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Il Consiglio di Sicurezza Onu chiede il cessate il fuoco a Gaza

Terrasanta.net
26 marzo 2024
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Il Consiglio di Sicurezza Onu chiede il cessate il fuoco a Gaza
Il Consiglio di Sicurezza Onu approva la risoluzione 2728 il 25 marzo 2024. (UN Photo/Loey Felipe)

Con una risoluzione adottata tardivamente ieri, 25 marzo 2024, i membri del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite chiedono un immediato cessate il fuoco nella Striscia di Gaza, per il Ramadan. Gli Usa, stavolta, non coprono Israele con il veto.


(g.s.) – Tanto tuonò che piovve. Dopo aver più volte espresso il proprio scontento al governo di Israele per come sta gestendo la guerra nella Striscia di Gaza, la Casa Bianca ha dato un segnale chiaro in seno al Consiglio di Sicurezza dell’Onu, che finalmente – ci provava da mesi – ha approvato nella mattinata del 25 marzo 2024 una risoluzione in materia.

Al centosettantunesimo giorno di guerra il testo della risoluzione 2728 è stato presentato da tutti e dieci gli attuali membri non permanenti del Consiglio (Algeria, Corea del Sud, Equador, Giappone, Guyana, Malta, Sierra Leone, Slovenia, Svizzera; relatore il rappresentante del Mozambico) e intima il cessate il fuoco durante il Ramadan (iniziato l’11 marzo, il mese sacro dei musulmani si conclude il 9 aprile). Chiede altresì il rilascio senza condizioni degli ostaggi sequestrati lo scorso 7 ottobre e il libero accesso degli aiuti umanitari alla popolazione della Striscia.

Prima di mettere ai voti la risoluzione, la Russia ha proposto un emendamento – bocciato – per un cessate il fuoco permanente. Il testo approvato immagina una tregua per il Ramadan che possa preludere a un cessate il fuoco duraturo e sostenibile.

→ Leggi anche: Guerra a Gaza, la tregua non sboccia

L’ambasciatrice degli Stati Uniti, Linda Thomas-Greenfield, ha detto che il suo governo, pur non condividendo ogni passaggio della risoluzione, non la respinge, optando per l’astensione.

Gli Usa si astengono, tutti gli altri a favore

Il messaggio per Israele è netto: la totale copertura politica e diplomatica del suo più strenuo alleato dentro le Nazioni Unite non va più data per scontata (almeno fino a quando a Gerusalemme resterà in carica l’attuale governo). Per segnalare il proprio disappunto, il premier Benjamin Netanyahu – ormai apertamente criticato da vari membri dell’amministrazione Biden, incluso lo stesso presidente – ha cancellato il viaggio di una delegazione israeliana in procinto di partire per Washington (dove già si trova, da qualche giorno, il ministro della Difesa Yoav Gallant per confrontarsi con il suo omologo americano Lloyd Austin e ottenere la fornitura di altri armamenti).

Linda Thomas-Greenfield ha soggiunto che gli Stati Uniti stanno lavorando in concreto, e non a parole, con Egitto e Qatar, per giungere a un cessate il fuoco permanente, che, a suo dire, avrebbe potuto essere raggiunto già da mesi se fossero stati rilasciati tutti gli ostaggi rapiti da Hamas.

Subito dopo il voto in Consiglio di Sicurezza, il segretario generale dell’Onu António Guterres ha chiesto che la risoluzione venga subito applicata.

Una risoluzione tardiva

D’altronde, il testo giunge tardi (soprattutto per le tante persone che sono già morte, come ha sottolineato l’ambasciatore cinese all’Onu Zhang Jun). Ormai non mancano molti giorni alla fine del Ramadan e verosimilmente la risoluzione produrrà pochi effetti pratici. Servirà almeno ad esprimere e mettere agli atti il comune sentire del resto del mondo.

Per il Regno Unito sarebbe auspicabile giungere subito a una tregua umanitaria, che consenta di gettare le basi di una pace duratura. Spiace dirlo, ma tanto Hamas quanto Israele non sembrano ancora su quella lunghezza d’onda.

Alla seduta del Consiglio sono stati invitati anche i rappresentanti delle parti in causa: Palestina, Israele e Yemen, a nome del gruppo dei Paesi arabi.

Dopo il voto, il rappresentante permanente della Palestina, Riyad Mansour, si è rammaricato del fatto che al Consiglio di Sicurezza siano serviti sei mesi (e 100mila palestinesi uccisi, mutilati o feriti) per chiedere di cessare immediatamente il fuoco. La risoluzione, ha detto Mansour, «dev’essere un punto di svolta; deve condurre a salvare vite umane sul terreno e segnalare la fine delle atrocità in atto contro il nostro popolo».

Dal canto suo, l’israeliano Gilad Erdan ha lamentato che nella risoluzione non sia inclusa una chiara condanna dei massacri compiuti il 7 ottobre scorso dagli uomini di Hamas (e altri). L’ambasciatore ha poi rimarcato che nell’ultimo anno e mezzo dalla Striscia sono stati lanciati, con l’intento di uccidere, migliaia di razzi (in gran parte intercettati dai sistemi di difesa antimissile) in direzione di obiettivi civili in Israele.

Per i Paesi arabi la risoluzione 2728 non può essere che un primo passo da parte delle massime istituzioni delle Nazioni Unite.

Da Ramallah, Nabil Abu Rudeineh, portavoce del presidente palestinese Mahmoud Abbas, ha osservato che la risoluzione del Consiglio di Sicurezza pone Israele in una condizione di isolamento senza precedenti in seno alla comunità internazionale.

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