Mentre Washington tratta con Teheran, nel corso di un intervento pubblico David Barnea – il capo del Mossad – ha fatto risuonare una chiara minaccia ai dirigenti politici e militari iraniani (e russi): Israele è pronto a far pagare un prezzo caro a chiunque decida di danneggiarlo.
Era prevedibile che gli sviluppi della situazione in Medio Oriente, con il disgelo tra Arabia Saudita e Iran promosso dalla Cina, la rinnovata alleanza energetica tra Arabia Saudita e Russia (tagli alla produzione di petrolio per tenere alti i prezzi) e l’apparente inerzia degli Usa, che continuano con discrezione a trattare con gli iraniani, non fossero troppo graditi alla dirigenza di Israele. Ecco dunque l’intervento di David Barnea, direttore del Mossad (il più celebre, forse, tra i servizi segreti israeliani – ndr), che alla conferenza annuale dell’Istituto internazionale per l’antiterrorismo dell’Università Reichman di Herzliya, il 10 settembre scorso, si è negato poco o nulla, su molti fronti.
Capitolo Iran. Barnea ha detto che «il terrorismo è diventato un’arma comune e a buon mercato nelle mani della Repubblica terroristica dell’Iran», e ha sottolineato che nell’ultimo anno Israele e i suoi alleati hanno sventato 27 attacchi terroristici in tutto il mondo. E ha aggiunto: «Fortunatamente per l’Iran, i suoi sforzi terroristici sono stati contrastati. Perché fortunatamente per loro? Perché finora siamo arrivati solo agli agenti operativi», mentre qualunque tentativo iraniano di colpire ebrei o israeliani «porterà a intervenire contro gli iraniani che hanno inviato i terroristi e anche contro i decisori, dagli operatori di terra ai comandanti che hanno approvato l’operazione fino ai massimi livelli. E dico sul serio».
Insomma, una minaccia diretta ai vertici politici di Teheran, che infatti non è rimasta senza risposta: Nasser Kanani, portavoce del ministero degli Esteri iraniano, ha detto che il suo Paese non esiterà a rispondere alle mosse «sciocche» degli israeliani, aggiungendo che «un annuncio così esplicito di complotti per assassinare i funzionari di un Paese è perfettamente indicativo della natura terroristica del regime di Israele».
L’uscita sull’Iran di Barnea (è chiaro che dichiarazioni di questo genere implicano il consenso del premier Benjamin Netanyahu) è stata dai più interpretata come un messaggio neppur troppo indiretto alla Casa Bianca e al presidente Biden: Israele sa che i contatti tra gli Usa e l’Iran proseguono e teme che Washington finisca in qualche modo per adattarsi allo spostamento degli equilibri in corso in Medio Oriente, trascurando la preoccupazione di Israele, convinto che l’Iran stia aumentando i propri sforzi per danneggiare lo storico rivale. Accusa che l’Iran ritorce contro Israele, a sua volta accusato di una serie di omicidi mirati, a Teheran e dintorni, contro scienziati e funzionari iraniani impegnati nel settore nucleare.
Come si diceva, Barnea si è rivolto anche a Mosca per le intese con l’Iran nel campo degli armamenti e delle rotte commerciali. Il direttore del Mossad ha detto che «un recente tentativo da parte dell’Iran di fornire missili alla Russia nel contesto della guerra contro l’Ucraina è stato sventato, e ho la sensazione che altri accordi verranno sventati presto». Di fatto Barnea ha ricordato al Cremlino il patto non scritto, ma piuttosto evidente, rimasto in vigore in questo primo anno e sette mesi di guerra in Ucraina: Israele non fornisce armi all’Ucraina, la Russia non presti aiuto al regime iraniano.