A che punto è il cammino della Chiesa in Medio Oriente e in Terra Santa? Quali sfide ha davanti a sé? A queste domande ha cercato di rispondere mons. Pierbattista Pizzaballa in un intenso dialogo con le religiose e i religiosi operanti in diocesi. L’incontro si è svolto domenica 10 settembre, nell’Auditorium Notre Dame di Gerusalemme (in diretta streaming per Cipro e Giordania). Schiacciante la presenza femminile in sala, per quello che è stato un momento di scambio franco e sincero, con tante domande e lampi di ilarità.
Radicati nella speranza
Il patriarca latino di Gerusalemme ha seguito la traccia della sua prolusione al simposio Radicati nella speranza, tenutosi a Cipro nell’aprile scorso. Anche la Terra Santa, ha ribadito, deve affrontare il fenomeno della scristianizzazione, causata non solo da fattori contingenti – come le migrazioni dovute ai grandi stravolgimenti politici – ma anche da un raffreddamento della vita di fede, dalla fragilità della formazione cristiana, dalla mancanza di empatia con i giovani.
Il patriarca ha esortato a riscoprire il proprio amore a Cristo per essere testimoni credibili della fede («Se non c’è l’incontro con la fede, il catechismo non serve»), a superare divisioni, rivalità e gelosie («Fare le cose insieme non toglie nulla a quello che siamo»), a occuparsi meno delle strutture e più delle persone.
Vox populi
Il dialogo tra le religiose e il patriarca si è acceso subito, senza i classici momenti di imbarazzo iniziale. È stato sollevato il problema della povertà dei libri di testo utilizzati per l’insegnamento della religione nelle scuole cattoliche; qualche intervento ha sottolineato la necessità che la formazione “classica” sia affiancata da esperienze forti, come il volontariato. La crisi delle famiglie, ha osservato qualche suora, si ripercuote sui giovani e sul loro atteggiamento verso la Chiesa e verso Dio stesso («Se Dio c’è, perché mi trovo in questa situazione?»). Qualche intervento ha messo in luce il tema del clericalismo – «Su questo bisogna crescere, lavorare nei seminari e nella formazione», ha ammesso il patriarca –; altre voci hanno espresso la fatica di vivere in condizione di minoranza.
Qua e là sono state lanciate anche proposte concrete: creare una banca dati con le competenze dei singoli religiosi, per fare meglio rete; elaborare un documento sulle fragilità a cui far fronte, per favorire una formazione dei religiosi che tenga conto delle esigenze della Chiesa locale; un maggiore “utilizzo” dei Luoghi Santi per la catechesi. Tutti punti che il patriarca ha accolto con favore, e che ha approfondito nelle sue risposte, invitando tutti a uno «sguardo libero» e «non troppo negativo».
Per una formazione integrale
Non è possibile che non esistano centri di spiritualità in arabo, o guide di Terra Santa in lingua araba, e che non si facciano pellegrinaggi con i fedeli locali ai Luoghi Santi. «Quante volte i giovani cercano qualcuno con cui parlare o luoghi in cui pregare, ma dentro la loro cultura! A volte entrare nei nostri conventi è come andare all’estero». È quasi uno sfogo quello del patriarca. Il patriarca non ha nascosto il suo disappunto per la carenza di offerta formativa e catechetica confermata dagli interventi emersi in Aula. Ma ha voluto portare all’attenzione di tutti anche alcune luci. Come i corsi biblici per adulti a Gerusalemme, Beit Sahour e Beit Jala, letteralmente presi d’assalto, segno che non manca l’interesse. La mancanza di formazione può diventare quasi drammatica in alcuni ambiti, come quello ospedaliero: «Il nostro personale non sa nulla sull’etica e la morale cattolica. E se non si arriva a fare l’aborto terapeutico, a quello farmaceutico sì! Non per cattiveria, ma per ignoranza».
Nuove povertà: famiglia e dipendenze
Sotto la lente delle «nuove povertà» finiscono la famiglia, sempre più divisa, e le dipendenze (droghe, alcol, pornografia): «Non c’è casa in cui si entra che non abbia di questi problemi», ammette Pizzaballa. Il patriarcato avvierà un Centro per la famiglia a Betlemme e Ramallah; forse anche a Nazaret e Haifa. In questo ambito, come in quello delle dipendenze, è necessario che ci sia una preparazione specifica anche in chi accompagna, per non fare danni ulteriori.
La risposta è l’amore
«Lei raccontava – ha detto il presule a una delle religiose intervenute – che si è fatta suora perché qualcuno l’ha fatta innamorare di Gesù. È stato così anche per me: ero bambino e volevo diventare come quel sacerdote meraviglioso che amava ed era amato da tutti. Ma se siamo tutti presi dalle cose da fare e non diamo alle persone tempo per stare con loro, per parlare con loro, come possiamo trasmettere questo amore per Cristo?».
Al di là di tutto – ha osservato mons. Pizzaballa –, i ragazzi che vivono una crisi «hanno bisogno di qualcuno vicino loro che gli voglia bene e non li faccia sentire soli». Chi ogni giorno si trova immerso in contesti estranei al cristianesimo «ha bisogno di sapere che alle spalle ha una comunità, anche se piccola».
Lavorare insieme
In una Chiesa in cui la presenza dei religiosi è tra le più ricche – circa 600 uomini e un migliaio di donne, oltre a 131 sacerdoti diocesani – la vitalità della fede fatica a farsi strada tra irrigidimenti sociali, tradizioni, e attaccamento a forme e strutture che ormai non rispondono più ai segni dei tempi. Il patriarca ha invitato i religiosi a liberarsi del peso di strutture inutili – «Mi è capitato di sentir dire: “Questa casa è per noi. Magari vuota, ma la casa è per noi”» –, a conoscersi, a lavorare insieme. «Non siamo qui a servizio della nostra opera, della congregazione, del Patriarcato, della Custodia… Siamo qui a servizio della Chiesa di Dio in Terra Santa, tutti insieme!», ha incalzato il patriarca, soggiungendo: «Faccio un esempio: i cinque gruppi partiti dalla Terra Santa per la Gmg di Lisbona, lo scorso agosto, non sono stati capaci di fare una sola foto tutti insieme…».
L’immagine che emerge dall’incontro del 10 settembre è quella di un ambito – quello religioso – ancora sbilanciato sulla conservazione, ma in cui la voglia di aprirsi, di superare le divisioni e di guardare avanti è grande.
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