Nei cinque giorni dell’hajj, dal 25 al 30 giugno, in Arabia Saudita le temperature si sono sempre mantenute, di giorno, su una media di 44 gradi. Almeno 230 persone sono morte, uccise dalla calura.
Il surriscaldamento climatico del Golfo Persico ha colpito con durezza l’hajj di quest’anno, il grande pellegrinaggio musulmano alla Mecca che si è concluso il 30 giugno. Almeno 230 pellegrini sono morti per patologie connesse alle temperature infuocate e migliaia sono stati i malori, i ricoveri in ospedale. Solo il 29 giugno, sono stati registrati dalle autorità saudite 1.700 casi di rilievo, tanto da indurre il ministero della Sanità a lanciare continui appelli ai devoti perché rimanessero il più possibile all’ombra e bevessero grandi quantità di acqua, cosa praticamente impossibile per le masse che avevano scalato le pietre granitiche del Monte Arafat, luogo di massimo culto insieme al monolite della Kaaba.
Le distese sterminate di ombrelli aperti per proteggersi dal sole poco hanno potuto fare contro le colonnine di mercurio dei termometri che schizzavano, nelle ore diurne, verso i 50 gradi, e che mandavano in tilt anche i cellulari e le altre attrezzature elettroniche, aggiungendo caos al caos nei soccorsi. La monarchia saudita aveva mobilitato migliaia di paramedici e allestito ospedali da campo per cercare di contenere i rischi. Nei cinque giorni dell’hajj, iniziato domenica 25 giugno, le temperature si sono sempre mantenute, durante i riti quotidiani, su una media di 44 gradi, ha riferito il Centro nazionale di meteorologia del Regno.
Nemmeno i numeri hanno aiutato, sebbene gli organizzatori sauditi ne siano orgogliosi: quello del 2023 è stato un pellegrinaggio record, con circa un milione e 800 mila pellegrini, secondo solo all’hajj pre-Covid del 2019, quando ad affluire alla Mecca furono in 2 milioni e mezzo di musulmani da tutto il mondo. Nel 2020, nel pieno della pandemia e delle misure restrittive, erano arrivati solo in 10mila, nel 2021 in 60 mila, poi nel 2022 la marea di folla, un milione di pellegrini, ha ricominciato a fluire verso la Mecca.
Il pellegrinaggio sacro costituisce uno dei cinque pilastri dell’islam. Un buon musulmano, che abbia mezzi e possibilità, dovrebbe compierlo almeno una volta nella vita. Quest’anno ad intraprenderlo sono stati tantissimi anziani e pensionati, penalizzati negli scorsi anni dalle misure anti-Covid che stabilivano, tra le altre restrizioni, un’età massima di 65 anni.
Una cifra ufficiale delle vittime del caldo non è stata fornita. Attraverso ricostruzioni di varie fonti, i morti accertati sono, come dicevamo all’inizio, almeno 230: il consolato indonesiano ha comunicato che 209 connazionali in pellegrinaggio hanno perso la vita a causa di infarti e problemi respiratori dovuti alle alte temperature. L’Egitto ha riferito di 8 morti, l’Algeria di altri 8 e il Marocco di quattro. È rimasto vittima del calore anche il più anziano pellegrino iraniano, un uomo di 114 anni, secondo quanto scritto dall’agenzia iraniana Fars. Si tratta di informazioni sparpagliate che suggeriscono un bilancio probabilmente molto più alto, tenuto conto dell’affluenza internazionale e diversificata alla Mecca. In base alle cifre finali fornite dalle autorità saudite – e riportate dalla Saudi Gazette – dai Paesi arabi (esclusa l’Arabia saudita) sono arrivati circa 346 mila pellegrini, ovvero il 21 per cento del totale, dall’Asia un milione e 50 mila (il 63,5 per cento), dall’Africa subsahariana quasi 221 mila devoti (13,4 per cento), mentre da Europa, Australia e Americhe sono affluiti oltre 36 mila pellegrini (il 2,1% del totale). I fedeli giunti dall’Arabia Saudita stessa sono stati circa 184 mila.
L’hajj non ha una data fissa, ma slitta di anno in anno, in quanto il mondo musulmano segue – con l’eccezione dell’Iran- il calendario lunare. Fino al 2026, continuerà a svolgersi nei mesi più caldi per l’Arabia Saudita. Il futuro prossimo, perciò, non promette niente di buono. «Ciò che sappiamo dalle nostre misurazioni e dai nostri modelli meteorologici è che le cose stanno diventando veramente calde in Medio Oriente e in particolare nella regione del Golfo», ha spiegato in un’intervista alla rivista statunitense Time Jos Lelievend, esperto del Max Planck Institute. Diversi studi scientifici, incluso uno elaborato alla Yale University, dimostrano che le temperature nell’area mediorientale si stanno innalzando quasi del doppio rispetto alla media mondiale. In un rapporto del 2021, il Comitato climatico intergovernativo delle Nazioni Unite (Ipcc) ha prospettato che diverse parti del Golfo Persico possano diventare inabitabili alla fine di questo secolo.
L’hajj, che ha alle spalle una storia di prove drammatiche tra attentati, scontri tra correnti diverse dell’islam, calche catastrofiche, adesso deve affrontare una minaccia ancora più temibile e di lungo periodo: il caldo che sta soffocando la regione e i luoghi dove il profeta Maometto rivelò il messaggio di Allah.