Storie, attualità e archeologia dal Medio Oriente e dal mondo della Bibbia

Non basta il sì dell’Onu al piano Usa per far cessare il fuoco a Gaza

Terrasanta.net
12 giugno 2024
email whatsapp whatsapp facebook twitter versione stampabile
Non basta il sì dell’Onu al piano Usa per far cessare il fuoco a Gaza
Nel Palazzo di Vetro a New York il Consiglio di Sicurezza dell'Onu adotta la risoluzione 2735 (2024) per il cessate il fuoco nella Striscia di Gaza. È il 10 giugno 2024. (UN photo/Eskinder Debebe)

Incassato l'avallo del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, gli americani stanno premendo su Israele e Hamas perché accettino il loro piano per far tacere le armi nella Striscia di Gaza. Consueta sequenza di rinvii.


(g.s.) – Il 10 giugno 2024 a New York il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha adottato, con la sola astensione della Russia, la risoluzione 2735 (2024) per il cessate il fuoco nella Striscia di Gaza. La risoluzione avalla il piano in tre fasi proposto dalla Casa Bianca – che pure sta fornendo a Israele la più ampia assistenza militare e fornitura di armamenti – per porre fine a questa cruenta fase del conflitto tra Hamas e lo Stato ebraico che divampa da oltre otto mesi.

Tre fasi per spegnere la guerra a Gaza

Prima del voto l’ambasciatrice statunitense Linda Thomas-Greenfield ha riassunto la proposta del suo governo a Israele e Hamas articolata in tre fasi.

⇒ Fase uno

Durata: sei settimane. Prevede:

• cessate il fuoco immediato, completo e totale con il rilascio degli ostaggi più fragili, inclusi donne, anziani e feriti;
• restituzione delle spoglie degli ostaggi morti;
• rilascio di detenuti palestinesi nelle carceri israeliane;
• ritiro delle forze israeliane dalle aree popolate della Striscia di Gaza;
ritorno dei civili palestinesi verso i loro luoghi di residenza in tutte le aree della Striscia di Gaza, inclusa l’area settentrionale. [Problema: molte abitazioni non esistono più e in tanti quartieri gli impianti elettrici, idrici e fognari sono stati totalmente distrutti];
• distribuzione sicura ed efficace degli aiuti umanitari a Gaza, comprese unità abitative [tende? container?] fornite dalla comunità internazionale;
• proseguimento del cessate il fuoco fino a che continuano i negoziati in buona fede per raggiungere tutti gli accordi.

⇒ Fase due

• fine permanente delle ostilità in cambio del rilascio di tutti gli altri ostaggi ancora vivi e detenuti a Gaza;
• ritiro completo delle forze israeliane dalla Striscia di Gaza.

⇒ Fase tre

• avvio di un piano di ricostruzione pluriennale per Gaza;
• restituzione dei resti di israeliani e altri ancora a Gaza alle loro famiglie [il riferimento è ad alcuni israeliani, militari e civili, già trattenuti, o uccisi, nella Striscia ben prima del 7 ottobre 2023].

Il Consiglio di Sicurezza ha inoltre respinto qualsiasi tentativo di alterare il profilo demografico o territoriale nella Striscia di Gaza o di ridurne il territorio.

Mancano i sì che contano

Il testo della risoluzione 2735 afferma che Israele ha accettato la proposta Usa, annunciata il 31 maggio, ed esorta Hamas a fare altrettanto. L’Onu chiede alle due parti di applicare il piano integralmente e senza indugi. In realtà, di fatto, anche stavolta l’uno e l’altro contendente si dichiarano disponibili in linea di principio, ma traccheggiano e attribuiscono alla controparte la volontà di sabotare l’iniziativa di pace.

Nel corso della giornata del 12 luglio i media riferiscono che Hamas avrebbe avanzato delle controproposte, che Israele considera un rifiuto in blocco del piano e Washington reputa non fattibili. Secondo il quotidiano Haaretz, le milizie palestinesi vorrebbero restituire inizialmente i corpi degli ostaggi morti. E intanto, dovrebbe iniziare il ritiro israeliano. Se ciò avvenisse, ogni tre giorni verrebbero riconsegnati tre ostaggi, vivi o morti, fino a un totale di 33. L’intento sarebbe di evitare che una volta ottenuta la liberazione di tutti gli ostaggi vivi, le forze armate dello Stato ebraico passino nuovamente all’attacco, mandando a monte il resto del piano. Hamas e le altre milizie chiederebbero anche che i detenuti palestinesi da scarcerare siano individuati anzitutto tra quelli che hanno scontato una pena più lunga nei penitenziari israeliani. Infine, Cina, Russia e Turchia dovrebbero farsi garanti del pieno rispetto della risoluzione 2735.

Intanto, parallelamente all’iniziativa nel Palazzo di Vetro la diplomazia statunitense si muove sul terreno. Il segretario di Stato Antony Blinken ha ripreso la spola tra Washington e il Medio Oriente, per una serie di incontri con politici e uomini di governo intesi ad accrescere i consensi per il piano e a premere per la sua attuazione. A margine di uno di questi incontri bilaterali, sempre il 12 giugno il primo ministro del Qatar Mohammed bin Abdulrahman Al Thani – il cui governo sta mediando da mesi, insieme con Egitto e Stati Uniti, tra Israele e Hamas – ha dichiarato in una conferenza stampa a Doha con Blinken: «Di recente stiamo assistendo a un cambiamento in questo conflitto. C’è ormai un appello chiaro e fermo a porre fine alla guerra». Speriamo che sia così e che ciò valga anche sul fronte israelo-libanese…

Ultimo aggiornamento: 13/06/2024 08:35

Articoli correlati
Turchia – nuova edizione
Paolo Bizzeti, Sabino Chialà

Turchia – nuova edizione

Chiese e monasteri di tradizione siriaca
Breve storia di Israele
Vincenzo Lopasso

Breve storia di Israele

Da Abramo alle origini della diaspora