Storie, attualità e archeologia dal Medio Oriente e dal mondo della Bibbia

Ascoltare, per un esodo autentico

fra Matteo Brena ofm
4 settembre 2023
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Ascoltare, per un esodo autentico
Jan Vermeer (attribuito), Gesù in casa di Marta e Maria (dettaglio, 1656), Galleria Nazionale di Scozia, Edimburgo

La Bibbia ci racconta che è necessario aprire gli «orecchi del cuore» nell’ascolto della Parola, non per capire che cosa si deve fare, ma per scoprire la realtà delle cose e come tutto funziona. Così ha inizio un cammino di uscita da sé.


In alcune culture antiche del Medio Oriente il verbo ascoltare ha una forte connessione con il significato di «obbedire», in quanto l’ascolto non prevede discussione, ma testimonianza. Colui che ascolta è colui che obbedisce e diventa automaticamente testimone, perché fa esperienza di ciò che ha ascoltato. Nell’Antico Testamento il verbo ascoltare è usato più di mille volte. La radice del verbo ebraico shemà richiama il significato dell’ascoltare, di sperimentare e obbedire, ma va anche oltre le sfumature condivise con le lingue della Mezzaluna fertile. L’ascolto infatti è il luogo esistenziale nel quale Dio comunica con l’uomo, talvolta attraverso la natura e i suoi eventi e talvolta attraverso la sua Parola. Nella Bibbia l’uomo è chiamato ad ascoltare la davàr, in ebraico «la Parola», che è allo stesso tempo suono e fatto. Nella Bibbia Dio è Colui che parla: parlando cerca relazione con l’uomo e interpella la sua libertà.

Quando si ascolta la Parola di Dio, si ascolta una realtà viva e vivente, si ascolta la realtà delle cose, la loro origine, il loro fine, il loro significato, ma soprattutto la Parola rivela come funziona la realtà. Quindi per un credente, così come è stato per il popolo di Israele, ogni volta che viene accolto un testo della Bibbia, si dà inizio a un esodo, a un cammino di uscita da sé per incontrare un Altro. Nel libro del Deuteronomio, in particolare, viene portato a tema un livello di ascolto che coinvolge il cuore. La Parola di Dio ha bisogno di superare il confine dell’ascolto fisico ed essere accolta nel profondo e diventare battito cardiaco, ossigeno e nutrimento al pensiero che diviene a sua volta parola. Ecco perché in tutta la Scrittura il ritmo è dato dal comando dell’ascolto.

È grazie all’ascolto che il popolo d’Israele (e noi) entra nella vita di Dio e permette a Dio di entrare nel suo percorso vero la terra promessa. Anche Gesù conferma che il grande comando dello Shemà Israel, enunciato nel libro del Deuteronomio, è centrale per la conoscenza di Dio e quindi la conoscenza dell’amore. È il cuore che ascolta attraverso l’orecchio! Per questo secondo la Bibbia l’orecchio non è semplicemente l’organo dell’udito, ma la sede della conoscenza, dell’intelligenza e si trova in rapporto strettissimo con il cuore che è il centro che unisce le sfere affettiva, razionale e volitiva della persona. Nell’esortazione apostolica Evangelii gaudium, papa Francesco afferma che solo facendo attenzione a chi ascoltiamo, a cosa ascoltiamo, a come ascoltiamo, possiamo crescere nell’arte di comunicare, il cui centro non è una teoria o una tecnica, ma la «capacità del cuore che rende possibile la prossimità» (Eg 171). Senza questa attenzione il rischio è che l’uomo soffra di una sordità interiore che non permette a nessun seme di poter germinare e generare un cambiamento.

Secondo la tradizione ebraico-cristiana, ascoltare è l’atteggiamento fondamentale della preghiera che è opposto di quello che riduce al silenzio Dio per lasciar spazio alle parole dell’uomo che spesso esprimono richieste più che un ringraziamento. Nei vangeli Gesù, dopo aver raccontato la parabola del seminatore, invita i suoi discepoli a verificare la qualità del loro ascolto lasciando intendere che non basta ascoltare, ma è necessario farlo bene, con qualità. Solo chi accoglie la Parola con il cuore e la custodisce fedelmente porta frutti di vita e di salvezza che rendono visibile la dimensione dell’amore che è la dimensione del Regno che Gesù sta annunciando. Anche per san Francesco d’Assisi, uomo evangelico, è stato centrale l’atteggiamento dell’ascolto che gli ha permesso di operare i più significativi cambiamenti nella sua vita. La sua conversione parte proprio dall’ascolto di sé, dal suo non sentirsi felice, per poi ascoltare la presenza di Dio, la sua Parola, il povero e infine il fratello.

Alla luce della sua esperienza, Francesco invita i propri frati a «inclinare l’orecchio del cuore» senza indugio. Non è solo compassione da praticare, ma il modo per comprendere la realtà di sé stessi e delle cose. Anche per noi, quindi, il primo ascolto da riscoprire è quello di sé, delle esigenze profonde, per poi vivere relazioni autentiche dove si sperimenta una comunicazione vera. Ascoltare significa «dire» la presenza dell’altro e permettergli di esistere raccontandosi e consegnandosi. Accettare di fare spazio in noi stessi per diventare dimora dell’altro, attraverso l’esperienza dell’ascolto, l’orecchio del cuore.

(Fra Matteo Brena è Commissario di Terra Santa per la Toscana)

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