Giovanni Battista nacque e fu battezzato a Nonio, sul lago d’Orta, il 9 novembre 1585, ma della sua gioventù e infanzia non si hanno informazioni. La sua figura ricomparve nel 1612, quando, divenuto frate minore con il nome di Tommaso (fra Tommaso da Novara), fu nominato vicario custodiale di Terra Santa e si trasferì a Gerusalemme. Là, svolse un ruolo significativo nell’acquisto e la conservazione di alcuni Luoghi Santi e nello studio della lingua copta. Apprese l’arabo che gli permise, tornato nella penisola italiana, di creare una vera propria scuola per lo studio sistematico e filologico della lingua araba.
Nei dieci anni in cui visse in Terra Santa, Obicini ricoprì molti ruoli, che lo consegnano a noi come un’importante figura di cui non perdere la memoria: fu guardiano del convento di Aleppo (duplice mandato dal 1616 sino al 1620), dove svolse un ruolo nelle complesse fasi di riunificazione tra la Chiesa di Roma e i caldei (già nestoriani, cristiani orientali separatisi quando al concilio di Efeso del 431 furono condannate le dottrine del vescovo Nestorio – ndr). Il 14 marzo 1620 fu nominato custode di Terra Santa e, in questa veste, pochi mesi dopo incontrò l’influente principe libanese Fakhr ad-Din II (Faccardino) dal quale riuscì a ottenere la restituzione di uno dei luoghi santi più importanti: il santuario dell’Annunciazione a Nazaret, di cui aveva constatato lo stato di abbandono nel suo viaggio da Aleppo verso Gerusalemme.
Le trattative condotte da fra Tommaso e le concessioni politiche ottenute non terminarono qui: infatti ebbe la possibilità di riedificare un ospizio e una chiesa ad Acri, un convento presso Sidone e di acquisire il santuario di San Giovanni Battista ad Ain Karem, ritenuto il luogo in cui Maria incontrò Elisabetta e quest’ultima diede alla luce il Battista. Le trattative per Ain Karem sono ricostruite in alcuni scritti dello stesso Obicini. Tra il 1620 e 1621 ricoprì la carica di Commissario apostolico per tutto l’Oriente, con compiti amministrativi e politici, divenendo a tutti gli effetti l’ambasciatore della Santa Sede. La sua permanenza in Terra Santa ebbe termine in breve tempo: oltre al crescente potere ottomano, le mire espansionistiche di altri ordini religiosi e una situazione economica disastrosa convinsero il frate a lasciare il Medio Oriente e recarsi a Roma dal Papa, cui avrebbe espressamente chiesto aiuto per la difesa e protezione dei Luoghi Santi. Dalle fonti risulta che nell’aprile 1622 fra Tommaso rinunciò ufficialmente alla carica, per ritirarsi presso il convento di San Pietro in Montorio a Roma dove proseguì i suoi studi letterari e filologici e aprì un collegio per lo studio delle lingue orientali. Fu traduttore di una grammatica araba commentata e di un’opera introduttiva ai concetti filosofici e teologici dei musulmani. Curò l’edizione di testi copti, preparandone i caratteri per le edizioni a stampa.
Morì a Roma nel 1632, dopo avere avuto l’occasione, durante un passaggio da Milano, di visitare il piccolo paese natale, Nonio, nell’estate 1628. Qui fu riscoperto negli anni Ottanta del Novecento un suo ritratto in una casa del paese. Il dipinto fu poi donato alla parrocchia locale e, nonostante le sue condizioni conservative, rappresenta un’importante testimonianza visiva della figura di fra Obicini. Il dipinto, di autore ignoto, lo ritrae in abiti non consueti e dinanzi a una libreria in cui sono inseriti i suoi stessi scritti, facilmente riconoscibili e identificabili dai titoli abbreviati, tra i quali una grammatica araba e una copta. La crux gemina patriarcale al petto sottolinea l’importanza del ruolo che ricopriva in Oriente il custode di Terra Santa, così come l’anello e l’abito.
Attualmente la tela è conservata nella sacrestia della chiesa parrocchiale di San Biagio a Nonio. L’opera è stata sottoposta a un restauro virtuale, una tecnica sperimentale che ricorre a numerose riprese fotografiche con diverse metodologie che sono state poi elaborate mediante appositi software. Ne sono derivate due visioni di restauro: una con reintegrazione mimetica delle lacune e una di sola conservazione. Il restauro «mimetico» offre un aspetto più uniforme, mentre quello definito «archeologico» evidenzia le differenze tra originale e opera ripristinata, permettendo una maggiore trasparenza storica. Una ricerca innovativa che vuole essere propedeutica a un restauro non più solo «virtuale» dell’opera, in memoria di un Custode così importante per la storia della Terra Santa.
Terrasanta 6/2024
Il sommario dei temi toccati nel numero di novembre-dicembre 2024 di Terrasanta su carta. Nel dossier al centro: un altro Natale triste per Betlemme (e non solo). Senza pellegrini e turisti l'economia betlemita è in crisi e molti si rassegnano ad emigrare. La scelta di chi resta.
Natale senza luci
Molte famiglie palestinesi stanno emigrando da Betlemme. Nel dossier, grazie all’ascolto di diverse voci, cerchiamo di raccontare il clima di mestizia e di emergenza sociale che si respira anche quest'anno, con il Natale alle porte.