«La Marcia delle Bandiere nel Giorno di Gerusalemme (Jerusalem Day) è un termometro accurato della condizione della società israeliana. Misura i livelli di odio, razzismo e violenza nella componente del sionismo religioso e la tolleranza della polizia e del resto della società verso questi tratti. La diagnosi di quest’anno è terminale. La marcia di mercoledì (5 giugno 2024) è stata una delle più violente e preoccupanti che abbia mai visto – e, anno dopo anno, le ho seguite tutte negli ultimi 16 anni». A scrivere è Nir Hasson, giornalista del quotidiano Haaretz aggredito, insieme a un collega arabo, da alcuni giovani facinorosi che partecipavano alla Marcia. Per l’aggressione la polizia, che aveva schierato 3.000 agenti alla Porta di Damasco e in città vecchia, ha fermato 18 persone.
Ogni anno il Jerusalem Day commemora la presa (o riunificazione) di tutta la città da parte delle forze armate israeliane uscite vittoriose dalla Guerra dei sei giorni, nel 1967. Ovviamente all’orgoglio e al tripudio ebraico, ostentati con toni intolleranti e bellicosi da adolescenti e giovani delle frange del sionismo religioso, fa da controcanto l’irritazione e l’umiliazione della componente araba, che popola il centro storico e i quartieri orientali della Città Santa.
«Quest’anno – continua Hasson, la cui testimonianza è corroborata da altri giornalisti che hanno seguito il Jerusalem Day –, a causa della guerra e della strage del 7 ottobre [2023], i sentimenti di odio sono traboccati e gli adulti sembrano dare mano libera ai giovani. Lo spirito generale era quello della vendetta. (…) Il canto più popolare era una canzone di vendetta particolarmente sanguinosa, insieme agli slogan “Morte agli arabi!” e “Che il loro villaggio bruci”. Il ministro più popolare era Itamar Ben-Gvir [lui stesso colono in Cisgiordania, leader del partito di destra Potere ebraico e responsabile della Sicurezza nazionale nell’attuale governo Netanyahu – ndr] e l’atmosfera generale era spaventosa».
La Marcia delle Bandiere (di Israele) si snoda ogni anno dalla Porta di Damasco al Muro del Pianto (Kotel, o Muro occidentale), attraversando volutamente il quartiere musulmano della città vecchia. I negozianti lungo il percorso chiudono i loro esercizi. Stavolta la polizia ha indotto tutti i commercianti arabi del centro storico, anche al di fuori del percorso della marcia, ad abbassare le saracinesche per sicurezza, mentre le famiglie palestinesi si sono tappate in casa. (g.s.)