Al tramonto di questa sera, 11 giugno, inizia la festa ebraica di Shavuot, nota anche come Festa delle Settimane o Festa dell’Alleanza. Si tratta di una festività molto popolare, che cade esattamente sette settimane (o, meglio, 50 giorni) dopo la Pasqua ebraica. Shavuot segna l’inizio del raccolto di frumento e la fine del raccolto dell’orzo. Per questa ragione viene indicata anche con il nome di Hag HaBikurim, la Festa dei primi frutti.
La ricorrenza sottolinea alcuni concetti che l’ebraismo tiene in grande considerazione. Prima di tutto, la terra dipende per la sua fertilità non solo dal lavoro degli uomini e delle donne, ma anche dai doni di Dio, che provvede la pioggia, la rugiada, il sole e il vento… «In qualche misura Dio è a tutti gli effetti un socio nel lavoro dei campi. Così la presentazione delle primizie diventa una sorta di pagamento del dividendo del suo investimento», scrive Dvora Waysman in un articolo apparso oggi sulle pagine online del quotidiano The Jerusalem Post.
«Se traduciamo questo concetto in termini più ampi, significa che il rapporto tra Dio e l’uomo non è quello di un padrone e di un servo, ma di collaborazione nell’impresa comune della creazione», precisa l’autrice
Il tema del raccolto è solo un aspetto della celebrazione. Shavuot è infatti anche il giorno in cui, secondo il racconto biblico dell’Esodo, venne conclusa l’alleanza tra Dio e il suo popolo. Quindi Shavuot è anche conosciuta come «la stagione della consegna della nostra legge».
Da qui l’usanza, nota come tikkun leil Shavuot, di vegliare tutta la notte per studiare e discutere la Torah. Secondo una credenza popolare, allo scoccare della mezzanotte di Shavuot i cieli si aprirebbero, rendendo più facile alle preghiere salire direttamente a Dio.
A Gerusalemme, molti devoti ebrei terminano la loro notte di studio camminando quasi a passo di danza fino al Muro Occidentale, il Kotel, e sostando in preghiera fino al sorgere del sole. (g.c.)