In Israele procede l’iter parlamentare che dovrebbe portare al varo della riforma giudiziaria promossa dal sesto governo Netanyahu per ridurre gli spazi di manovra della Corte suprema, dando la prevalenza ai legislatori e al governo, in forza del mandato popolare che hanno ricevuto.
In una seduta notturna, l’11 luglio scorso la Knesset ha approvato in prima lettura la norma che impedirà alla Corte suprema di sindacare – come può fare ora – la ragionevolezza degli atti legislativi. Altri passaggi saranno necessari per farla diventare legge.
Da sette mesi, ormai, continuano, sempre più decise, le manifestazioni di piazza dei molti israeliani (soprattutto ebrei) che paventano il rischio di dittatura e il venire meno di un opportuno bilanciamento tra i poteri dello Stato.
In una delle loro «giornate di resistenza», l’11 luglio i manifestanti hanno bloccato il traffico su alcune importanti arterie stradali e occupato la stazione ferroviaria dell’aeroporto Ben Gurion. La polizia è intervenuta per rimuovere i blocchi. Una settantina di persone sono state fermate.
L’elettorato è spaccato: in tanti – con toni altrettanto accesi – sostengono la necessità di questa riforma e appoggiano l’iniziativa del governo, accusando gli antagonisti di essere agitatori di sinistra. (g.s.)