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Guerra Israele-Hamas, un appello dei funzionari Onu

Manuela Borraccino
27 dicembre 2023
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Nuova richiesta di por fine alle ostilità in un documento congiunto di direttori ed esperti delle Nazioni Unite. Gli esiti di un’inchiesta Onu sulle violenze sessuali del 7 ottobre saranno pubblicati a giugno.


«Con profonda preoccupazione per la sofferenza di donne e bambine nei Territori palestinesi occupati e in Israele» chiedono «la cessazione delle ostilità, la fine degli sfollamenti forzati e interventi umanitari immediati per proteggere i diritti umani e il futuro di donne e ragazze: le tragiche conseguenze di questo conflitto saranno sostenute dalle ragazze in modo sproporzionato per generazioni». A firmare un appello congiunto, lanciato nei giorni scorsi sul conflitto fra Israele e Hamas sono numerosi direttori e funzionari d’alto rango delle Nazioni Unite, fra i quali la relatrice speciale per i Territori palestinesi occupati Francesca Albanese. Scrivono mentre le vittime dei bombardamenti nella Striscia di Gaza hanno superato quota 20mila, per oltre il 70 per cento donne e bambini. «Le ragazze palestinesi vedono il loro futuro, già fragile dopo 56 anni di occupazione militare israeliana, disintegrarsi davanti ai loro occhi» si legge nella dichiarazione.

Emergenza insostenibile

Risultano almeno 2.784 le donne che dopo il 7 ottobre sono diventate vedove e dunque capifamiglia e 951.490 le donne e le bambine sfollate dalle loro abitazioni. «Questi numeri non potranno che crescere a meno che non venga stabilita una tregua permanente e sia garantito un accesso immediato a tutti gli operatori umanitari per prestare soccorso, soprattutto quello sanitario». Nell’appello non manca la richiesta a Hamas di rilasciare tutti gli ostaggi, fra i quali donne e ragazze, e «contro le diverse, devastanti forme di violenza che le colpiscono durante i conflitti, inclusi la violenza sessuale usata sistematicamente come arma di guerra» come si vede «dal crescente numero di testimonianze degli stupri avvenuti lo scorso 7 ottobre» nei kibbutz vicino alla Striscia, così come «dall’aumento di aggressioni e minacce di violenze sessuali nei Territori occupati» a partire da quel sabato.

I direttori delle agenzie umanitarie dell’Onu rimarcano come a Gaza più di un milione e 100mila donne, soprattutto quelle in gravidanza, anziane e disabili, si trovino in condizioni di estrema emergenza umanitaria fra mancanza di acqua potabile, cibo, dispositivi igienici. Se aumentano i rischi di malattie contagiose per i fragili, «l’impatto delle bombe sulle disabili è stato devastante, vista l’interruzione totale di cure già limitate e di accesso all’assistenza sanitaria, medicinali e dispositivi: ogni prospettiva di autonomia è stata disintegrata».

A rischio anche la salute mentale delle donne

Gli operatori insistono su come il conflitto «rafforzi i ruoli di genere che hanno un impatto così negativo sui diritti delle donne e delle ragazze: il peso dell’assistenza domestica delle loro famiglie può colpire fortemente la loro salute mentale». «I danni colpiscono in modo particolarmente pesante le bambine: la distruzione delle scuole, il collasso del sistema sanitario, la distruzione delle case, il sovraffollamento nei rifugi, la generale interruzione di qualsiasi ordine costituito, struttura sociale e stato di diritto colpirà il benessere di bambine e ragazze – specialmente le orfane e le sfollate – in tutti gli aspetti della vita. Gli effetti nocivi di questa crisi, compresi quelli di matrimoni precoci o forzati, l’abbandono e la violenza pongono dei gravami pesanti sulle future generazioni di donne e di bambine».

L’appello chiede allo Stato di Israele il rispetto del diritto internazionale sulla protezione dei civili nei conflitti e anche nei Territori palestinesi di Cisgiordania, dove le ragazze sono ancora più esposte a rischi di violenze e aggressioni da parte dei coloni dopo il 7 ottobre. «Facciamo appello a Israele, come potenza occupante – si legge – perché adempia al proprio dovere di proteggere donne e bambine, incluse le attiviste per i diritti umani, dalla detenzione arbitraria, dalla discriminazione e violenze e di assicurare alla giustizia i responsabili dei crimini».

Gli stupri del 7 ottobre sono crimini di guerra

L’Onu ha avviato una propria inchiesta sulle violenze (anche sessuali) scatenatesi in Israele e nei Territori palestinesi a partire dal 7 ottobre scorso (gli esiti saranno resi noti nel giugno 2024). Le denunce raccolte, rimarcano gli esperti, «devono essere oggetto di indagini, e i responsabili devono essere incriminati e giudicati nel corso di procedimenti penali indipendenti». A trent’anni dall’istituzione del Tribunale internazionale per i Crimini commessi nella ex Jugoslavia (Risoluzione n. 827/1993 del Consiglio di sicurezza dell’Onu) e del Tribunale internazionale per il Ruanda (Risoluzione n. 955/1996) in questi ultimi due mesi si sono moltiplicati gli appelli da parte di giuristi ed opinioni pubbliche per classificare gli stupri avvenuti nei pogrom del 7 ottobre come «atto di tortura» e crimine di guerra, «strumento di genocidio, modo per umiliare e degradare le vittime» come si legge negli Statuti istitutivi di quelle due corti speciali.

Onu: «Nessun crimine di guerra ne giustifica un altro»

La ferocia con cui sono state violentate, torturate e uccise molte decine di donne e adolescenti in quel sabato nero emerge già ora dalle dodici pagine di un rapporto pubblicato a fine novembre dell’ong Physicians for Human Rights – Israel (Medici per i diritti umani – Israele). «Dobbiamo tuttavia ricordare inequivocabilmente alla comunità internazionale – si legge nell’appello congiunto – che nessun crimine internazionale ne giustifica un altro. Chiediamo a Israele di cessare immediatamente i bombardamenti su Gaza e gli sfollamenti di massa dei palestinesi. Devono essere assicurati processi imparziali per assicurare la giustizia, il sostegno e pieni risarcimenti a tutte le vittime e l’incriminazione per i responsabili dei crimini perpetrati».

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