Scarcerati dopo quasi cinque mesi due fra i principali oppositori al regime di Kais Saied, ma non si fermano le proteste per gli altri prigionieri politici. «Continueremo a lottare» ha dichiarato Chaima Issa dopo il rilascio
Sono stati rilasciati anche grazie alle pressioni internazionali dopo quasi cinque mesi di detenzione Chaima Issa e Lazhar Akremi, due fra i più acerrimi oppositori al regime del presidente tunisino Kais Saied. Arrestata lo scorso 22 febbraio, insieme all’avvocato Akremi, la scrittrice e attivista per i diritti delle donne Chaima Issa era accusata di «cospirazione contro la sicurezza dello Stato». La loro liberazione è stata resa nota dalla loro avvocatessa Monia Bouali, si legge su Al Jazeera.
Chaima Issa, fondatrice del movimento «Cittadini contro il colpo di Stato», è una dei leader dell’opposizione riunita nella coalizione del Fronte di salvezza nazionale, la principale piattaforma che negli ultimi due anni ha organizzato il dissenso e le proteste contro la deriva autoritaria del presidente Saied.
Lazhar Akremi, giurista che è stato anche ministro per i Rapporti con il Parlamento dopo la caduta dell’ex dittatore Ben Ali e la rivoluzione dei Gelsomini del 2011, è diventato una delle voci più critiche contro il Capo dello Stato. Poco prima del rilascio, decine di familiari degli altri detenuti per reati d’opinione hanno protestato davanti al tribunale a Tunisi, chiedendo la liberazione dei loro cari. «L’ingiustizia contro gli altri prigionieri politici deve finire», ha dichiarato la Issa all’agenzia Reuters subito dopo l’uscita dal carcere. «Arrestare tutti i dissidenti – ha aggiunto – non risolverà i problemi della Tunisia. Abbiamo pagato il prezzo delle critiche, ma dobbiamo continuare».
Altri oppositori politici restano in carcere
Il giudice ha accolto le richieste di scarcerazione per i due attivisti, ma ha fatto sapere che, nonostante le pressioni di diverse organizzazioni per i diritti umani oltre a quelle dei loro familiari e compagni di militanza, non libererà altri oppositori politici. Saied, del resto, negli ultimi due anni ha fortemente limitato fino quasi ad annullarla l’indipendenza della magistratura e continua a definire gli oppositori «terroristi» e «traditori»: ha detto, tra l’altro, che i giudici che dovessero liberarli risulterebbero «fiancheggiatori dei loro crimini».
Lo scorso maggio anche la giurista ed ex parlamentare Bochra Bel Haj Hamida è stata informata di esser stata iscritta nel registro degli indagati per «cospirazione contro la sicurezza dello Stato» insieme agli altri tre avvocati Noureddine Bhiri, Ayachi Hammami e Ahmed Nejib Chebb. Non si ferma insomma la deriva autocratica avviata da Saied due anni fa con la sospensione del Parlamento, con un colpo di Stato condannato dalla comunità internazionale e che egli ha definito «necessario per salvare il Paese dal caos e dalla corruzione».
Aiuti economici, a condizione che…
Nei mesi scorsi il Fondo monetario internazionale aveva vincolato a una serie di riforme il conferimento di 1,9 miliardi di dollari come piano di salvataggio per la Tunisia. Ma queste condizioni e pressioni non hanno fermato la firma nei giorni scorsi dell’accordo fra l’Unione europea e la Tunisia per aiuti economici in cambio di un maggior controllo sulle partenze di immigrati. La presidentessa della Commissione europea Ursula von der Leyen ha espresso soddisfazione per l’accordo che prevede lo stanziamento di 100 milioni di euro per bloccare il traffico di esseri umani, aumentare la sicurezza sui confini e investire sull’incremento del commercio e transizione ecologica.
Al 24 luglio 2023, secondo i dati del Ministero dell’Interno italiano, sono stati 86.132 (fra i quali 20.183 nel solo mese di luglio) i migranti sbarcati quest’anno sulle coste italiane, contro i 36.600 dello scorso anno e i 27.223 del 2021. I principali Paesi di provenienza sono Costa d’Avorio (9.961), Guinea (9.785) ed Egitto (7.751). La Tunisia è al sesto posto con 5.644 migranti, ma ha soprattutto soppiantato la Libia come stazione di partenza di chi cerca riparo da guerre, siccità, calamità naturali e mancanza di lavoro nel proprio Paese.