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Poesie per gli sconfitti e i vinti

Giuseppe Caffulli
16 maggio 2024
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Poesie per gli sconfitti e i vinti

Questa raccolta di componimenti del palestinese Najwan Darwish è una sorta di Spoon River popolata da donne e uomini stremati. Espulsi dalla loro terra, assediati e perseguitati, i protagonisti della poesia di Darwish hanno perso tutto e si muovono tra vittime e carnefici, sfollati e invisibili.


Se potessi tornare
non lo farei sotto nessun altro stendardo.
Ti abbraccerei anche
con braccia mozzate.
Non voglio ali nel paradiso.
Voglio solo le tue tombe
in riva al fiume,
voglio l’eternità
sul tavolo della colazione
con il pane e l’olio.
Amo tanto solo te
terra,
mio stendardo sconfitto.

Questa poesia, Il nostro stendardo sconfitto, è tratta dalla quinta sezione dell’ultima raccolta del poeta palestinese Najwan Darwish, Esausti in croce, tradotto in Italia da hopefulmonster editore e presentato al Salone di Torino 2024 in dialogo con Paola Caridi (che ne ha curato la postfazione). Si tratta di una poesia tra le più belle e dolenti di questa raccolta che rappresenta uno dei momenti di punta della poesia di questo poeta palestinese. Nato nel 1978 a Gerusalemme, Darwish ha al suo attivo una decina di sillogi poetiche tradotte in svariati Paesi. In Italia arriva, fresca di stampa, la sua ultima fatica (nella traduzione dall’arabo di Wasim Dahmash), una raccolta che fonde nostalgia, dolore, desiderio, amore e passione, per l’umanità e per la propria terra.

Sono sette le sezioni che compongono Esausti in croce: una sorta di Spoon River popolata da donne e uomini stremati, un’infinità di croci che si innalzano in un’infinità di luoghi. Espulsi dalla loro terra, assediati e perseguitati, i protagonisti della poesia di Darwish hanno perso tutto: la casa, il quartiere, i figli. Si muovono tra vittime e carnefici, sfollati e invisibili. Tenendosi però alla larga da ogni forma di autocommiserazione e intessendo i versi di una commovente familiarità che chiama per nome villaggi, paesaggi, quartieri, dove si intrecciano sofferenza e sventura.

Possiamo ben dire che siamo di fronte a una forma alta di poesia politica, come spiega Paola Caridi nella sua postfazione: «La poesia è ancora oggi, e oggi più di ieri, lo strumento principe del resistere. Lo strumento del resistere a una lettura disarticolata della realtà. Lo strumento del dire la realtà, del nominare e dare nome».

Leggendo questa raccolta, siamo avvolti da immagini potenti che cercano appunto di dare un nome alla complessità che si trova oggi a vivere la regione, sempre più immersa in una spirale di odio e di guerra. C’è il mare che il poeta vorrebbe invitare, come un buon vicino, a prendere un caffè (Mio vicino, il Carmelo); ci sono le memorie di scontri ed eccidi all’ultimo sangue (A Chatila); c’è la tragedia di Gaza, dove il mare è chiuso e improvvisamente appare «un bambino smilzo dagli occhi che brillano dell’intelligenza del mondo intero» (Breve racconto sulla chiusura del mare). Ma non ci sono parole per definire l’orrore assoluto, per spiegare l’attimo esatto in cui il corpo di un bambino vivo diventa il corpo di un bambino sgozzato. Non abbiamo concetti per definire quali domande, quali ricordi assalgono qualcuno in quell’estremo attimo mostruoso: un essere umano ucciso da altri uomini. Eppure, proprio per questo, proprio perché quelle parole non esistono, vanno gridate, per dare ragione al mondo della spietatezza di cui siamo capaci.

Poi ci sono preghiere pronunciate ad alta voce, la tragedia della diaspora, l’infinita teoria di sofferenze delle migliaia e migliaia di profughi che muoiono ogni giorno nel Mediterraneo. E ancora i trafficanti, i bombardamenti continui, la fame… Il tutto accompagnato dalla domanda: come è possibile sopportare tutto questo?

Stremati, trafitti su una croce fatta di macerie e morte, intrisa di amore e vergogna, ecco allora il sussulto di una vita che non si rassegna. Fino ad arrivare ad amare visceralmente quella che appare una condanna: una terra che è geografia dell’anima, che continua a librarsi al vento seppure «bandiera sconfitta».


Najwan Darwish
Esausti in croce
hopefulmonster ed., 2024
pp. 144 – 20,00 euro

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