In Occidente guardiamo con apprensione agli eventi bellici in corso in Libano e aspettiamo ciò che può ancora accadere in Iran. Intanto la Striscia di Gaza sembra essere finita in un cono d’ombra. Ci siamo assuefatti ai bombardamenti che causano anche stragi di civili e prendiamo per buona ogni frettolosa “spiegazione”, prima di passare ad altro.
Eppure in quel lembo di terra le misere condizioni della popolazione sfollata continuano a degradarsi. A dirlo non sono solo le organizzazioni umanitarie sul campo, o “agitatori” filo-palestinesi, o le Nazioni Unite. Lo riconosce anche il governo degli Stati Uniti (che pure non deflette dall’incondizionato sostegno militare e diplomatico a Israele).
In una lettera dello scorso 13 ottobre – riprodotta sulla testata Axios dal giornalista israeliano Barak Ravid – il segretario di Stato Antony J. Blinken e il ministro della Difesa Lloyd J. Austin da Washington scrivono al ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant e al suo collega per le Questioni strategiche Ron Dermer. «La situazione umanitaria per oltre due milioni di civili a Gaza è sempre più disperata», scrivono i due ministri statunitensi. «Siamo particolarmente preoccupati – soggiungono – perché recenti azioni del governo israeliano, come il blocco alle importazioni commerciali, il negare o impedire circa il 90 per cento dei movimenti umanitari tra il nord e il sud di Gaza in settembre, il continuare a imporre restrizioni onerose ed eccessive sulle merci a duplice uso [cioè considerati pericolosi perché possono essere impiegati a scopo sia civile sia militare – ndr], l’istituire nuovi controlli e pesanti requisiti di responsabilità e doganali per il personale umanitario e le spedizioni – insieme all’aumento dell’illegalità e dei saccheggi – stanno contribuendo a un rapido deterioramento delle condizioni a Gaza».
Con l’inverno alle porte, la lettera chiede un cambiamento di rotta e suggerisce una serie di misure da adottare. (g.s.)