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Diplomatico israeliano: Non ci sarà sionismo senza uno Stato di Palestina

Giuseppe Caffulli
30 novembre 2023
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Diplomatico israeliano: Non ci sarà sionismo senza uno Stato di Palestina
Due enormi bandiere, palestinese e israeliana, esposte a scopo dimostrativo sulla facciata di un palazzo a Ramat Gan (sobborgo di Tel Aviv), nel giugno 2022. (foto Avshalom Sassoni/Flash90)

Avi Gil, già direttore generale del ministero degli Esteri israeliano, interviene sui media per dire che le alternative a uno Stato di Palestina per Israele son ben peggiori: un regime di apartheid conclamato o la perdita dell'ebraicità dello Stato.


La guerra scatenata da Hamas il 7 ottobre scorso contro Israele, con la mattanza di 1.200 persone, e la reazione d’Israele, che ha procurato nella Striscia di Gaza almeno 15mila vittime, potrebbe riservare allo Stato ebraico un esito inaspettato. «In assenza di una soluzione praticabile a due Stati, i leader palestinesi potrebbero dover rivedere le loro richieste: non più uno Stato palestinese indipendente accanto a Israele, ma diritti democratici uguali per tutti, in uno Stato tra il fiume Giordano e il Mediterraneo».

Sulla questione riflette Avi Gil, ex direttore generale del ministero degli Esteri e attualmente ricercatore presso il Jewish People Policy Institute (Jppi), in un articolo apparso su YnetNews il 27 novembre scorso.

«Il leader dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas – scrive – ha recentemente lanciato un avvertimento secondo cui, se Israele continua nell’idea di un unico Stato di apartheid, le circostanze nella regione imporranno necessariamente pari e pieni diritti politici per i palestinesi. Allo stesso modo, Mohammed Dahlan, suo avversario politico, ha fatto eco a questo messaggio a marzo, dicendo: “La soluzione dei due Stati è un’illusione, ed è morta. [Benjamin] Netanyahu l’ha distrutta. Non perdiamo tempo e apriamo invece una discussione per raggiungere la soluzione dello Stato unico”».

Avi Gil (foto Anna Morein/Wikimedia)

All’interno dell’opinione pubblica israeliana, queste esternazioni sono state liquidate come ballon d’essai. Ma, avverte Gil, è una questione tutt’altro che da sottovalutare.

«I sostenitori palestinesi della soluzione di uno Stato unico ritengono che lo sviluppo degli insediamenti ebraici in Cisgiordania abbia eliminato la possibilità di stabilire un confine chiaro tra i due popoli. L’espansione degli insediamenti ebraici nel cuore del territorio destinato a diventare il loro Stato li ha portati alla conclusione che Israele sta perseguendo di fatto l’annessione». Il funzionario, in base alla sua esperienza, ritiene che «se i palestinesi rinunciassero alla loro richiesta di uno Stato indipendente e pretendessero invece l’uguaglianza dei diritti, i Paesi occidentali sarebbero costretti a sostenere la loro richiesta. Con il passare del tempo, questi Paesi troverebbero difficile giustificare una realtà in cui i palestinesi non hanno il diritto di partecipare al processo democratico che determina il governo responsabile del loro destino in Israele».

Oggi questa prospettiva dello Stato unico non trova grande sostegno in Cisgiordania, ma specie nei giovani si fa strada l’idea che non resti altra possibilità, almeno a dar retta ad alcuni sondaggi condotti dal Centro palestinese per la politica e la ricerca di Ramallah.

La politica di Benjamin Netanyahu e dei ministri del suo governo, oggi più che mai dopo la guerra a Gaza, avvalora l’idea che Israele resista alla soluzione dei due Stati e che non esista una strategia politica alternativa all’occupazione. In sostanza, fa capire l’autore dell’articolo, la politica degli insediamenti potrebbe rivoltarsi contro i suoi artefici.

Ma, se la soluzione «due popoli due Stati» tramonta, cosa può succedere? Avi Gil è piuttosto drastico: «Israele perderà il suo carattere ebraico, e sarà la fine del sogno sionista».

«La dichiarazione contenuta nella Legge fondamentale (Israele come Stato nazionale del popolo ebraico, in cui si afferma che “il diritto di esercitare l’autodeterminazione nazionale nello Stato di Israele spetta esclusivamente al popolo ebraico”), verrà smascherata come vuota retorica in una realtà binazionale».

→  Leggi anche: Uno Stato di Palestina per salvare Israele

E in conclusione: «Proprio come il regime di apartheid in Sudafrica è crollato sotto la pressione internazionale, anche Israele potrebbe essere costretto a garantire diritti politici a chiunque viva all’interno della sua giurisdizione. Israele deve combattere con determinazione contro coloro che minano la sua esistenza, ma non deve dimenticare che senza un’iniziativa che miri a una soluzione a due Stati, rinuncia al proprio futuro».

Insomma, se la strategia palestinese dovesse abbracciare convintamente la prospettiva dello Stato unico, Israele potrebbe essere scioccato politicamente più di quanto non lo sia stato militarmente dall’attacco criminale di Hamas.

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