(g.c.) – Qualche giorno fa, precisamente il 27 giugno, si sono conclusi i lavori di scavo nell’area antistante l’Edicola del Santo Sepolcro a Gerusalemme, nell’ambito del programma di restauro del pavimento della basilica. Le indagini archeologiche in questa zona, svolte a cura del Dipartimento di Scienze dell’Antichità della Sapienza Università di Roma, sotto la direzione di Francesca Romana Stasolla, si sono rivelate ricche di sorprese. «Nessuno di noi si aspettava rinvenimenti di questa portata», spiega fra Amedeo Ricco, archeologo dello Studium Biblicum Franciscanum di Gerusalemme, che fa parte dell’équipe di scavo.
Ma quali sono le principali scoperte?
«I lavori – spiega un comunicato della Sapienza Università di Roma diramato oggi dalla Custodia di Terra Santa – hanno consentito di rivenire l’articolazione paleocristiana della sistemazione dell’Edicola, alla quale si accedeva tramite due gradini in marmo bianco.
Davanti ad essa, si estendeva una pavimentazione in lastre litiche, della quale si sono rinvenute le tracce nella malta di preparazione; di esse è possibile ricostruire le misure e l’andamento. Tale pavimentazione proseguiva per circa 6 metri verso est, fino a congiungersi con un piano di grandi blocchi litici bianchi, ben lisciati, disposti con andamento nord-sud.
Questa sistemazione rappresenta l’aspetto finale della Rotonda alla fine del IV secolo, come viene datato dal ripostiglio monetale rivenuto al di sotto della preparazione pavimentale in lastre litiche e che ha, come ultime emissioni, le monete dell’imperatore Valente (364-378).
Il rinvenimento di tratti di muratura anteriori la fine del IV secolo conferma la presenza di forme di organizzazione della Rotonda nel corso del secolo, ancora da ricostruire nella loro interezza».
Una conferma di datazione
La grande mole di ritrovamenti necessita certamente di altri studi e approfondimenti. Il ripostiglio monetale ritrovato ci dà però una datazione certa della conclusione dei lavori di questa fase.
Come era usanza, al termine degli interventi di cantiere, si depositavano come gesto benaugurante delle monete. La più recente porta la data del 378 d.C. Egeria è dunque arrivata a Gerusalemme e ha descritto il Sepolcro pochi anni dopo la conclusione di questa fase di monumentalizzazione.
«Sono inoltre emersi – spiega ancora il comunicato firmato dalla prof.ssa Stasolla – i resti della base della balaustra della recinzione liturgica cinquecentesca, rimasta in uso fino ai rifacimenti ottocenteschi.
Fra i manufatti, appare significativo un frammento di rivestimento parietale, con ogni probabilità dell’Edicola, di una fase antecedente al rifacimento ottocentesco, ricco di graffiti databili al XVIII secolo in varie lingue, fra le quali spiccano il greco, il latino, l’armeno».
L’indagine archeologica si è svolta anche nel sacello antistante la tomba vuota, la cosiddetta cappella dell’Angelo. In quest’area «sul banco di roccia poggiava direttamente una pavimentazione in lastre in marmo grigio di cui rimangono pochissimi resti al di sotto dello zoccolo dell’attuale Edicola. Rimangono anche i lacerti di muretti con andamento nord-sud che dovevano costituire le basi delle recinzioni liturgiche menzionate anche dalla pellegrina Egeria alla fine del IV secolo; poco più all’interno, tagli nella roccia segnano la posizione del piccolo altare che sosteneva parte della pietra di chiusura del sepolcro.
Fra la cappella dell’Angelo e la tomba, la lavorazione della roccia e scarsissimi resti di rivestimento parietale in marmo consentono di ricostruire la configurazione dell’apertura del vano, leggermente absidato verso la cappella stessa».
Ma è proprio all’interno della tomba che sono emersi dettagli molto rilevanti. Il restauro del pavimento all’interno dell’Edicola ha consentito di effettuare una pulizia archeologica anche al di sotto delle lastre.
Cosa è emerso? «In sezione è visibile una precedente pavimentazione marmorea di età medievale, quindi la lavorazione della roccia stessa, con tracce di frequentazione intensa che l’hanno resa estremamente liscia.
È stata rintracciata e documentata parte del fondo di una camera funeraria analoga a quelli rinvenuti nella porzione nord della Rotonda, riempita e sistemata per favorire la frequentazione da parte dei pellegrini fin dal periodo paleocristiano».
Un particolare, a ben vedere, per nulla irrilevante per la cristianità. Significa, come si deduce dal comunicato, che davvero il luogo monumentalizzato e reso fruibile per il culto dei pellegrini era una camera funeraria a tutti gli effetti. Quello che finora era ritenuto un dato della tradizione, sembrerebbe ora confermato dall’archeologia.