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Il patriarca Pizzaballa quattro giorni a Gaza per manifestare solidarietà

Terrasanta.net
16 maggio 2024
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Il patriarca Pizzaballa quattro giorni a Gaza per manifestare solidarietà
Il cardinale Pizzaballa osserva i danni causati dalla guerra a Gaza. (foto Lpj)

L'annuncio è arrivato a sorpresa. Dopo averlo a lungo desiderato, il cardinale Pierbattista Pizzaballa e alcuni accompagnatori, tra i quali il parroco padre Gabriel Romanelli, hanno raggiunto i cristiani, cattolici e ortodossi, rimasti a Gaza nelle loro parrocchie.


(g.s.) – La mattina del 16 maggio 2024 il cardinale Pierbattista Pizzaballa, patriarca latino di Gerusalemme, è riuscito a coronare un desiderio che coltivava da tempo (come ha spiegato lui stesso nel breve video che proponiamo qui sotto): raggiungere la piccola comunità cristiana di Gaza per portare personalmente conforto e solidarietà, dopo averlo potuto fare per mesi solo a distanza, attraverso il telefono o i collegamenti via Internet.

Il cardinale Pierbattista Pizzaballa si rivolge ai fedeli di Gaza rifugiati nella parrocchia della Sacra Famiglia il 16 maggio 2024. (foto LPJ)

Il cardinale, dice il comunicato diffuso a fine mattinata dalla curia patriarcale, è accompagnato da fra’ Alessandro de Franciscis, Grande ospedaliere del Sovrano Ordine di Malta, da padre Gabriele Romanelli, missionario dell’Istituto del Verbo incarnato e parroco di Gaza (fin qui rimasto fuori dalla Striscia, perché si trovava a Betlemme il 7 ottobre 2023 sulla via del ritorno da Roma) e da una piccola delegazione di altre persone. Il patriarca e il suo gruppetto di accompagnatori – che include anche il superiore provinciale dell’Istituto del Verbo incarnato, padre Carlos Ferrero – hanno incontrato la popolazione sofferente per incoraggiarla e per trasmettere un messaggio di speranza, solidarietà e sostegno.

Il patriarca latino ha presieduto la messa nella chiesa parrocchiale della Sacra Famiglia e ha fatto visita alla parrocchia greco-ortodossa di San Porfirio, dove ha incontrato l’arcivescovo di Gaza, Alexios di Tiberiade, e il parroco padre Silas Habib.

La visita è anche la prima tappa di una missione umanitaria congiunta del Patriarcato latino di Gerusalemme e del Sovrano Ordine di Malta (Smom), in collaborazione con Malteser International (ong che fa capo allo Smom) e altri partner, mirata alla consegna di generi alimentari essenziali e di assistenza medica alla popolazione di Gaza.

 

 

Il viaggio del cardinal Pizzaballa nella Striscia è stato preparato e protetto da uno stretto riserbo. Non è dato sapere, al momento, da quale varco d’accesso la delegazione sia transitata. Di certo tutto si è svolto con l’assenso e l’autorizzazione delle autorità militari israeliane.

In un primo momento sembrava che il patriarca sarebbe rientrato a Gerusalemme venerdì 17 maggio. Invece si è trattenuto fino a domenica 19, celebrando con i fedeli la solennità di Pentecoste e amministrando il sacramento della Confermazione (o Cresima) a due ragazzi. Dopo il congedo del cardinale e dei suoi accompagnatori, il parroco, padre Romanelli, è rimasto con il suo popolo nella parrocchia della Sacra Famiglia.

Tra le macerie intorno alla chiesa ortodossa di San Porfirio, con l’arcivescovo Alexios (in blu). (foto Issa Anton)

Secondo dati recenti forniti dal portavoce del patriarca, Farid Jubran, attualmente sono 500 le persone rifugiate nel complesso della parrocchia cattolica. Altre 200 si trovano nel complesso ortodosso di San Porfirio. Prima della guerra, i cattolici a Gaza erano 135, oggi ne è rimasta una novantina. Alcuni sono riusciti a lasciare la Striscia di Gaza nelle ultime settimane. Sin dai primi giorni del conflitto a Gaza, anche papa Francesco, dal Vaticano, si tiene in costante contatto telefonico con la parrocchia della Sacra Famiglia e la sua gente.

In una strada di Gaza City. (foto G. Romanelli)

Nel corso della sua permanenza a Gaza si può dire che il patriarca Pizzaballa abbia incontrato una ad una tutte le famiglie sfollate, dedicando attenzione ad adulti, giovani, anziani, infermi e bambini. Ogni giorno ha celebrato la messa per la comunità, ha pregato il rosario e partecipato all’adorazione eucaristica con gli altri fedeli, ha pregato sulle tombe dei 36 cristiani morti in questo periodo, come riferisce padre Romanelli (in particolare delle due donne, madre e figlia, assassinate da un cecchino israeliano il 16 dicembre scorso). Ha dato, inoltre, vita a riunioni e assemblee per ascoltare, mettere in comune riflessioni, guardare al futuro. Il porporato si è reso conto personalmente dell’entità delle devastazioni belliche e, il 18 maggio, ha benedetto un panificio, parzialmente danneggiato dai bombardamenti, che negli ultimi giorni ha ripreso a sfornare pane grazie al sostegno del Patriarcato latino di Gerusalemme e del Programma alimentare mondiale.

 

Foto di gruppo con il patriarca, il 16 maggio 2024, nella parrocchia latina di Gaza. (foto LPJ)

Durante l’ultima messa celebrata insieme, nel giorno di Pentecoste, il patriarca si è congedato dai cristiani di Gaza pronunciando in inglese (con traduzione in arabo da parte del parroco) parole di incoraggiamento e gratitudine.

Anzitutto il cardinale Pizzaballa ha voluto ringraziare per l’accoglienza e la disposizione d’animo dimostrate.

«Dopo aver parlato praticamente con ognuno di voi – ha detto –, so quanto siete esausti. Guardandomi intorno, qui nel quartiere, vedo bene che non un solo edificio è rimasto intatto… Non possiamo più cambiare ciò che è stato, ma in questi giorni abbiamo parlato di futuro, sul quale pende un grande punto di domanda. Noi non abbiamo il potere di mutare le sorti del mondo, ma possiamo pur sempre decidere del nostro futuro».

Il porporato ha soggiunto: «Ascoltandovi ho inteso che gli interrogativi maggiori riguardano le case, le scuole, la sorte dei bambini. Ho già avuto modo di dire durante i vari incontri, e voglio ribadirlo qui, che non avremo esitazioni. Appena rientrati a Gerusalemme, la prima preoccupazione, il primo compito, sarà pensare – insieme a voi, naturalmente – al futuro. Oggi abbiamo celebrato la festa della Pentecoste, con la discesa dello Spirito Santo. Abbiamo amministrato delle cresime, che sono anch’esse un segno che la vita continua e non si arresta. Voi sapete bene che i doni dello Spirito sono sette, uno dei quali è la fortezza. Non dobbiamo confondere la fortezza con il potere. Noi non abbiamo potere, però siamo forti. E questo lo vedo nella vostra comunità: siete stanchi, molto stanchi, ma restate forti. Parlando con quasi tutti voi non ho sentito una sola parola di rancore. Proprio questo è un segno di fortezza. Voglio esprimervi il mio amore personale e l’amore di tutta la Chiesa. E ribadire con forza l’impegno a sostenervi in tutti i modi possibili. In questo momento siete isolati, ma non siete soli. Che lo Spirito Santo dia a tutti noi la forza di attraversare questo tempo difficile; non solo di resistere, ma di costruire il futuro dei nostri figli qui a Gaza e nelle nostre Chiese. Amen».

Ultimo aggiornamento: 20/05/2024 15:44

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