Storie, attualità e archeologia dal Medio Oriente e dal mondo della Bibbia

Il fiume che bagna tutta la Bibbia

Gianfranco Ravasi
18 luglio 2023
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Il fiume che bagna tutta la Bibbia
Giordania, Wadi al-Kharrar. Le acque del Giordano presso il sito del Battesimo di Gesù. (foto Shutterstock.com)

Il Giordano? Una meta verso cui Israele pellegrino tende, ma anche una tappa da superare e lasciarsi alle spalle. Perché la Terra promessa è al di là del fiume. Pubblichiamo un brano del capitolo introduttivo del nuovo libro del cardinale Gianfranco Ravasi dedicato al fiume che «attraversa» la storia della Salvezza


Prima di individuarlo sulle mappe geografiche del Vicino Oriente, prima di affondare le nostre mani nelle sue acque, alla sua sorgente o alla sua uscita dal lago di Tiberiade, noi cerchiamo il volto del Giordano, la sua nascita, la sua corsa e la sua morte all’interno delle pagine bibliche. In esse egli scorre con le sue acque feconde e benedette. Nel solo Antico Testamento il suo nome risuona ben centottantotto volte e, tranne che in due casi, sempre con l’articolo ha-Jarden, «il Giordano», il fiume unico e santo per eccellenza. La sua presenza si distribuisce in quasi tutta la trama della storia dell’antico Israele, a partire dalla remota vicenda di Abramo, giunto nella terra al di là del Giordano dalla lontana Ur di Mesopotamia per approdare alle soglie dell’era cristiana con l’avventura dei Maccabei, i duri combattenti della libertà ebraica del II secolo a.C.

Nel Nuovo Testamento il fiume apparirà solo nei Vangeli, ma in un evento capitale per la vita di Cristo e della Chiesa, il suo battesimo, inaugurazione solenne della sua missione di salvatore e di rivelatore del Padre.

Eppure, questo fiume così decisivo è nella Bibbia avvolto in un’atmosfera enigmatica; e non solo, come subito vedremo, per il suo nome dal significato e dalle origini un po’ misteriose. Il Giordano infatti è, sì, un grande segno di confine, è una meta radiosa verso cui l’Israele pellegrino del deserto sinaitico tende con tutta l’ansia e con tutta la gioia del cuore. Ma il Giordano è anche una tappa da superare e lasciare alle spalle, quasi da dimenticare. Nella Bibbia risuona spesso l’espressione «oltre il Giordano»: la terra promessa è al di là del fiume, l’oggetto dell’attesa profonda di Israele è oltre il Giordano, la meta definitiva è, quindi, un «al di là», un «oltre». In questa luce, come insegnerà la tradizione posteriore cristiana che noi successivamente seguiremo, il Giordano diventa la frontiera verso la terra e la città della speranza ultima. È come un indice puntato che indirizza altrove tutti noi che siamo «pellegrini e stranieri come i nostri padri» (Primo libro delle Cronache 29,15). Perché noi non abbiamo qui, sulle sponde del Giordano, «la nostra città stabile ma cerchiamo una città futura» (Lettera agli Ebrei 13,14).

Agli inizi dell’era cristiana, ad Alessandria d’Egitto, il maggior filosofo ebreo del tempo, Filone, scriveva nella sua opera Allegorie delle sacre leggi: «Giacobbe (in Genesi 32,11) afferma: “Col mio bastone ho attraversato questo fiume Giordano”. La parola “Giordano” significa “discesa”. È proprio della creatura infima, terrestre e corruttibile, sprofondarsi nel vizio e nella passione. Anche l’intelligenza dell’asceta, nell’educazione, attraversa queste cose…» (II, 89). In mezzo alla speculazione libera e allegorica che si distende per le migliaia di pagine delle sue opere, questo filosofo ha lasciato cadere una piccola gemma filologica: il nome «Giordano» significa «discesa», come in ebraico il verbo jarad indica il «discendere», il «fluire» delle acque.

A livello popolare, nell’antichità, non c’erano dubbi: il Giordano col suo correre precipitoso nella fossa che da esso prenderà il nome è per eccellenza «la corrente» che «discende» nel grembo sterile del Mar Morto. E naturalmente ai cristiani non parrà vero di poter ammiccare a quella «discesa» per scoprire il segno segreto di un’altra decisiva «discesa», quella del Verbo di Dio nella sabbia della terra e della storia.

Sarà un altro filosofo di Alessandria d’Egitto, il cristiano Origene, a intessere attorno al nome del Giordano – nel III secolo – un festone di passi biblici: «Il Figlio dell’uomo è disceso dal cielo… Io sono il pane disceso dal cielo… Ma come può dire: Io sono disceso dal cielo?… Io sono il pane vivo disceso dal cielo…» (Vangelo di Giovanni 3,13; 6,41-42.51). Ma, qualche anno dopo Filone, ecco un altro celebre ebreo, lo storico Giuseppe Flavio, testimone delle ore fatali di Gerusalemme sotto il potere ro mano, avanzare un’altra decifrazione di quel nome caro alla Bibbia. Nella sua opera Antichità giudaiche (I, 177) egli tenta un curioso anagramma scindendo il termine in due vocaboli ebraici: je’or, «fiume» e dan, la località da cui ha origine una delle tre sorgenti che generano il fiume.

Nasce, così, una nuova interpretazione che, più di tre secoli dopo, verrà raccolta proprio in Palestina dal grande traduttore della Bibbia in latino, san Girolamo, che senza esitazioni spiegherà la parola «Giordano» come «il fiume di Dan». E per creare un accordo tra le due differenti spiegazioni, il Talmud, la colossale raccolta delle tradizioni giudaiche, concluderà salomonicamente: «Perché è chiamato Giordano? Perché è il fiume che discende da Dan»! Ma l’enigma di quel nome era destinato a riservare altre sorprese, soprattutto col progredire delle scienze linguistiche. Già nel XIII secolo a.C. un’iscrizione del faraone Ramses II, forse l’oppressore degli ebrei in Egitto, citava il fiume jrdn, in cui si ritrovano le lettere del Giordano. Ma, ancora più indietro di sette secoli, in una descrizione della Palestina presente in quello straordinario romanzo d’avventure che è Sinuhe l’egiziano (1900 a.C.), rielaborato fantasiosamente nel 1945 dallo scrittore finlandese Mika Waltari, il Giordano era già ben noto col suo nome, molto prima che il piede di Abramo calpestasse la terra di quella regione.

Ed ecco un’altra sorpresa: se noi sfogliamo i poemi di Omero, scopriamo che esistevano altri «Giordani» che nel loro nome evocavano il protagonista di un mito, quello di Iardano, padre di Onfalia, la sposa di Ercole e regina dei meonii. Così nell’Iliade è citato un Iardano, fiume dell’Elide, regione occidentale del Peloponneso con capitale Olimpia (VII, 135), mentre nell’Odissea si ricorda che i cidonii di Creta abitavano sulle rive di un altro Iardano, identificabile forse con l’odierno fiume Platanias della costa settentrionale dell’isola (III, 292).

Ma c’è ancora un’altra sorpresa. Uno studioso tedesco, L. Kohler, aveva fissato la sua attenzione sulla lingua iranica antica ove esiste il vocabolo jardanus che significa «fiume annuale», cioè con acqua perenne. E, per finire, in bielorusso il fiume Rodano è detto Jerdan, proprio come il Giordano.

E allora, qual è l’enigma di questo nome che è citato anche da tutti gli storici e i geografi dell’antichità, da Strabone a Polibio, da Pausania a Plinio? Forse dobbiamo riconoscere che il nome del fiume più ebraico e biblico non è né ebraico né biblico. Probabilmente è un nome comune di origine mediterranea antica, destinato a indicare genericamente un corso d’acqua ma il cui vero senso ci è ignoto. Il Giordano – che oggi gli arabi chiamano el-Urdunn (Giordano) ma anche esh-Sheri’ah el-Kebirah, «il Grande Abbeveratoio» dei greggi, della terra e degli uomini – è quasi un fiume universale anche nel nome.

Ed è suggestiva, in questo senso, la meditazione che lo scrittore Luigi Santucci fa sul Giordano nel volume Pellegrini in Terrasanta (1987): «Il Giordano è, sì, il fiume della Palestina; ma è anche un fiume per così dire assoluto, disarticolato dalla geografia. Esso scorre nella mappa extraterrena della salvezza. Come il Letè e l’Eunoè del dantesco Purgatorio, deputati a darci insieme oblio e memoria. Poco conterà, allora, se Cristo ebbe il battesimo in quest’ansa o altrove.

Nella sua metafisicità il Giordano è dunque onnipresente a sé stesso in ogni dove, tutte le sue gocce o sassi o ligustri si equivalgono: com’è della sacra particola, che in ciascun frammento contiene tutto il Cristo. Fiume, dicevo, metafisico. Archetipo e simbolo. Ma insieme m’è parso vero il contrario. Del Giordano ho colto cioè una meravigliosa ambivalenza, che ne fa riapparire la geograficità, il suo giusto abitare la propria terra». Fiume universale, quindi, ma anche fiume di Palestina; fiume di terre e di letterature diverse, ma anche e soprattutto noto a tutti oggi perché fiume di Israele e della Bibbia.

Un teologo giapponese, Kosuke Koyama, docente allo Union Theological Seminary di New York, ha pubblicato nel 1985 un volume dal titolo curioso, Mount Fuji and Mount Sinai. In esso tentava di confrontare il monte sacro shintoista, il Fuji-yama, e il monte sacro della Bibbia, il Sinai, per definire la vicinanza e la lontananza spirituale di due mondi religiosi. Il Giordano e i fiumi più noti della terra hanno in comune l’acqua e forse alcuni radicali valori simbolici di vita, di purificazione, di fecondità. Ma il Giordano è un fiume unico. Ed è alla Bibbia che deve questa sua unicità.

Terrasanta 4/2023
Luglio-Agosto 2023

Terrasanta 4/2023

Il sommario dei temi toccati nel numero di luglio-agosto 2023 di Terrasanta su carta. Al centro, il Dossier dedicato alla situazione in Siria con un reportage da Damasco, Aleppo e Latakia dove abbiamo incontrato i francescani e il popolo delle loro comunità.

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Aleppo, a che punto è la notte?
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Un viaggio di fine giugno 2023 in Siria, e in particolare ad Aleppo, dà origine a questo reportage pubblicato nelle 16 pagine centrali del Dossier di Terrasanta in questo numero di luglio-agosto 2023.

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Una grande mescolanza culturale, religiosa e di scambi scientifici diede origine nell’Alto Medioevo nella città campana alla leggendaria Scuola di medicina voluta da maestri cristiani, ebrei e musulmani, considerata la più antica università d’Europa. Un’istituzione nata durante la dominazione longobarda e che toccò il suo l’apogeo sotto i normanni.

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