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Musica ed editoria, su Israele il pubblico si spacca

Giuseppe Caffulli
5 giugno 2024
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Musica ed editoria, su Israele il pubblico si spacca
La cantante Eden Golan, festante, è accolta dai suoi estimatori al rientro in Israele dopo l'Eurovision Song Contest, il 12 maggio 2024. (foto Avshalom Sassoni/Flash90)

Il recente festival canoro Eurovision 2024 è servito anche da termometro del gradimento dell’opinione pubblica europea, e non solo, nei confronti dello Stato ebraico. Segnali d'allarme risuonano anche in altri contesti.


Capita che l’Eurovision Song Contest riesca nell’intento di creare più tensioni politiche di una sessione dell’Onu. È successo nel 2019 con le polemiche relative al cantante italiano Mamhood (che cantava in arabo parte del suo brano proprio nell’edizione di Tel Aviv), o con la vittoria dell’Ucraina dopo l’invasione della Russia (2022). Quest’anno a destare polemiche a non finire è stata la partecipazione d’Israele nel pieno della guerra contro Hamas a Gaza.

Sull’opportunità di ammettere Israele in gara si era molto dibattuto, nei mesi scorsi, in quanto Paese belligerante. Dopo l’esclusione della Russia dalla gara, c’era chi pensava che anche Israele avrebbe subito la stessa sorte: così non è stato. Nell’edizione 2024, tenutasi a Malmoe, in Svezia, l’11 maggio scorso, ha vinto l’artista svizzero Nemo con il brano The Code e la partecipante per Israele Eden Golan, con il brano Hurricane (ammesso dopo che era stato emendato parte del testo, con riferimenti espliciti a Hamas e al 7 ottobre 2023) si è piazzata al quinto posto.

Al di là della riuscita dell’evento, passato ormai alle cronache, l’Eurovision è servito anche da termometro del gradimento dell’opinione pubblica europea e non solo, nei confronti dello Stato ebraico.

Durante l’esibizione in diretta televisiva, Golan ha ricevuto – distintamente – parecchi fischi e grida di disapprovazione dal pubblico. Data l’accoglienza, ci si aspettava quindi che la cantante fosse tra gli eliminati. E invece, a sorpresa, si è qualificata per la finale (sembra anche grazie a un massiccio sostegno ricevuto dal pubblico italiano). E dato che nessun Paese può votare se stesso, il peso degli influencer sui social media sembra essere stato determinante.

Per qualcuno delle star del web, però, il sostegno all’artista d’Israele si è rivelato un boccone amaro.

È capitato all’attrice israeliana di Hollywood Gal Gadot, famosa soprattutto per ruolo di Wonder Woman, che con 109 milioni di follower è una delle celebrità più in vista di Internet. Dopo aver sostenuto pubblicamente la connazionale all’Eurovision, Gadot (a detta del sito specializzato Walla Celebs) ha visto in poche ore decrescere il suo seguito di un milione di fan.

L’ondata di antipatia verso Israele, quando non di vero e proprio antisemitismo, si estende anche ad altri ambiti della cultura e delle arti. Nel mondo della letteratura, per esempio, dove sembra siano addirittura in essere liste di proscrizione lanciate in Rete da fan pro-Palestina.

Di recente Pen America ha cancellato i suoi prestigiosi premi letterari 2024 dopo che 28 autori avevano ritirato i loro libri per protestare contro la risposta (ritenuta «insufficiente») dell’organizzazione alla guerra a Gaza. Alcuni autori, come Brett Gelman di Stranger Things, si sono visti cancellare le presentazioni dei propri libri a causa delle loro posizioni pro-Israele.

Dalla Gran Bretagna un importante agente letterario, in un’intervista al Daily Telegraph, fa sapere che di questi tempi «la Londra letteraria è una zona vietata agli ebrei». Casi che si stanno moltiplicando (qualche volta anche solo essere editi da un editore ebreo è pregiudizievole), e che sono spie di un fossato d’incomprensione – a livello internazionale – che si sta via via allargando.

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