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Il Volto Santo di Manoppello

Francesca Cosi e Alessandra Repossi
11 luglio 2024
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Il Volto Santo di Manoppello
Il rosone della basilica santuario di Manoppello. (foto di Alessandra Repossi)

Ai piedi della Maiella, nella campagna di Pescara, sorge un paesino di settemila anime che da un quarto di secolo vede affluire folle di pellegrini da tutto il mondo: è Manoppello, che custodisce l’immagine del Volto Santo di Cristo. Tra storia e leggenda, siamo andati alla scoperta di questa misteriosa reliquia


Visitiamo il borgo di Manoppello in un giorno feriale di bassa stagione, ma troviamo subito conferma della sua fama: proprio mentre arriviamo, un pullman scarica davanti alla basilica una folta comitiva di pellegrini tedeschi. «Abbiamo tanti gruppi di filippini, indonesiani, polacchi e tedeschi che vengono a farci visita», conferma il rettore del santuario, il cappuccino padre Antonio Gentili.

Questa fama mondiale si deve ad alcuni religiosi e studiosi che nell’ultimo mezzo secolo si sono dedicati a diffondere, grazie anche ai media, una teoria: il Volto Santo di Manoppello sarebbe il Sudario, ossia un fazzolettino di stoffa finissima che Maria avrebbe steso sul volto di Gesù prima che questi venisse avvolto nel lenzuolo funebre per la sepoltura (lenzuolo che viene identificato con la Sindone di Torino).

L’esterno del santuario di Manoppello, custodito dai frati minori cappuccini. (foto di Alessandra Repossi)

Racconta padre Gentili: «È proprio l’evangelista Giovanni a parlarcene nel capitolo 20, quello in cui descrive la scoperta del sepolcro vuoto da parte della Maddalena. La donna corre subito a chiamare Pietro e l’altro discepolo amato dal Signore, cioè Giovanni. Pietro entra per primo nel sepolcro e vede da una parte i teli e dall’altra il sudario “che era stato sul capo” di Gesù. E qui c’è il versetto cruciale: “Giovanni vide e credette”. Ora la domanda è questa: che cosa vide Giovanni per credere?».

Stando alla teoria oggi condivisa da molti, vide impressa sul sudario la prova della risurrezione, ossia l’immagine di Cristo con gli occhi spalancati e la bocca socchiusa a mostrare i denti, e quindi vivo, appena risorto. Questa sarebbe proprio l’immagine che si conserva oggi a Manoppello, su un piccolo telo semitrasparente di 17×24 centimetri che si può ammirare da entrambi lati, posto sopra l’altare maggiore.

Tra i primi a raccontare questa storia il giornalista Renzo Allegri, che nel 1978 pubblicò sul settimanale Gente un articolo, poi tradotto in tedesco. Poco tempo dopo, il suo scritto finì tra le mani di una religiosa che ha ricoperto e ricopre tuttora un ruolo fondamentale nella diffusione delle teorie relative al Volto Santo: suor Blandina Paschalis Schlömer. Suor Blandina è una monaca trappista tedesca, oggi ottantunenne, che dopo la lettura di quell’articolo ha consacrato la vita al Volto Santo e vive da eremita proprio a Manoppello, in una casa in collina affacciata sulla basilica. Dipinge icone da sempre e il primo disegno che realizzò quando a 15 anni le regalarono i colori a olio fu proprio quello del viso di Cristo.

È stata lei a sostenere la perfetta sovrapponibilità della Sindone con il Volto Santo, ipotesi poi condivisa anche da un gesuita scomparso nel 2021, padre Heinrich Pfeiffer, che fu docente di Storia dell’arte cristiana alla Pontificia Università Gregoriana.

Stando ai loro studi, sovrapponendo i volti raffigurati sui due teli di Torino e Manoppello esisterebbero dieci punti di contatto, non solo per quanto riguarda occhi, naso e bocca, ma anche per la posizione delle ferite, il che li ha portati a concludere che debbano essersi prodotti quando erano a contatto con il volto di Cristo.

Si tratterebbe infatti, in entrambi i casi, di immagini acheropite, ossia non realizzate da mano umana, ma apparse da sole in modo miracoloso. Una conferma in tal senso sarebbe arrivata nel 2004 grazie a Chiara Vigo, tessitrice sarda esperta di bisso marino, una sorta di seta naturale pregiatissima, di colore bruno-dorato, che in passato veniva prodotta a partire dai filamenti secreti da un grosso mollusco bivalve. La donna visitò la basilica di Manoppello e dichiarò che la tela del Volto Santo poteva essere proprio di bisso marino, ma per confermarlo avrebbe dovuto toccarla, cosa impossibile in quanto è protetta dal vetro su entrambi i lati.

Padre Pfeiffer ha anche provato a spiegare come il Volto Santo sia giunto in terra abruzzese, ossia compiendo un lungo periplo che lo avrebbe portato prima a Camulia, in Cappadocia (Turchia), poi nel 574 a Costantinopoli. Qui veniva usata come immagine protettrice della città e portata in battaglia per difendere l’esercito o appesa alle mura cittadine in caso di assedio, poi scomparve. Stando al gesuita, non venne distrutta in guerra, ma fu inviata a Roma durante il regno di Giustiniano II (fine del VII secolo) per essere messa in salvo. Non era però possibile esporla, in quanto apparteneva ancora alla città di Costantinopoli; quindi, fu tenuta nascosta fino alla sua caduta nel 1204 per mano dei crociati. Ma dove? Pfeiffer riteneva che il luogo fosse San Pietro, dove la reliquia era venerata con il nome di Veronica Romana. Dopodiché la Veronica, ossia il Volto Santo, sarebbe stata trafugata (sebbene il Vaticano non abbia mai ammesso niente del genere) e avrebbe raggiunto Manoppello. Padre Pfeiffer è giunto a tali conclusioni grazie all’unico esame archeologico condotto nel 1907 da monsignor Joseph Wilpert sulla Veronica Romana, tuttora conservata in San Pietro. Questo religioso e archeologo rilevò che la tavola era stata restaurata più volte e che in un’occasione vi era stato applicato un velo dipinto. Padre Pfeiffer dedusse che tale velo era stato apposto sulla tavola proprio per sostituire il Volto Santo trafugato. Quella che conosciamo oggi come Veronica Romana sarebbe solo un tentativo maldestro di non far trapelare la faccenda del furto.

Il reliquiario che conserva il telo con il Santo Volto, posto sopra l’altare maggiore della chiesa e protetto da un cristallo, che riflette le vetrate policrome dell’abside. (foto di Alessandra Repossi)

Ma cosa c’è di accertato in tutto questo? In effetti, la storia del Volto Santo è documentata solo dalla metà del Seicento in avanti. Quindi tutte le teorie elaborate dallo studioso gesuita rimangono nel campo delle ipotesi. Risale però al 1646 una pergamena, oggi conservata dai frati cappuccini dell’Aquila, intitolata Relatione historica d’una miracolosa imagine del volto di Christo. Il documento racconta la storia del Volto Santo di Manoppello risalendo fino al Cinquecento, quando vi sarebbe stato portato da un forestiero, «d’aspetto religioso e molto venerando», che giunse nella piazza del paese, prese da parte un medico del posto, Giacomantonio Leonelli, dicendogli che doveva parlargli di una cosa segreta, e lo condusse fino alla chiesa intitolata a San Nicola di Bari. Qui gli consegnò «un fardelletto» e gli disse di conservarlo con cura, «perché Dio gli avrebbe fatto molti favori e avrebbe sempre prosperato e nelle cose temporali e in quelle spirituali». Diversi anni dopo la reliquia sarebbe stata venduta, narra ancora la Relatione, da un’erede del medico, tale Marzia Leonelli, che aveva bisogno di denari per aiutare il marito rinchiuso in carcere. L’uomo infatti aveva dapprima sottratto con la forza l’immagine sacra agli altri eredi, parenti della moglie, poi l’aveva trattata con scarsa devozione, tanto che la sua famiglia era andata in rovina e lui stesso era stato imprigionato. La donna vendette quindi il Volto Santo per farlo uscire dal carcere e fu così che l’immagine finì nelle mani di Donato Antonio De Fabritiis, notabile del luogo, che nel 1638 la donò ai cappuccini di Manoppello. Nel 1646 la Relatione che ratificava quel lascito venne letta e autenticata da un notaio alla presenza del predicatore cappuccino fra Donato da Bomba, di De Fabritiis e di tredici anziani, che firmarono il documento.

Il Volto Santo è quindi sicuramente attestato a Manoppello dalla prima metà del Seicento (oppure dal Cinquecento, se vogliamo credere a quanto è scritto sulla pergamena), ma la sua celebrità e le grandi folle di pellegrini sono arrivate solo a partire dai primi anni Duemila, grazie anche alla visita di papa Benedetto XVI, la cui effigie è oggi rappresentata su uno dei portali della chiesa. Il primo settembre 2006, infatti, il pontefice ha visitato la chiesa e pregato di fronte alla reliquia, dopodiché la chiesa è stata elevata al rango di basilica e il suo richiamo presso i fedeli è cresciuto.

Ma le questioni legate all’autenticità della reliquia sono relative, secondo padre Gentili, perché in fondo il punto più importante è un altro: «Io penso che la cosa fondamentale sia che quando si incontra il Volto Santo di Manoppello può nascere il vero cammino di fede del cristiano. Qui noi cerchiamo di accogliere i pellegrini con un sorriso, facendoci trovare pronti nell’annuncio di questa straordinaria reliquia, di questa esperienza che noi stessi abbiamo fatto nella nostra vita: l’esperienza di uomini e donne risorti».

Manoppello celebra la sua reliquia due volte all’anno: la terza domenica di maggio per ricordare la consegna dell’immagine sacra a Giacomantonio Leonelli da parte del pellegrino sconosciuto e il 6 agosto, festa della Trasfigurazione di Gesù, secondo una tradizione locale che risale al 1690.

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