta guidando gli insorti alla conquista di Aleppo, Hama e altre aree della Siria settentrionale. A lui obbedisce la fazione più potente in lotta contro il presidente Bashar al-Assad.


Barba nero corvino e una strana kefiah in testa, l’immagine di Abu Mohammed al-Golani ha fatto in breve il giro del web. Fino a qualche anno fa era una figura oscura nella complessa galassia di al-Qaeda. Ora «l’uomo forte di Idlib», colui che ha guidato gli insorti alla conquista (nessuno sa se temporanea o meno) di Aleppo, è a capo della fazione più potente in lotta contro il presidente siriano Bashar al-Assad.

Nelle televisioni arabe che hanno potuto trasmettere immagini da Aleppo, al-Golani appare intento a impartire ordini e ad organizzare l’ingresso (sembra per nulla osteggiato, finora, dall’esercito governativo) nella seconda città della Siria, la prima per peso economico fino allo scoppio della guerra civile nel 2011.

Chi è al-Golani

Oggi Abu Mohammed al-Golani è a capo di Hayat Tahrir al-Sham (Organizzazione per la liberazione del Levante) – precedentemente noto come Fronte al Nusra – dopo che dal 2016 ha interrotto i rapporti con al-Qaeda e si è concentrato nella scalata delle posizioni di comando nelle fazioni combattenti all’interno del governatorato di Idlib. Qui si sono concentrati negli scorsi anni almeno 60 mila miliziani (e 3 milioni di profughi) dopo che l’esercito siriano e i curdi hanno riconquistato gran parte del territorio settentrionale della Siria.

Mentre, il 30 novembre scorso, i ribelli entravano ad Aleppo, la più grande città della Siria prebellica, un video mostrava al-Golani in tenuta militare intento ad arringare i combattenti e a ribadire le direttive di proteggere la popolazione ed evitare di irrompere nelle case private.

Poche ore dopo aver conquistato Aleppo, al-Golani visitava la cittadella, nel centro storico, accompagnato da un combattente che sventolava una bandiera della rivoluzione siriana, un tempo stigmatizzata da al-Nusra come simbolo di apostasia, ma adesso «adottata» da Golani: un occhiolino strizzato al resto dell’opposizione siriana.

Gli esordi iracheni

Prima di militare nel Fronte al-Nusra, al-Golani aveva combattuto per al-Qaeda in Iraq, scontando anche cinque anni in una prigione statunitense. Era poi passato in Siria dal 2011, sotto le bandiere dello Stato Islamico (Isis) di Abu Omar al-Baghdadi. Sulla sua testa pende ancora taglia di 10 milioni di dollari posta da Washington, che nel 2013 lo ha iscritto nel libro nero dei terroristi.

Con l’intensificarsi della guerra civile siriana, in quello stesso anno, sono cresciute anche le ambizioni di al-Golani, che è arrivato perfino a sfidare al-Baghdadi che lo invitava a sciogliere il Fronte al Nusra e a integrarlo con i ranghi di al-Qaeda, per dare vita allo Stato islamico dell’Iraq e del Levante.

In un’intervista del 2014, rilasciata alla tivù qatariota Al-Jazeera al-Golani illustrava la sua visione politica che prevedeva una Siria governata dalla legge islamica e senza spazi per le minoranze alawite, sciite, druse e cristiane.

Il cambio di prospettive

Nel 2016, al-Golani si mostra per la prima volta in pubblico a volto scoperto, in un messaggio video in cui annunciava che al-Nusra avrebbe cambiato nome in Jabhat Fateh al-Sham (Fronte per la conquista del Levante), avrebbe tagliato il cordone ombelicale con al-Qaeda e si sarebbe concentrata sul territorio di Idlib. Una mossa che ha consentito ad al-Golani di affermare il pieno controllo sui gruppi militanti in crisi nella provincia di Idlib, che di fatto sono confluiti in Jabhat Fateh al-Sham.

Da allora al-Golani ha rinunciato alla tenuta militare e per indossare gli abiti civili ed iniziare a fare appello alla tolleranza religiosa e al pluralismo. Si è rivolto persino alla comunità drusa di Idlib, che precedentemente il Fronte al-Nusra aveva perseguitato, visitando le famiglie dei curdi uccisi dalle milizie sostenute dalla Turchia.

La trasformazione da leader jihadista vecchio stampo a politico apparentemente più moderato è sancita nel febbraio 2021 in un’intervista sul canale pubblico statunitense Pbs. Blazer firmato e capelli corti raccolti all’indietro, il leader di Jabhat Fateh al-Sham affermava che il suo gruppo non rappresentava una minaccia per l’Occidente e che le sanzioni imposte contro la Siria erano ingiuste.

Una fase nuova

Ora la discesa dei ribelli su Aleppo e sulle città vicine, insieme a una coalizione di gruppi armati sostenuti dalla Turchia e soprannominati Esercito nazionale siriano, sta rimescolando le carte e preoccupa fortemente Giordania, Iraq e Libano, che temono una possibile ricaduta regionale (l’ennesima).

Erano anni che le forze di opposizione siriane non conseguivano successi militari contro Assad. Il governo del presidente siriano, con il sostegno di Iran e Russia (ora impegnati su altri fronti), ha mantenuto il controllo di circa il 70 per cento del Paese, ma ha permesso anche una situazione di stallo che ha lasciato al-Golani e il suo gruppo jihadista Hayat Tahrir al-Sham in un cono d’ombra. La situazione ideale per preparare e sferrare la recente offensiva.

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