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Tra due fuochi, gli sfollati del Libano meridionale

Giovanni Verga
30 agosto 2024
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Tra due fuochi, gli sfollati del Libano meridionale
Ordigno al fosforo lanciato dalle forze armate israeliane esplode nel cielo Aadaysit, centro urbano del Libano meridionale il 26 maggio 2024. (foto Ali Hashisho/Xinhua/Abacapress.com)

Da mesi l’esercito israeliano bersaglia l’area di confine del Libano meridionale. Nel mirino ci sono le installazioni di Hezbollah, da cui partono razzi e droni verso l'Alta Galilea, ma sono stati colpiti anche villaggi sciiti, drusi e cristiani e infrastrutture civili.


«Grazie a Dio mia sorella ci ospita qui nella sua casa ad Haret Hreik (sobborgo meridionale di Beirut – ndr), altrimenti non avremmo saputo davvero dove andare». A parlare è Rabia, un agricoltore fuggito dal villaggio di Aytaroun, nel sud del Libano, dopo che la sua casa e i suoi campi sono stati bombardati dall’esercito israeliano. Le bombe al fosforo distruggono tutto: «La nostra famiglia viveva grazie a 400 alberi di ulivo – prosegue Rabia –, molti piantati da mio nonno e che avevano quasi cent’anni, e a un piccolo a allevamento di pollame. Alla fine di ottobre, all’improvviso sono arrivate le bombe al fosforo bianco e dei nostri alberi non è rimasto nulla. Il fuoco ha distrutto anche la stalla. Avevamo appena iniziato a raccogliere le olive, ora tutto è perduto. Non so come farò a nutrire la mia famiglia e a mandare i bambini a scuola».

Gli 86mila sfollati, «vittime collaterali» del conflitto tra Israele e Libano. Di loro si parla poco, ma dall’8 ottobre 2023, secondo l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), questi libanesi sono stati costretti ad abbandonare le loro case nel sud del Paese a causa dei continui bombardamenti israeliani. 31mila sono bambini, e l’esodo non si arresta. Coinvolge anche i rifugiati siriani che vivevano sotto le tende degli insediamenti informali. Dopo mesi di guerra lungo questo martoriato confine si contano, sul lato libanese, più di 200 vittime di cui almeno 40 civili, centinaia di case colpite e le bombe incendiarie al fosforo bianco hanno distrutto 50mila alberi di olivo e altre coltivazioni in una delle principali regioni agricole del Libano.

Dall’inizio delle ostilità con Hezbollah, l’esercito israeliano ha preso di mira l’area di confine del Libano meridionale, villaggi cristiani, drusi, sunniti e sciiti. Obiettivo sono le installazioni del movimento sciita, ma ad essere colpiti sono anche civili e infrastrutture statali. Sono stati registrati oltre 34 attacchi contro l’esercito libanese, con la morte di un militare. Sono stati uccisi civili e giornalisti, colpite aree residenziali, strade pubbliche, moschee, chiese, scuole, nonché ospedali e centri sanitari. Sono stati presi di mira più di 90 villaggi, alcuni più di altri, come Aita al-Shaab, dove, secondo il quotidiano L’Orient-Le Jour, un terzo delle case è rimasto danneggiate.

Vittime anche della crisi economica

Gli sfollati sono vittime anche della crisi economica che da quattro anni devasta il Paese e che riduce al minimo le, già scarse, capacità di intervento del governo libanese, che ha potuto attivare un piano d’emergenza più che limitato. Non ha potuto contribuire all’evacuazione e per quanto riguarda gli alloggi ha reso disponibili alcuni rifugi temporanei per poco più di un migliaio di sfollati, aprendo alcune scuole e altri edifici pubblici, ha preparato il settore sanitario a ricevere e curare i feriti e a fornire assistenza a costi ridotti agli sfollati e ha cercato di coordinare gli interventi delle organizzazioni internazionali presenti in Libano. A questo si aggiunge il disinteresse della comunità dei Paesi donatori che ha stanziato per la crisi degli sfollati finanziamenti irrisori.

Gli abitanti del Libano meridionale sono in gran parte agricoltori e lavoratori giornalieri. Vivono letteralmente dei frutti della terra che lavorano, soprattutto dopo il collasso economico del Paese. Il conflitto ha colpito nel bel mezzo della stagione della raccolta delle olive, da cui molti dipendono. Era anche la stagione della preparazione dei muneh (conserve e marmellate di ogni tipo – ndr) che li aiutano a superare l’inverno. Inoltre, dicembre e gennaio erano i mesi in cui i coltivatori vendono il tabacco essiccato e confezionato.

Al di là della necessità di dover piantare da zero coltivazioni di olivi, noci, aranci, ecc. si deve tenere conto degli effetti del fosforo bianco e delle bombe a grappolo che causano degrado del territorio, inquinamento chimico e contaminazione da resti esplosivi. Il ministero dell’Ambiente libanese ha recentemente annunciato di aver trovato livelli elevati di metalli pesanti e 900 volte la quantità normale di fosforo nel suolo delle aree colpite dall’artiglieria israeliana.

«Nessuno parla di noi – dice Rabia – in Libano la paura della guerra sovrasta il nostro dramma, all’estero nessuno si occupa dei contadini del Sud. E noi se mai torneremo a casa cosa troveremo?».


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