«O Signore mio Gesù Cristo, due grazie ti prego che tu mi faccia innanzi che io muoia: la prima, che in vita mia io senta nell’anima e nel corpo mio, quanto è possibile, quel dolore che tu, dolce Gesù, sostenesti nell’ora della tua acerbissima passione; la seconda, che io senta nel cuore mio, quanto è possibile, quell’eccessivo amore del quale tu, Figlio di Dio, eri acceso per sostenere volentieri tanta passione per noi peccatori» (VI Considerazione sulle stimmate, Fonti Francescane 1919).
Apriamo l’anno 2024 con questo brano tratto da un’antica tradizione locale della Verna che ha raccolto e messo per iscritto, alla fine del XIV secolo, alcune considerazioni sulle stimmate per aiutare i fedeli del suo tempo a comprendere un prodigio che ancora oggi per noi è mistero. Il racconto, racchiuso nelle Fonti Francescane, oltre a immergerci nello spazio profondo della spiritualità del Santo di Assisi, può anche aiutarci a entrare nello spirito delle celebrazioni dell’ottavo Centenario delle stimmate di san Francesco, che cade proprio nell’anno appena iniziato.
Le parole accorate della preghiera che san Francesco avrebbe pronunciato sul monte della Verna, nei giorni attorno alla festa dell’esaltazione della Santa Croce dell’anno 1224, poco prima di ricevere nella sua carne i segni della passione di Gesù, sono uno sprone ad alimentare il desiderio profondo di somiglianza a Cristo nella sua capacità di amore e dono gratuito. Spesso però come credenti (e non) ci accostiamo al tema delle stimmate come se fossero solo un’esperienza di dolore fisico, che avvicina una persona all’esperienza della crocefissione, senza però considerare e dare spazio a una riflessione riguardo a ciò che si muove nella psiche di chi le riceve e al conseguente modo di percepire la realtà.
Nella sua vita, Francesco riceve le stimmate perché animato dal desiderio profondo di conformarsi, cioè prendere la forma dell’oggetto del suo amore: Gesù Crocifisso. Capiamo così che nel suo cuore non c’è il desiderio di una sofferenza, ma una e vera propria passione verso Dio e il suo modo di essere. Il celebre filosofo e teologo san Bonaventura da Bagnoregio, nel suo raccontare questo prodigio, a un certo punto si sofferma sull’elemento della passione che ha reso possibile quell’incontro che, attraverso il serafino, ha donato i segni del crocifisso sulle mani, sui piedi e nel costato. Inquadrare le stimmate all’interno di un’esperienza di passione, quindi come emozione forte e intensa, è così la strada maestra per capire la sua portata che non è riducibile a un fatto isolato, ma il punto di arrivo e di ripartenza in un percorso di amore sempre più pieno e partecipato.
Così l’uomo Francesco «appassionato di Dio» si è mosso dagli anni della sua conversione in un cammino che lo ha portato a cercare costantemente l’oggetto del suo amore. Prima nel lebbroso, poi nel povero, nella sfida della fraternità e così nel ladrone, nel sacerdote peccatore fino ad arrivare all’infedele abitante nella Terra di Oltremare. L’incontro con il sultano d’Egitto nel 1219 rimane ancora oggi uno dei vertici dello sbilanciamento verso il «diverso da sé» che Francesco ha potuto fare solo perché animato da una passione per Dio conoscibile nella dimensione dell’incontro con l’altro.
Nell’Antico Testamento il fuoco è l’immagine di Dio. Nel celebre racconto di Mosè, nel libro dell’Esodo, Dio si manifesta sotto forma di un roveto ardente che brucia e non si consuma divenendo uno dei simboli più potenti ed enigmatici della sua manifestazione. Da qui possiamo ricavare l’immagine di Dio che è come un fuoco inestinguibile. Quando l’uomo è animato dalla passione, quindi, è animato dall’amore di Dio e non dalla sofferenza. Gesù stesso ha detto: «Sono venuto a gettare il fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso» (Vangelo di Luca 12,49).
Questa considerazione ci dice che la via dell’incontro con Cristo, può avvenire attraverso il desiderio di Dio per poi comunicarsi a un mondo che ha bisogno di uomini crocifissi e appassionati nello stesso tempo, animati come san Francesco dal fuoco e dall’amore per l’uomo e il creato. I segni di Francesco quindi testimoniano ancora oggi che veramente si può amare con un amore che va oltre la soglia dell’umanamente possibile, dove anche la sofferenza può divenire feritoia dalla quale traspare la luce del Risorto che spezza il buio delle nostre notti interiori, che scuote la paura e l’incertezza e che apre alla speranza.
Eco di Terrasanta 1/2024
«Scegliamo la vita, scegliamo il futuro»
In occasione della recente Conferenza delle Nazioni Unite sul clima (Cop28) papa Francesco ha nuovamente rivolto a tutti i Paesi e i governi l’appello a impegnarsi per il bene comune.