Un botto e il fuoco. Ieri sera, 17 ottobre, mentre in Terra Santa volgeva al termine la Giornata di preghiera e digiuno per la pace – lanciata dall’Assemblea degli Ordinari cattolici di Terra Santa e condivisa da tutte le comunità cristiane – l’attacco all’ospedale anglicano Al Ahli di Gaza ha oscurato la luce che la preghiera aveva alimentato per tutta la giornata.
In lutto per le vittime dell’ospedale centrato
All’improvviso un altro fuoco, quello della rabbia è divampato nelle piazze del mondo arabo, con disordini in diverse città palestinesi ma anche oltre i confini, fino a lambire l’Europa, dove torna l’incubo dei “cani sciolti”. Colpa o dolo, è iniziato subito il rimpallo di accuse tra Hamas – che attribuisce la responsabilità a un raid israeliano – e i vertici militari israeliani che parlano di fuoco amico (dall’inizio della guerra circa 450 razzi lanciati da Hamas sarebbero caduti all’interno della Striscia). Oggi la Chiesa anglicana ha osservato un giorno di lutto. Anche Patriarcato latino di Gerusalemme e Custodia di Terra Santa hanno voluto associarsi chiudendo per un giorno i loro uffici.
Poco dopo i fatti, la diocesi anglicana (o episcopaliana) di Gerusalemme, guidata dal vescovo Hosam Naum, ha diffuso una nota di condanna di questo «atroce attacco» nel cuore di Gaza, dove l’ospedale da oltre 120 anni offre protezione e cura. Un «crimine contro l’umanità» per il numero di vite perse (circa 500, secondo il ministero della Salute gazese) e per il luogo colpito – tutelato dal diritto umanitario internazionale – dove centinaia di persone avevano trovato rifugio considerandolo, appunto, una zona franca. Un forte appello si è levato dalla Chiesa anglicana perché il mondo esprima una condanna unanime e la comunità internazionale si impegni a proteggere i civili e affinché tali «orribili atti» non si ripetano.
Un crimine efferato
Quest’oggi i patriarchi e i capi delle Chiese di Gerusalemme hanno diffuso un’altra nota e convocato una conferenza stampa per condannare, tutti insieme, «l’attacco criminale»: «Dichiariamo senza equivoci che questa atrocità è un crimine efferato – si legge nel testo – che richiede la censura più severa a livello internazionale». I capi delle Chiese chiedono «giustizia, pace e la fine della sofferenza che ha colpito il popolo di Gaza».
In conferenza stampa, la lettura del messaggio dei capi delle Chiese è stata affidata al vescovo anglicano Hosam Naum: «Siamo uniti nel condannare questa terribile e devastante strage e la consideriamo un crimine contro l’umanità. Un luogo di rifugio, un luogo che dovrebbe essere di preghiera e di guarigione, ha finito per essere teatro di una strage orribile per il nostro popolo a Gaza». Solo poco prima dell’esplosione – ha raccontato il vescovo, visibilmente scosso –, le persone, i civili, si erano radunate nel cortile e cantavano per la pace, i bambini giocavano. Perché è accaduto questo? Perché due ore dopo, sono stati colpiti dalla morte?». Domande probabilmente senza risposta, che dicono tutta la costernazione, l’impotenza e il dolore davanti a simili fatti.
Solo due settimane fa, il vescovo Naum aveva visitato il nosocomio, in vista di nuovi progetti da realizzare insieme alla Federazione luterana mondiale, dopo la recente apertura del servizio di chemioterapia. Già tre giorni orsono l’ospedale era stato colpito da due razzi. Uno ha danneggiato il quarto piano e il tetto del nuovo centro diagnostico. L’altro ha colpito la stanza delle ecografie e delle mammografie al secondo piano. L’ospedale, ha riferito il vescovo, aveva ricevuto «tre avvisi di evacuazione» da parte israeliana, «sabato, domenica e lunedì», ma ieri «non mi risulta che siano stati dati avvisi in questo senso».
«Non chiuderemo i nostri reparti»
Dopo una prima evacuazione di emergenza, la struttura sanitaria è già tornata operativa: «L’ospedale continuerà a restare aperto. Siamo determinati, non solo la Chiesa anglicana ma tutte le Chiese, a mantenere aperte le nostre istituzioni, le nostre chiese, come luoghi di rifugio, specialmente per i più deboli, per le nostre donne e i nostri bambini, specialmente a Gaza».
Il vescovo Naum non si è fatto trascinare dalle domande dei giornalisti verso l’uno o l’altro schieramento: «Non siamo militari per determinare cosa sia avvenuto; non siamo giornalisti per analizzare; non siamo politici per decidere cosa fare. Quello che diciamo qui è che quanto è accaduto nell’ospedale è un crimine. Cessino le violenze e si arrivi a una pace giusta e duratura». Il presule anglicano ci ha tenuto semmai a ribadire costantemente il messaggio: «Come capi delle Chiese abbiamo detto molto chiaramente che siamo contrari a qualsiasi violenza contro i civili o le persone innocenti, da qualsiasi parte del conflitto. Lasciate che le persone vedano ciò che sta accadendo, anche al di là dell’ospedale, e trarranno la conclusione che ne abbiamo abbastanza di guerra e di tutte queste vite perse da entrambe le parti».
«I leader mondiali si schierino per la pace in questa terra»
Oggi era anche il giorno del presidente statunitense, Joe Biden, a Tel Aviv. L’inquilino della Casa Bianca ha ribadito il pieno sostegno a Israele – «non siete soli» – ma ha anche confermato che la soluzione all’annoso conflitto israelo-palestinese deve essere quella dei due Stati per due popoli. «Ciò che mi aspetto dal presidente Biden e da ogni leader mondiale – ha detto il vescovo anglicano sollecitato sull’argomento –, è che si schierino per la pace e la giustizia in questa terra, per porre fine al conflitto, in base alle risoluzioni dell’Onu e al diritto internazionale. Vogliamo essere una voce per la pace e la riconciliazione, a vantaggio di tutti, israeliani e palestinesi».
Naum ha anche confermato la volontà di tutte le Chiese di Terra Santa di affrontare unite ogni sfida, e di condividere ogni passo. All’orizzonte c’è anche una nuova giornata di digiuno e preghiera, proposta questa mattina a tutti i cristiani – ma anche agli altri credenti, nelle forme che vorranno – da papa Francesco per il prossimo 27 ottobre.