Il vescovo Jallouf: Nelle difficoltà della Siria l’esempio dei nostri martiri ci sprona
È molto dispiaciuto, ma sereno. «Vivrò questo grande evento insieme alla mia gente. Ho cercato in tutti i modi di poter partire per Roma per essere presente alla canonizzazione dei nostri santi martiri di Damasco, domenica 20 ottobre. Dopo che Israele ha bombardato la strada tra Damasco e Beirut, ho cercato un volo da Amman. Ma alla fine tutte le tratte sono state cancellate». La voce del vicario apostolico di Aleppo dei Latini mons. Hanna Jallouf, frate minore della Custodia di Terra Santa, arriva a scatti dal telefono. Non è infatti sempre semplice stabilire una comunicazione con la Siria, specialmente con una città profondamente toccata dalla guerra, le cui ferite sono tutt’altro che sanate.
La Siria va male e anche i cristiani emigrano
«La situazione del nostro Paese è molto critica, le cose vanno malissimo – rincara la dose mons. Jallouf –. I bombardamenti d’Israele sulla Siria vanno avanti, ma nessuno ne parla. Hanno toccato Damasco, Homs, una località vicino a Tartus, sulla costa. La gente non ha soldi e il carovita aumenta. Nelle parrocchie affidate ai frati della Custodia abbiamo aperto quattro cucine che offrono 2.500 pasti al giorno. C’è anche il problema delle medicine e dell’accesso alle cure mediche. Tutti i giorni abbiamo gente in fila davanti alle chiese per avere un pezzo di pane o un aiuto per pagare una bolletta. Poi c’è chi non ha casa. E la guerra in Libano, scoppiata a fine settembre, ha fatto esplodere anche il prezzo degli affitti delle case, con l’arrivo di un milione e 200 mila profughi, secondo i dati forniti dal governo siriano in questi giorni. Damasco, Homs e Hama sono strapiene di profughi. Molti stanno arrivando anche ad Aleppo, e se sarà necessario stiamo pensando di aprire le nostre chiese e le nostre case per ospitarli. Sono sia siriani che tornano, sia tanti libanesi».
La fotografia che il vicario apostolico di Aleppo fa della Chiesa siriana mostra ferite aperte, ma anche il segno che lo Spirito Santo opera e non abbandona i suoi figli. «Da 300mila cristiani che eravamo ad Aleppo ne restano forse 25mila. Questa diaspora dura da quasi 13 anni. Ma nella situazione attuale di disperazione tutti vogliono andare via per trovare un futuro per i figli. Ogni giorno ci sono persone che ci chiedono un aiuto per partire, verso qualsiasi parte del mondo».
Ma non tutto è oscurità
Qualche luce nel buio però brilla. «Le nostre chiese sono piene; sono tantissimi i bambini. Qualche settimana fa, ad Aleppo, ho celebrato una messa con 1.200 bambini per l’inizio dell’anno catechistico. In quest’ultimo anno ho ordinato cinque diaconi e due sacerdoti. Una grazia».
Monsignor Jallouf è vicario apostolico di Aleppo da poco più di un anno. Venne ordinato vescovo il 17 settembre 2023. «In questo primo anno di episcopato – spiega – ho cercato di visitare tutte le parrocchie, case e congregazioni religiose di rito latino presenti in Siria. Ho toccato con mano lo straordinario lavoro che stiamo facendo. Un lavoro riconosciuto anche dalle autorità civili. Sono orgoglioso di questo. Nel vicariato lavorano oggi 182 suore, oltre 60 consacrati tra religiosi e sacerdoti. Come vescovo non smetto di spiegare che non dobbiamo, però, essere identificati come dispensatori di aiuti. Ho appena terminato un incontro di formazione a cui hanno partecipato 120 tra preti e suore. Desidero che i miei preti e le mie suore abbiano una vita spirituale solida. Quello che facciamo come aiuto ai poveri deriva proprio dal nostro essere ancorati alla fede in Gesù Cristo. Questo deve essere sempre più chiaro».
A Roma, tra due giorni, insieme con Giuseppe Allamano, fondatore dei Missionari della Consolata, Elena Guerra, fondatrice della Congregazione delle Oblate del Santo Spirito e Marie‑Léonie Paradis, fondatrice della Congregazione delle Piccole Suore della Santa Famiglia, saranno canonizzati i frati minori Manuel Ruiz López, Carmelo Bolta Bañuls, Engelbert Kolland, Nicanor Ascanio de Soria, Pedro Soler Méndez, Nicolás María Alberca Torres, Francisco Pinazo Peñalver e Juan Jacobo Fernández y Fernández, insieme ai laici Francis Masabki, Abd-al-Muti Masabki e Rufayil Masabki, uccisi per odio alla loro fede cristiana a Damasco il 10 luglio 1860.
«Il Papa ha voluto canonizzare i martiri siriani mentre si sta per concludere l’assemblea del Sinodo dei Vescovi in corso in Vaticano per una ragione ben precisa. I nostri martiri, gli otto frati della Custodia di Terra Santa, erano missionari stranieri. I tre laici erano invece siriani maroniti. Il messaggio che il Santo Padre ha voluto lanciare è questo: la Chiesa universale cammina con due gambe, quella dei consacrati e quella dei laici. Nel dare la vita per Cristo ha mischiato in maniera inscindibile il loro sangue. Se la Chiesa non cammina con queste due gambe, quella dei consacrati e quella dei laici, zoppica. La Chiesa tutta è unita nel sangue di Cristo».
«Noi siriani saremo a Roma con il cuore»
Prende un respiro, mons. Jallouf. E dalla voce lontana traspare in velo di emozione. «Il Santo Padre deve star sicuro! Noi cristiani di Siria non possiamo essere presenti fisicamente alla canonizzazione, ma saremo a Roma con il cuore. Nelle nostre chiese avremo maxischermi per trasmettere in diretta la messa. E sono sicuro che sarà un momento di grande gioia. Poi il 27 celebrerò una messa solenne nella chiesa di Bab Touma a Damasco, la parrocchia dei frati della Custodia di Terra Santa che custodisce le reliquie dei santi martiri. Il 17 novembre, con una messa a Harissa (in Libano), faremo comunione con i fratelli della Chiesa maronita. Evento che ripeteremo anche il 22 novembre a Damasco, con la comunità maronita della città».
«Come cristiani e come popolo siriano – soggiunge il vescovo – stiamo vivendo una sorta di martirio quotidiano, a causa della guerra che perdura e delle sanzioni internazionali che impediscono una vita degna alla gran parte delle famiglie. Ma l’esempio dei nostri santi martiri si propone come una testimonianza d’amore verso Cristo e la Chiesa che porterà certamente molto frutto».