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A Gaza migliaia di dispersi secondo Addameer e la Croce Rossa

Manuela Borraccino
17 luglio 2024
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A Gaza migliaia di dispersi secondo <i>Addameer</i> e la Croce Rossa
Uno scorcio di Rafah, nell'estremo sud della Striscia di Gaza, il 15 luglio 2024. (foto Oren Cohen/Flash90)

Le truppe israeliane sarebbero responsabili di abusi e arresti arbitrari nella Striscia, secondo un rapporto dell’associazione per i detenuti palestinesi Addameer. Dal canto suo, la Croce Rossa parla di 6.400 dispersi, inclusi i morti sotto le macerie.


Arresti di massa, trattamenti disumani, divieto di accesso alle organizzazioni umanitarie nelle carceri, ma soprattutto «sparizioni forzate» come recita il titolo del rapporto pubblicato lo scorso 7 luglio dall’associazione per il sostegno e i diritti umani dei detenuti palestinesi Addameer. Un rapporto che segue la denuncia di sparizioni di centinaia di donne già formulata in occasione dello scorso 8 marzo. Per parte sua il Comitato internazionale della Croce Rossa ha confermato al quotidiano britannico The Guardian che nella Striscia di Gaza dal 7 ottobre 2023 ci sono 6.400 persone disperse delle quali non si sa nulla: si pensa che molte siano rimaste sotto le macerie degli edifici bombardati, altre siano state sepolte in fosse comuni senza esser prima identificate, altre siano ferite e ricoverate negli ospedali all’insaputa delle famiglie. Ci sono poi coloro che sono stati arrestati e condotti in Israele senza che ne vengano rese note le generalità.

Secondo i dati di Addameer al 5 luglio scorso erano 9.700 i prigionieri (politici) palestinesi nelle carceri israeliane, fra i quali 3.380 detenuti amministrativi in «detenzione preventiva» ovvero senza procedimenti giudiziari in corso, 79 donne e 250 minorenni. Nel rapporto di circa 20 pagine l’associazione torna ad evocare il crimine di «genocidio» per le migliaia di arresti arbitrari o trattamenti degradanti documentati da testimoni e associazioni presenti nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania.

→ Leggi anche: Carcerati palestinesi, il dossier dimenticato

Alcune organizzazioni per i diritti umani hanno ottenuto e trasmesso informazioni su decine di donne di Gaza attualmente detenute nella prigione di Damon (sul monte Carmelo, in Galilea). Nonostante il rifiuto dell’amministrazione penitenziaria di rivelarne il numero, le generalità, i motivi dell’arresto, le condizioni di salute, i permessi di visita, si legge nel rapporto, gli avvocati delle detenute dei Territori palestinesi presenti nello stesso penitenziario sono riusciti ad ottenere alcuni dei nominativi. Alcune prigioniere hanno riferito esecuzioni sommarie dei capifamiglia nelle case di Gaza e di cattura di donne di varia età, come avvenuto, ad esempio, nella famiglia Abu Shamla, dove sono state arrestate in sette, dalle nonne alle nipoti.

Molte detenute hanno riferito di esser state arrestate mentre transitavano nei «corridoi umanitari» indicati dai militari israeliani ai gazesi sfollati e obbligate a separarsi dai bambini e dagli anziani. Numerose testimonianze di detenute di Gaza rilasciate dalle forze israeliane, apparse sui media e citate dal rapporto, parlano di gravi abusi, perquisizioni corporali condotte da agenti maschi che le hanno costrette a denudarsi, insultate e minacciate di violenza sessuale.

Il Comitato internazionale della Croce Rossa, riferisce la sua portavoce Sarah Davies, riceve tra le 500 e le 2.500 richieste di informazioni su persone scomparse ogni settimana. In questi nove mesi sono state registrate 8.700 richieste di notizie su congiunti, sono state raggiunte 7.429 famiglie e 2.300 casi sono stati risolti, ovvero le persone disperse sono state ritrovate, vive o morte. Solo da aprile ad oggi sono almeno 1.100 i nuovi casi rimasti irrisolti. I bombardamenti incessanti, insieme agli spostamenti continui, alle restrizioni alla mobilità e all’interruzione delle comunicazioni rendono spesso impossibile procedere con le ricerche, mentre viene impedito alle organizzazioni umanitarie e forensi di avere accesso alle salme per identificare le vittime (inaccessibilità che riguarda anche gli ostaggi rapiti nel sud di Israele il 7 ottobre 2023 e trattenuti nella Striscia – ndr).

Il livello di distruzione e la presenza di ordigni inesplosi nella Striscia impediscono di scavare tra le macerie per cercare i resti dei propri cari: dopo lo studio pubblicato a maggio dal Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo per iniziare la raccolta fondi per la ricostruzione della Striscia, gli esperti Onu tornano a stimare che ci vorranno almeno 15 anni per sgomberare 40 milioni di tonnellate di macerie e bonificare la Striscia da missili e bombe inesplose. Nello scenario più ottimistico la ricostruzione durerà almeno fino al 2040 e costerà 40 miliardi di dollari. La contaminazione del terreno e la distruzione delle infrastrutture implicheranno un balzo indietro di decenni per quanto riguarda le condizioni di salute, di istruzione e di ricchezza nel territorio, riportando i palestinesi della Striscia ai livelli di sviluppo del 1980.

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