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Gli antichi scribi senza segreti

Giulia Ceccutti
17 luglio 2023
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Gli antichi scribi senza segreti

Un libro dedicato agli scribi antichi. In un ideale viaggio che parte dalla Mesopotamia della fine del IV millennio a.C., per toccare l’antico Egitto, e poi concentrarsi sulla Grecia e il mondo egeo del III e II millennio a.C.


Un lungo viaggio che parte dalla Mesopotamia della fine del IV millennio a.C., per toccare il ruolo degli scribi e dei tre diversi tipi di scrittura (geroglifica, ieratica e demotica) nell’antico Egitto, e poi spostarsi in Grecia, al mondo egeo del III e II millennio a.C.

Un percorso che propone frequenti incursioni nei miti di ciascuna civiltà, e che si avvale di immagini, presenti quasi in ogni pagina. Sono frammenti di iscrizioni, spesso fotografati e riprodotti attraverso facsimili; reperti archeologici; tavole e disegni; cartine e mappe.

Un itinerario, in sintesi, che è il risultato di un lavoro immenso e rigoroso: quello compiuto da Louis Godart – già docente di Civiltà egee all’Università Federico II di Napoli e dal 2002 al 2015 consigliere per il patrimonio artistico presso la presidenza della Repubblica Italiana – e raccolto in questo volume pubblicato di recente. L’idea iniziale dell’opera risale al 2001, come racconta l’autore nell’Introduzione.

Cuore e principale novità del testo risiedono nello studio della figura, del ruolo e delle abitudini dello scriba egeo. Un’impresa, per varie ragioni, tutt’altro che facile, spiega Godart, il quale ha tra l’altro «il privilegio di essere associato alla pubblicazione di tutte le iscrizioni minoiche e micenee che gli scavi, dal 1900 a oggi, hanno riportato alla luce nelle varie località dell’Egeo».

Impresa difficile innanzitutto a causa dell’esiguo numero di testi disponibili rispetto a quelli in mano a orientalisti ed egittologi («Di fronte all’immenso materiale di cui dispongono gli studiosi dei documenti delle civiltà del Medio e Vicino Oriente e dell’Egitto, […] lo specialista delle scritture egee può sembrare un “parente povero, anzi quasi sprovveduto”»). In secondo luogo per l’assenza di documenti in cui compaia il nome di chi li ha vergati. In terza istanza – a differenza di quanto accade, ad esempio, in ambito egizio – per la mancanza di immagini di scriba egei al lavoro. A fronte di tali difficoltà, vengono però illustrati i criteri seguiti dall’autore per analizzare e paragonare i gruppi di testi rinvenuti per la civiltà proto- e neo-palaziale minoica e micenea e giungere, tra l’altro, ad attribuirli a diversi scribi.

Ciò che nel complesso emerge è un ritratto dello scriba sotto una luce inedita. Ne vengono infatti sottolineate, a più riprese, le svariate abilità, non di rado compresenti nella stessa persona che assomma in sé competenze come pittore, ma anche orafo, lapicida, addirittura gioielliere. Lo scriba dell’Egitto dei faraoni, così come quello minoico e miceneo, non era un semplice artigiano, quindi, ma un «artigiano di lusso, spesso un artista, capace di dipingere su pergamene, papiri e vasi e di incidere iscrizioni di rara eleganza su pietra e su gioielli».

Da questa figura, il discorso non di rado, si allarga ad approfondire le caratteristiche dei diversi supporti e sistemi di scrittura nel mondo egeo (geroglifico, lineare A, lineare B), con i rispettivi punti in comune.

Non mancano le curiosità e le notizie inaspettate, quali – tra le altre – l’esistenza in seno alla civiltà mesopotamica di donne scriba (sacerdotesse, inservienti negli harem dei palazzi, dee…), attestata da varie testimonianze. O la modalità di preparazione “in serie”, da parte degli assistenti, delle tavolette d’argilla, che venivano proposte in blocco allo scriba prima che iniziasse a redigere un insieme di documenti su un determinato argomento. O, ancora, l’associazione tra il concetto di “scrivere” e quello di “dipingere”, sopravvissuta nell’odierna lingua russa.

Interessanti anche i riferimenti ad alcuni dei principali “ferri del mestiere” del filologo, come ad esempio il codice adottato per individuare i diversi scribi, che riporta, nell’ordine, il sito nel quale è stato rinvenuto il documento, l’abbreviazione del tipo di scrittura e, da ultimo, il numero attribuito alla mano.

A supporto del lettore vi sono anche una ricca bibliografia, un indice dei luoghi e l’elenco delle illustrazioni, che offre una visione d’insieme sui reperti archeologici presi in esame e sulla relativa provenienza.

In conclusione, I custodi della memoria è un testo senza dubbio complesso e affascinante, che può essere affrontato attraverso molteplici livelli di lettura. Alcune parti – in particolare quelle che esaminano sequenze di segni – sembrano destinate infatti agli «addetti ai lavori», ma a queste si affiancano capitoli interessanti anche per i semplici curiosi, che potranno aggiornare o integrare, tra l’altro, i ricordi scolastici.

A distanza di millenni, infine, fa pensare la straordinaria attualità dell’epigrafe posta in apertura, che ci ricorda il valore immutabile dei libri:

«L’uomo scompare, il suo corpo torna alla polvere,
i suoi simili diventano terra,
ma il libro ne perpetua il ricordo.
Meglio un libro di una casa solida
o di un tempio nel lontano Occidente,
o di una roccaforte
o di una stele eretta in un santuario.
…Sono scomparsi i saggi profeti
e i loro nomi sarebbero dimenticati
se i loro scritti non ne serbassero il ricordo».

(Dal Papiro Chester Beatty IV, verso, Nuovo Regno – XIV-XIII secolo a.C.)


Louis Godart
I custodi della memoria
Lo scriba tra Mesopotamia, Egitto ed Egeo
Einaudi, 2023
pp. 302 – 30,00 euro

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