Avrebbe compiuto 77 anni in maggio, padre Emile Shoufani, deceduto ieri, dopo lunga malattia. «Non sono palestinese israeliano, o del ’48 o chissà cos’altro. Sono semplicemente israeliano», specificava alla giornalista Claire Riobé, della rivista Terre Sainte Magazine (la “sorella” in lingua francese della rivista Terrasanta – ndr), che nell’inverno 2019 gli aveva fatto visita per un’intervista.
Lo diceva con gentilezza e convinzione. Padre Emile, nato a Nazaret nella Palestina mandataria nel 1947, si era adattato molto bene alla nazionalità israeliana che aveva ricevuto nella sua infanzia, allo stesso modo di tutti i palestinesi residenti nello Stato d’Israele alla sua creazione nel 1948.
Aveva circa vent’anni quando, studiando in Francia, scoprì l’orrore dell’Olocausto e cercò di incontrare i sopravvissuti ai campi di sterminio per ascoltare le loro testimonianze. Questa scoperta fu per lui decisiva nella comprensione delle forze motrici che stavano alla base della creazione dello Stato ebraico e nel suo percorso personale. «Ho capito che non possiamo entrare in dialogo con il popolo ebraico se non conosciamo questa storia».
Qualche anno dopo, nella scuola greco-cattolica di San Giuseppe a Nazaret, lui che si era dedicato all’insegnamento per convinzione inserì nel curriculum l’insegnamento della Shoah. «Era la prima volta in Israele che studenti arabi, musulmani e cristiani, scoprivano questa realtà». Ogni anno portava delle classi in visita al memoriale di Yad VaShem.
Per quasi cinquant’anni non ha mai cessato di essere il paladino del dialogo tra ebrei e arabi in Israele, arrivando al punto di organizzare, dopo la seconda intifada da lui considerata devastante, un gruppo misto per una visita ad Auschwitz.
La sua azione instancabile era stata riconosciuta. Dopo il suo viaggio ad Auschwitz-Birkenau, in Israele ricevette un dottorato Honoris causa dall’Università ebraica di Gerusalemme e in Belgio dall’Università Cattolica di Lovanio. Nel 2003 ricevette il Premio dell’Unesco per «l’educazione alla pace» e nel 2014 al Collège des Bernardins di Parigi il premio dell’«Amicizia giudaico-cristiana di Francia».
Il suo impegno per il dialogo non è venuto meno negli ultimi anni, ma come israeliano intendeva poter criticare l’azione politica di Benjamin Netanyahu senza che questa critica fosse tacciata di antisemitismo o di antisionismo.
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Clicca qui per leggere, in formato pdf, un articolo che la rivista Terrasanta dedicò a padre Emile nel numero di gennaio-febbraio 2006.