(g.s.) – Lo scorso 7 novembre la professoressa Francesca Romana Stasolla, responsabile del cantiere archeologico nella basilica del Santo Sepolcro nonché docente nel dipartimento di Scienze dell’Antichità dell’Università di Roma Sapienza, ha aggiornato nuovamente sull’andamento dei lavori i capi delle tre comunità responsabili del grande luogo sacro (vale a dire i patriarcati di Gerusalemme greco-ortodosso e armeno e i francescani della Custodia di Terra Santa).
Le indagini nel sottosuolo della basilica sono proseguite nel corso del 2024 in parallelo con lo studio delle fonti scritte, iconografiche e cartografiche, che si è fatto ancora più intenso. Negli ultimi mesi, spiega Stasolla in un comunicato stampa, le attività di scavo si sono concentrate nell’area di ingresso della basilica (aree U e N nella mappa sottostante), nella parte meridionale del deambulatorio (P) e nell’area francescana a nord (T, R, S).
Anche se i lavori, iniziati due anni fa, sono ancora in corso – e molto resta da fare – è possibile trarre alcune conclusioni preliminari.
Una cava di antica data…
Dalle indagini degli archeologici emergono conferme. L’area del centro storico di Gerusalemme in cui sorge la basilica fu, secoli fa, effettivamente utilizzata come cava: «il piano roccioso ha subito nel tempo profonde trasformazioni dovute all’attività estrattiva, che ha un andamento da nord-est a sud-ovest, con forti variazioni di profondità, che superano i 5 metri».
Si notano diversi tipi di sfruttamento. Quello di tipo «industriale, con profondi tagli a sega» lo si rinviene sotto l’area della navata nord ed è chiaramente il più antico, mentre nell’area della meridionale della Rotonda si riscontra un’estrazione di blocchi più piccoli. La cava è molto antica ed è rimasta attiva a lungo. Anche se non è possibile definire quanto sia durata la fase di sfruttamento più organizzata e invasiva, osservano gli archeologi dell’Ateneo romano, «sono stati comunque riconosciuti momenti estrattivi diversi, e che vedono le ultime e più sporadiche estrazioni legate al momento del cantiere paleocristiano».
… parzialmente riconvertita a vigneti e uliveti
Una porzione della cava appare dismessa già durante l’età del Ferro (1.200-600 a.C). «Cessata l’attività estrattiva – prosegue il comunicato della Sapienza –, bassi muri a secco furono eretti per creare piccole aree a coltivo, secondo un uso molto diffuso nelle cave dismesse. Nello specifico, le analisi archeobotaniche, e soprattutto le analisi polliniche, hanno dimostrato la presenza di coltivazioni di ulivo e di vite».
All’inizio del II secolo tutta l’area venne inclusa nel perimetro urbano a seguito della rifondazione dell’imperatore Adriano, che diede a Gerusalemme un nuovo nome: Aelia Capitolina. Fu in quel frangente che si dovette provvedere in qualche modo a uniformare i livelli, per agganciar l’area della cava alla viabilità urbana, tramite il riempimento con materiali di riporto delle aree più depresse. «Il profondo dislivello fra il costone roccioso posto ad est, nel quale si apriva la tomba (il Santo Sepolcro – ndr), e che sarà intaccato solo in età costantiniana, ed il centro della città, lungo il cardo orientale, era profondo almeno 5 metri».
Luogo di culto romano
Le antiche fonti cristiane (Eusebio di Cesarea, Cirillo di Gerusalemme, Girolamo, gli itinerari di pellegrinaggio a partire dalla prima metà del IV secolo ecc.) riferiscono che quello spazio era stato occupato da un luogo di culto romano, che aveva reso non più accessibile la tomba. Benché non ancora conclusi, gli scavi archeologici in corso hanno individuato un’area che doveva essere occupata dalla struttura di culto di età adrianea. «Si tratta di un’area di minori dimensioni rispetto a quella ipotizzata da[l’archeologo francescano padre Virgilio] Corbo, che difficilmente può essere identificata come il Capitolium. Certamente – annota la professoressa Stasolla – la struttura di culto doveva chiudere ad ovest l’accesso alla tomba venerata, impedendone quindi la visita, ma mantenendone il ricordo. Gli scavi devono proseguire nella navata nord della chiesa attuale, per poter avere ulteriori conferme».
Con Costantino tutto cambia
Giungiamo agli inizi del IV secolo d.C. e siamo in epoca costantiniana (quando viene eretta la prima basilica cristiana nei luoghi della crocifissione e sepoltura del Signore Gesù – ndr). L’intera collina risulta spianata con un’operazione le cui tracce sono ben visibili ancor oggi agli archeologi. A seguito di questa operazione, fu risparmiata una camera funeraria, che venne foderata all’esterno con un rivestimento che segnò l’avvio di un processo di monumentalizzazione (che condurrà, nel tempo, fino all’attuale edicola del Santo Sepolcro). Il risultato allora dovette essere un piccolo santuario circolare con un’anticamera preceduta da tre gradini e circondato da 12 colonne che definivano una pianta circolare. «Di fronte – leggiamo nel comunicato firmato dalla professoressa Stasolla –, uno stilobate doveva sostenere un colonnato, ma risulta al momento visibile solo in parte. Nulla al momento fa ipotizzare la presenza di una copertura, per cui è assai probabile che questa prima sistemazione potesse essere all’aria aperta, nel frattempo che si andavano compiendo i lavori per la Rotonda. In questo modo sarebbe stato possibile consentire comunque lo svolgersi delle cerimonie attorno all’edicola e da garantire il passaggio di pellegrini e di visitatori attorno a monumento».
Alla fine del IV secolo si conclusero certamente i lavori della Rotonda, il cui nuovo assetto indusse anche un rinnovo dell’Edicola. Secondo le testimonianze scritte dell’epoca, la Rotonda doveva connettersi con la basilica liturgica cristiana per mezzo di un triportico. Gli scavi in corso hanno permesso di rintracciare alcune porzioni dello stilobate lungo i lati nord, est e sud e consentito di meglio comprendere la curva absidale della grande chiesa e di mettere a fuoco la tecnica muraria della fondazione, realizzata in grandi blocchi di pietra locale che solo occasionalmente riutilizza elementi precedenti.
Nei pressi della tomba venerata nel corso del IV secolo va sorgendo un complesso santuariale articolato, che include luoghi di culto e di venerazione, liturgie differenziate, percorsi di visita. La conformazione del complesso consente ai pellegrini di circolare attorno ai punti di venerazione, ma anche trovare riparo sotto i portici, secondo le modalità ben note per i santuari precristiani e della prima età cristiana.
Val la pena ricordare, in chiusura, che l’attuale lavoro degli archeologi precede quello dei tecnici chiamati a dotare la basilica di nuovi cablaggi e impianti elettrici e di nuove reti fognarie e idrauliche. Infine, è prevista la sostituzione delle lastre del pavimento irreparabilmente danneggiate o usurate.
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